venerdì 26 maggio 2023

Pace a voi! Ricevete lo Spirito Santo.

 «Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.» (At 2,1-11)

«Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune.» (1Cor 12, 3b-7.12-13)

«Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”». (Gv 20, 19-23)

Con la solennità della Pentecoste giunge a compimento il tempo pasquale. È per questo motivo che la pagina di Vangelo, come in un’inclusione con la domenica di Pasqua, oggi ci riporta ancora in quel “primo giorno della settimana”: l’effusione dello Spirito sulla Chiesa nascente completa l’opera salvifica di Cristo. D’ora in poi, infatti, la Chiesa sarà inviata a rendere partecipe il mondo intero della redenzione operata da Cristo. Ecco perché gli apostoli ricevono il dono dello Spirito Santo per la remissione dei peccati. A causa del peccato l’uomo era incapace di vivere l’Alleanza, di amare Dio e i fratelli; dominato dal proprio egoismo, vedeva in Dio un rivale e attorno a sé soltanto dei nemici.

Con l’effusione dello Spirito nei nostri cuori, si compie pienamente la Nuova Alleanza annunciata dai profeti: «Scriverò la mia legge nei loro cuori» (Cfr. Ger 31, 31-34). Dio stesso, la Terza Persona della Santissima Trinità, si è donato a noi rendendoci capaci di compiere la “Legge nuova”. L’uomo è “riconciliato”, guarito, dall’Amore stesso di Dio, dall’Amore che è Dio (il Dono e il Donatore coincidono!); è reso capace di Amare, di dire “Padre” rivolgendosi a Dio e di riconoscere che ha attorno dei fratelli.

Per questo il primo dono pasquale è la Pace: la Pace/riconciliazione con il Padre che ci rende capaci di riconciliarci con i fratelli. È possibile adesso superare tutte le divisioni e incomprensioni; le differenze non sono più ostacolo alla comunione (I lettura). Lo Spirito Santo, l’Amore effuso nei nostri cuori, crea Unità, ci rende un solo corpo: la Chiesa in cui ciascuno è “per” l’altro, rivolto verso l’altro, come le Persone divine sono l’Una per l’Altra. È questo ciò che San Paolo sottolinea nella seconda lettura.

Tradizionalmente la Chiesa ha individuato sette doni dello Spirito (sette è il numero della “pienezza”) che guidano i cristiani nella Vita Nuova in Cristo: Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà e Timor di Dio. La Sapienza fa gustare e vedere quanto è buono il Signore. L’Intelletto dà il senso delle realtà della fede, ce ne dà una sicurezza amorosa e ce ne fa percepire la bellezza. Il Consiglio è l’amore che ci rende attenti a capire come comportarci per essere riconosciuti figli di Dio. La Fortezza è la sopportazione e la calma fermezza nelle prove; è la mitezza dell’Agnello immolato e vincitore. La Scienza ci rende capaci di distinguere il bene e il male, percependo la nostra piccolezza e che tutto è nelle mani di Dio. La Pietà ci dice fino a che punto Dio è nostro Padre e va amato al di sopra di tutto; indica la nostra appartenenza a Dio e il nostro legame profondo con Lui, un legame che dà senso a tutta la nostra vita. Il Timor di Dio è la percezione della nostra piccolezza dinanzi alla Sua maestà e ci rende docili spingendoci nelle sue braccia: è lo “spirito d’infanzia” di cui scrive santa Teresa di Gesù Bambino.

Lo Spirito con i suoi doni è effuso nei nostri cuori fin dal Battesimo e la Sua Grazia è continuamente rinnovata in noi dai sacramenti. Dio, però, non ci fa violenza e vuole da noi la disposizione a consegnarci nelle Sue mani, a lasciarci modellare per divenire sempre più conformi al Figlio e così realizzare la nostra fondamentale vocazione la Santità.

Voglio concludere questa riflessione con una preghiera di Don Tonino Bello, Vescovo e terziario francescano: «Spirito Santo, che riempivi di luce i profeti e accendevi parole di fuoco sulla loro bocca, torna a parlarci con accenti di speranza. Dissipa le nostre paure. Liberaci dalla tristezza di non saperci più indignare per i soprusi consumati sui poveri. E preservaci dalla tragedia di dover riconoscere che le prime officine della violenza e dell’ingiustizia sono ospitate nei nostri cuori. Donaci la gioia di capire che Tu non parli solo dai microfoni delle nostre chiese. Che nessuno può menar vanto di possederti. E che, se i semi del Verbo sono diffusi in tutte le aiuole, è anche vero che i tuoi gemiti si esprimono nelle lacrime dei maomettani e nelle verità dei buddisti, negli amori degli indù e nel sorriso degli idolatri, nelle parole buone dei pagani e nella rettitudine degli atei. Se dobbiamo attraversare i mari che ci distanziano dalle altre culture, soffia nelle nostre vele, perché, sciolte le gomene che ci legano agli ormeggi del nostro piccolo mondo antico, un più generoso slancio missionario ci solleciti a partire»

