sabato 30 gennaio 2021

Susciterò loro un profeta e gli porrò in bocca le mie parole

«Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto.» (Dt 18,15-20)

«Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni … Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.» (1Cor 7,32-35)

« … nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!”. E Gesù gli ordinò severamente: ”Taci! Esci da lui!”. E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui “… Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!”». (Mc 1,21-28)

​Il Vangelo della quarta domenica del Tempo ordinario ci porta ancora agli inizi del ministero pubblico di Gesù, nel “sabato di Cafarnao” (Mc 1-21-34), in cui si manifesta come Maestro e Liberatore, colui che realizza le attese di Israele.

Nella prima lettura tratta dal Deuteronomio, infatti, ascoltiamo una promessa di Dio al Popolo per bocca di Mosè: Dio susciterà un profeta che dirà loro quanto Egli comanderà. Gesù, la Parola definitiva di Dio all’uomo, realizza pienamente la promessa e si presenta ai suoi fratelli come Maestro il cui insegnamento ha un’autorità che nessuno prima di Lui aveva.

All’interno della Sinagoga, tuttavia, vi è un uomo posseduto da uno spirito impuro. La traduzione letterale sarebbe “in uno spirito impuro”: quell’uomo non solo era posseduto dallo spirito impuro, ma si muoveva, dimorava, in un contesto di “impurità”. Collegandoci a domenica scorsa potremmo dire che si muoveva nello “schema di questo mondo” (1Cor 7,29-31) indicando con ciò quel sistema di vita diametralmente opposto al Vangelo. Quest’uomo si sente minacciato dall’insegnamento di Gesù che, in effetti, è venuto a scardinare lo “schema di questo  mondo” per inaugurare il Regno di Dio e liberare  l’umanità dalla tirannia del demonio. Non sorprende che lo spirito impuro si trovi anche all’interno del luogo di culto: anche la religiosità trova posto nello “schema di questo mondo”; certamente si tratta di una “religiosità perversa”: un culto teso a ingraziarsi la divinità, e guadagnare meriti; un culto in cui si ha una visione distorta di Dio e il cui centro è il nostro io che si gonfia di meriti. Questo spirito impuro viene disturbato dalla presenza di Gesù che mostra il vero volto del Padre e riporta il culto al suo vero senso: la relaziona d’amore e dipendenza dal Padre che è la nostra origine e il nostro fine. Ecco perché S. Paolo oggi, nella seconda lettura, ci esorta a preoccuparci di piacere al Signore, di vivere la nostra vita mettendo al centro la relazione con Lui.

«Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!» Letteralmente:  «Cosa abbiamo in comune con te?». Quante volte, purtroppo, mi è capitato di sentire espressioni del genere quando esorto qualcuno a vincere le proprie debolezze sull’esempio di Gesù: «Cosa c’entra Gesù? io mica sono Gesù!?» Non dobbiamo dimenticare che i cristiani nel battesimo siamo stati conformati a Cristo, innestati in Lui e chiamati a mostrare Lui al mondo. Nell’eucarestia, inoltre, uniamo la nostra vita alla Sua per la salvezza del mondo. Siamo chiamati, quindi a comportarci e amare come Lui il Padre e i fratelli.

Anche a noi, tuttavia, può capitare di vivere “in uno spirito impuro”; inseriti in un sistema di vita in cui di cristiano c’è solo l’apparenza (non a caso l’uomo indemoniato si trovava nella sinagoga per la liturgia del sabato). Viviamo una sorta di doppia vita: in chiesa ci diciamo cristiani, ma nella vita quotidiana seguiamo altri maestri e altre logiche che, per nostra disgrazia, non saranno mai capaci di darci la Vita.

Oggi la Parola ci esorta a lasciare questi falsi maestri e a metterci alla sequela dell’unico Maestro che parla con l’autorità, l’unico capace dai darci la libertà dalle schiavitù e la Vita vera.

L’autorità di Gesù, infatti, coniuga verità e misericordia: non ci “schiaccia” costringendoci ad una vita “non umana”; al contrario, ci mostra il modo veramente umano di vivere, una vita in cui, mettendo al di sopra di tutto l’obbedienza a Cristo, tutto trova la sua giusta collocazione.

Fr. Marco

sabato 23 gennaio 2021

Credete nel Vangelo, passa la figura di questo mondo!

 «I cittadini di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.» (Gio 3,1-5.10)

«… il tempo si è fatto breve … passa infatti la figura di questo mondo!» (1Cor 7,29-31)

«“Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”. Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: “Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini”» (Mc 1,14-20)

Questa domenica, terza del Tempo Ordinario, nella pagina del Vangelo ascoltiamo le prime parole di Gesù riportate dall’evangelista Marco: l’annuncio del Regno e l’invito alla conversione. È della conversione, infatti, che tratta la liturgia della Parola di oggi. Una conversione che consiste sicuramente nell’abbandonare la condotta malvagia (I lettura), ma che non può ridursi solo a questo. Convertirsi richiede un cambiamento di mentalità, un cambiare “schema”, “configurazione”, al modo di vivere.

