«Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora
conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il
Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato
solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite». A queste sue parole,
molti credettero in lui.»
Siamo arrivati al martedì della
quinta settimana di quaresima, ultima prima della settimana santa. Nel Vangelo
Gesù, rispondendo alla domanda «Tu chi
sei?», manifesta quanto più chiaramente possibile la Sua identità
messianica e la Sua divinità.
Anche noi, come i contemporanei
di Gesù, siamo invitati a chiederci: chi è veramente quest’uomo? Nel brano di
oggi il Maestro, ci provoca, ci scuote: per diverse volte, riferito a se
stesso, usa il nome di Dio: Io sono.
Era impensabile che qualcuno, sano di mente, si attribuisse questo nome! Il
solo pronunciare il nome di Dio era gravissimo, un abominio, un orribile
peccato.
Per provare la sua identità, Gesù
chiede a chi lo ascolta di guardare le sue opere, di individuare nel suo
comportamento l'opera di Dio. In questi giorni di deserto anche noi siamo
invitati ad individuare le opere del Padre nella nostra vita, a vedere la Sua
presenza nella nostra quotidianità.
Quante volte anche noi, invece, come
Israele nel deserto, misconoscendo le opere salvifiche di Dio, ci lasciamo
andare a lamentele e mormorazioni (prima lettura). In questo particolare momento
di deserto che stiamo vivendo, qualcuno mi ha confidato di avere scoperto: «Prima eravamo felici e non ce ne accorgevamo!».
Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io
Sono. Come antidoto al veleno della mormorazione, reso manifesto nel
deserto dai serpenti, Mosè fa un serpente di bronzo innalzato su di un’asta. Noi
siamo invece chiamati ad elevare lo sguardo a Cristo Crocifisso per riconoscere
in Lui il Dio Amore che nulla si risparmia pur di salvarci.
Fr. Marco
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