Fr. Marco.

sabato 20 maggio 2023

Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo

 «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra» (At 1, 1-11)

«… il Dio del Signore nostro Gesù Cristo … illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore.» (Ef 1, 17-23)

«A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». (Mt 28, 16-20)

Questa domenica celebriamo la solennità dell’Ascensione del Signore al Cielo: in Gesù, vero Dio e vero uomo, l’umanità, che a causa del peccato aveva perso la comunione con Dio, è introdotta nel seno del Padre. Il Verbo del Padre, infatti, dopo avere assunto la nostra natura umana, aver vissuto in mezzo a noi condividendo le nostre miserie – eccetto il peccato - e avere offerto la sua vita per amore sulla Croce, è Risorto e ha istruito i suoi; ora ascende al Cielo portando nel seno del Padre la nostra umanità glorificata.

San Paolo, nella seconda lettura, ci invita ad accogliere lo Spirito di sapienza che viene dal Padre, perché la Fede illumini gli occhi del nostro cuore e possiamo testimoniare la nostra Speranza: il nostro destino è nei Cieli dove raggiungeremo il nostro Signore Gesù Cristo.

La Speranza cristiana, infatti, non è la speranza di cui un detto popolare afferma: «Chi di speranza vive, disperato muore»; non ha niente a che fare con la “speranza” aleatoria di vincere il superenalotto; la Speranza cristiana non è la speranza degli illusi, una speranza “incerta” e senza fondamento. La Speranza Cristiana è la “Speranza Certa” (come la chiama S. Francesco) di chi sa a chi ha creduto: Cristo che è la Via la Verità e la Vita, il perfetto compimento di tutte le cose. Questa Speranza siamo chiamati a coltivare e a mantenere salda, testimoniandola con una vita tesa a raggiungere il nostro Maestro e Signore che oggi contempliamo ascendere glorioso, ma che un giorno «verrà nella Gloria per giudicare i vivi e i morti e il Suo regno non avrà fine», come diciamo rinnovando la nostra professione di Fede.

Oggi, però, celebrando la solennità dell’Ascensione, non facciamo soltanto memoria della “partenza” di Gesù dalla nostra realtà terrena, ma ricordiamo anche l’inizio del tempo della Chiesa. Già nella prima lettura vediamo tratteggiata la Chiesa nei suoi tratti essenziali: gli apostoli, testimoni della passione, morte e resurrezione di Gesù; lo Spirito promesso, il testimone per eccellenza che rivelerà ogni cosa (cfr. Gv 14, 26 e 15, 26); e il campo della missione: fino ai confini della terra. Nel Vangelo, inoltre, è presentato il momento in cui Gesù dona il mandato missionario alla Chiesa nascente: «fate discepoli tutti i popoli».

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Penso vada notato che la Chiesa cui Gesù consegna il mandato è “mancante” fin dalla sua origine: è macchiata dal peccato reso evidente dall’assenza di Giuda e dal “dubbio” degli apostoli. È a questa Chiesa, tuttavia, che il Signore promette l’assistenza dello Spirito, ed è questa Chiesa che manda ad annunziare il Vangelo. Il luogo che Gesù sceglie per incontrare i suoi e dare inizio al tempo della Chiesa, inoltre,  è la “Galilea delle genti” (Cfr. Mt 4,12-16), luogo di confine abitato da popoli pagani: fin dalle sue origini, la Chiesa è destinata ad essere luce per tutte le genti, ad essere “cattolica” (universale).

Parlando di Chiesa, però, è importante sottolineare ancora una volta che questa non è composta solo dal clero: tutti i battezzati componiamo la Chiesa, il corpo di Cristo di cui siamo membra. Ciascuno ha una missione, una vocazione particolare all’interno di questo corpo; ma a tutto il corpo, quindi anche a ciascuno di noi, è dato il mandato di annunziare e soprattutto di testimoniare la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. Nessun battezzato può sentirsi estraneo alla Chiesa cattolica o può esimersi dalla sua missione.

Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Alla Chiesa nascente, oltre l’assistenza delle Spirito Santo (I lettura), il Signore promette anche la sua continua presenza. Avendo raggiunto l’eternità di Dio, Gesù è adesso presente, ovunque e in ogni tempo: dove due o tre sono riuniti nel suo nome (Cfr. Mt 18,20). 

Con questa Speranza e animati dallo Spirito, cominciamo oggi la nostra missione per instaurare il Regno di Dio. Cominciamo da noi permettendo a Cristo di essere sempre più il Signore della nostra vita.

Fr. Marco

venerdì 12 maggio 2023

Se mi amate, il Padre vi darà lo Spirito

 «In quei giorni, Filippo, sceso in una città della Samarìa, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo … gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samarìa aveva accolto la parola di Dio e inviarono a loro Pietro e Giovanni. Essi scesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo» (At 8, 5-8.14-17)

«Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi.» (1Pt 3,15-18).

«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce.» (Gv 14, 15-21)

​Questa domenica, VI del tempo di Pasqua, la Parola di Dio comincia a prepararci per accogliere il dono dello Spirito Santo.

Lo Spirito Santo è Dio, la terza Persona della Santissima Trinità. S. Agostino ne parla come dell’Amore tra l’Amante (il Padre) e l’Amato (il Figlio). Un Amore che è “persona”. Così diciamo nella nostra professione di fede: “Credo nello Spirito Santo che è il Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato  per mezzo dei profeti”.

Durante il primo discorso d’addio ai suoi discepoli, da cui è tratta la pericope evangelica di oggi, Gesù, prima di donare la vita sulla croce, promette la venuta di un altro Paràcilto, una parola che la traduzione precedente rendeva con “Consolatore”. Paràclito, in realtà, indica una precisa figura giuridica della società giudaica, quasi un avvocato difensore. È anche “consolatore”, ma è soprattutto “soccorritore”: era la persona (spesso un parente) che pagava il debito di coloro che erano stati venduti perché incapaci di restituire il dovuto.

Il Maestro promette ai suoi che manderà «un altro Paràclito»; è Lui, infatti, che per primo si fa nostro soccorritore: donando la sua vita per noi, ci restituisce la possibilità di riconoscere il Padre e ci libera dalla schiavitù del peccato.

La Parola di oggi, inoltre, ci presenta alcune condizioni da realizzare in noi per prepararci all’incontro con lo Spirito. Nella prima lettura ascoltiamo che i Samaritani prestavano attenzione alle parole di Filippo: hanno avuto fede nell’annuncio del Vangelo. Ecco, quindi le prime “condizioni”: l’ascolto attento della Parola e la fede. Venendo a conoscenza di questa fede, gli apostoli impongono loro le mani perché ricevano lo Spirito. Il “luogo proprio” per ricevere lo Spirito, infatti, è la Chiesa, che conserva la “successione apostolica”. È la Chiesa il “canale privilegiato” attraverso cui ci giunge lo Spirito tramite le persone che il Signore ha scelto perché siano suoi ministri. Solo rimanendo in comunione con la Chiesa e i suoi pastori a cui il Signore ha promesso l’assistenza dello Spirito, quindi, abbiamo la garanzia di essere assistiti e guidati dallo Spirito.

Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito. Nel Vangelo Gesù ci indica la condizione essenziale: l’amore per Gesù, che si concretizza e dimostra nell’osservanza dei suoi comandamenti, e in maniera particolare del comandamento dell’Amore a Dio e ai fratelli, compendio di tutta la legge e i profeti. Un amore fino all’estremo (Cfr. Gv 13,1) senza limiti.

L’uomo peccatore, tuttavia, si scontra qui con i suoi limiti. Come direbbe S. Agostino, infatti, “La misura dell’Amore è amare senza misura”. Quante volte, invece, il nostro è un amore “condizionato”, limitato: «Gesù, io ti amo, ma non puoi chiedermi questo!»; «Io lo perdono, ma fino ad un certo punto. A tutto c’è un limite!». Altre volte, ancora peggio, il nostro amore è, calcolo, egoismo mascherato: “amiamo” finché ne ricaviamo un vantaggio, finché l’altro “mi serve”. 

Ecco perché abbiamo bisogno del “soccorritore”, dello Spirito: l’Amore di Dio che, effuso nei nostri cuori, ci insegna ad amare in maniera sempre più perfetta, a superare i nostri limiti. È un “circolo virtuoso”: Gesù ci chiede di amare con tutte le nostre forze, per quanto poche possano essere; in tal modo ci disponiamo a ricevere il soccorso dello Spirito e impariamo ad amare sempre meglio, a rispondere meglio alla volontà del Padre; se faremo ciò, incredibilmente, giungeremo a diventare “una cosa sola con Dio”: «In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.»

Vivendo così, non potremo che essere riconosciuti dal mondo come “diversi” e ci chiederanno ragione della nostra speranza: della Vita eterna che è già cominciata in noi permettendoci di sconfiggere ogni paura; Gesù, il nostro Signore, ha sconfitto la morte e il peccato, nulla può più farci paura. Guidati dallo Spirito, anche noi saremo testimoni e annunciatori della Vita vera e contribuiremo alla salvezza del mondo.

Fr. Marco

 

sabato 6 maggio 2023

Abbiate fede. Io sono la Via

 
«… cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola». (At 6, 1-7)

«Carissimi, avvicinandovi al Signore, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo.» (1Pt 2, 4-9)

«Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? … Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto … io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre» (Gv 14, 1-12)

Nella quinta domenica di Pasqua il Vangelo ci presenta un messaggio di speranza: nella Casa del Padre (nel Regno e nella Chiesa) c’è un posto per tutti. Il Maestro, inoltre, sollecitato da Tommaso ci dice che di questo posto noi conosciamo la Via: Gesù che è Via, Verità e Vita.

Non sia turbato il vostro cuore … Il Signore ci invita ad avere Fede, a fidarci di Lui e a seguire la Via che Lui ci mostra; l’unica via che corrisponde alla Verità del nostro essere e per la quale possiamo giungere alla Vita: la via dell’Amore che giunge fino alla donazione di sé.

Creati ad immagine del Dio che è Amore, a causa del peccato, purtroppo, siamo diventati incapaci di Amare: spesso, infatti, “il mondo” chiama amore ciò che in realtà è un interesse egoistico, un usare l’altro.

Con la Sua passione morte e resurrezione, però, Gesù ci ha restituito la capacità di Amare: lo Spirito Santo, l’Amore di Dio, effuso nei nostri cuori, che ci fa gridare “Abbà, Padre” (Cfr. Rom 8,15). Senza la Grazia che ci raggiunge nei sacramenti, infatti, non saremo capaci del vero Amore. 

Nella pagina di Vangelo di oggi, Gesù chiama a testimonianza della Sua persona le opere che compie: una vita spesa per Amore del Padre e dei fratelli che culmina nell’offerta di sé sulla croce. Il Maestro ci promette, inoltre, che, credendo a Lui, anche i suoi discepoli compiranno le opere che lui ha compiuto: impareranno ad Amare e a donare la vita.

Nella seconda lettura san Pietro parla di “pietre” dell’“edificio spirituale” e di “sacerdozio” per offrire “sacrifici spirituali”: ciascuno di noi battezzati, nella misura in cui si stringe a Cristo Pietra angolare, è parte dell’edificio spirituale della Chiesa e ha in essa un ruolo insostituibile. Ognuno badi di essere pietra utile a questa costruzione: stabile nella Grazia di Dio e aderente a Cristo. Il Signore provvederà a rigettare le “pietre di scandalo” che minacciano di fare crollare i fratelli.

La prima lettera di Pietro, inoltre, ci dà la possibilità di soffermarci sul sacerdozio battesimale che accomuna tutti i membri della Chiesa. Nel Battesimo, infatti, lo sappiamo bene, conformati a Cristo, tutti siamo stati unti Re, Sacerdoti e Profeti. Tutti i battezzati, quindi, siamo sacerdoti, chiamati ad offrire sacrifici spirituali graditi a Dio mediante Gesù Cristo.

Per comprendere meglio cosa siano questi sacrifici spirituali, ci viene incontro san Paolo: «Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale.» (Rom 12, 1); cioè: «Sia dunque che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.» (1Cor 10,31). Fate tutto per la gloria di Dio. Offrite i vostri corpi (voi stessi). Tutto questo è possibile solo mettendo Amore per il Padre e per i fratelli in quello che facciamo.

Restando nell’ottica del sacerdozio regale comune a tutti i battezzati e dell’offerta spirituale di sè, mi voglio soffermare oggi su una particolare categoria di pietre scartate dal mondo, ma scelte e preziose davanti a Dio: i sofferenti nel corpo e nello spirito. Il mondo, dominato dalla logica dell’efficientismo, spesso giudica come inutili questi fratelli e sorelle. Proprio loro, invece, nella misura in cui accolgono la loro “croce” e accettano di vivere la sofferenza (cioè scelgono non di subirla, ma di viverla) trasformandola in offerta d’amore per Cristo, con Cristo e in Cristo, possono vivere in maniera speciale il sacerdozio battesimale diventando pietre preziose per la costruzione dell’edificio spirituale della Chiesa.

Fr. Marco.