Passa la figura di questo mondo. Nella II lettura Paolo usa proprio la parola greca “schema” (σχήμα “figura”). Siamo chiamati ad assumere una nuova “configurazione”, un nuovo sistema di vita in cui il Regno del Signore, già presente, ma non ancora pienamente rivelato, sia il centro e i criterio di riferimento. Le realtà “mondane” hanno la loro dignità, ma devono essere messe in secondo piano rispetto al Regno. Per questo S. Paolo oggi per ben cinque volte usa l’espressione «come se non …».
Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino. Oggi è il kairòs, il tempo favorevole, il tempo della grazia: il Regno è in mezzo a noi. Per questo Gesù oggi ci invita a convertirci, a cambiare mentalità e sistema di vita, e a credere al Vangelo. Ma anche e forse soprattutto a credere al Vangelo per poterci convertire.

credete nel Vangelo È importante la specificazione riguardo al che cosa dobbiamo credere: il Vangelo, la “buona notizia” che Dio è in mezzo a noi come Salvatore, che Dio non ci ha abbandonato alla nostra miseria. Solo avendo fiducia in questa buona notizia potremo lasciare lo “schema di questo mondo”, un sistema in cui, percependo la nostra fragilità e precarietà, ognuno cerca di accaparrarsi “un posto al sole” e la vita e pensa di doverlo fare da solo e magari a discapito dei fratelli, per assumere lo schema, il sistema di vita, di Dio in cui è il Signore a donarci la salvezza e chiede a ciascuno di noi solo di fare posto ai fratelli nella nostra vita e di farci suoi discepoli donandogli la nostra disponibilità e fiducia.

Non a caso il Vangelo di Marco, immediatamente dopo l’annuncio del Regno, riporta la chiamata dei primi discepoli. Ad essi Gesù non chiede doti particolari, ma solo la sequela e la disponibilità ad abbandonare la vita di prima.

«Vi farò diventare pescatori di uomini». Certamente Gesù si sta riferendo al mestiere che facevano prima: da pescatori, quali erano, a “pescatori di uomini”. Permettetemi, però, di soffermarmi sull’attività del pescare. Quando si pesca non  si insegue la sua preda come, invece, avviene nella caccia. Per pescare si gettano le reti o l’amo e si fa in modo di attrarre il pesce. Mi viene in mente per esempio la pesca con le “lampare”: il pescatore durante la notte attrae il pesce con la luce.
Il fatto che i discepoli siano invitati ad essere pescatori di uomini, allora, potrebbe essere inteso come un invito ad essere attraenti: illuminati da Cristo, vivendo la vita bella del Vangelo, siamo chiamati ad “attrarre” gli uomini potandoli al Signore.

Accogliamo l’invito di questa domenica a convertirci alla logica del Regno e la nostra vita sarà più bella: giungeremo alla piena realizzazione che il Padre ha pensato per noi e collaboreremo con Cristo perché il mondo diventi sempre di più il Regno di Dio.

Fr. Marco.

sabato 16 gennaio 2021

Che cosa cercate?


«Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: “Samuéle, Samuéle!”. Samuèle rispose subito: “Parla, perché il tuo servo ti ascolta”. Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.» (1Sam 3,3-10.19)

​«Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!» (1Cor 6,13-15.17-20)

«Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: “Che cosa cercate?”. Gli risposero: “Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?”.Disse loro:“Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.» (Gv 1,35-42)

La Parola di Dio ​della seconda domenica del Tempo ordinario ci presenta due storie di vocazione e discepolato: la vocazione di Samuele (prima lettura) e come si sono uniti a Gesù i suoi primi discepoli (Vangelo)

Da questi due racconti di vocazione, risulta immediatamente evidente la necessità di una guida che aiuti a riconoscere il Signore. Nella prima lettura è il sacerdote Eli a dire a Samuele chi lo sta chiamando e come rispondere. Nel Vangelo è Giovanni il Battista a indicare a due suoi discepoli l’Agnello di Dio. Andrea e l’altro discepolo (che l’evangelista Giovanni lascia volutamente anonimo perché rappresenta ogni discepolo di tutti i tempi) si mettono alla sequela di Gesù. Oggi è la Chiesa, la comunità dei battezzati, ad indicare Gesù presente nel mondo.

Che cosa cercate? Queste sono le prime parole di Gesù che l’evangelista Giovanni ci riporta. Parole che sono rivolte ai discepoli di tutti i tempi: perché ci siamo messi alla sequela di Gesù? È importante che facciamo chiarezza: Che cosa cerchiamo? Cerchiamo la garanzia di non soffrire mai? Gesù ci promette tutt’altro: «Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso prenda la sua croce e mi segua» (cfr. Mt 16,24). Cerchiamo la sicurezza economica? Gesù ci insegna la precarietà e a non confidare nei beni materiali: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche … il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (cfr. Lc 9, 3.58). Cerchiamo “potere”? Gesù ci insegna il servizio: «Chi vuole essere il più grande, si faccia servo. Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e non per essere servito» (cfr Mc 10, 42-45). Che cosa cerchiamo? Le Scritture antiche insegnano che Bisogna cercare Dio e cercarlo con tutto il cuore (Dt 4,29). Ora è Gesù che bisogna cercare per trovare Dio.

“Rabbì, dove dimori?” … “Venite e vedrete” Ecco cosa è indispensabile cercare: la comunione con Lui. cercando Gesù, troveremo dove dimora: nel seno del Padre. Nient’altro ci può realmente soddisfare: stare con Lui, ascoltare Lui, appartenergli (seconda lettura). I primi discepoli cercano solo Lui e vogliono stare con Lui, per questo Gesù li accoglie nella sua dimora, nell’intimità della sua comunione col Padre e lo Spirito.

Oggi noi dove possiamo riconoscere Gesù? Chi può indicarcelo presente? La Chiesa, la comunità dei fedeli convocati e animati dalla Parola. Nella prima lettura di Samuele è detto che «il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole».  Solo nell’ascolto della Parola, infatti, impariamo a riconoscere il volto di Gesù nella vita di tutti i giorni e nelle persone che incontriamo. La Parola di Dio è veramente capace di rispondere alle nostre domande più profonde di senso e di vita, e ci indica in Gesù il Maestro.

I discepoli quel giorno restarono con Lui e non ci è dato di conoscere cosa successe. L’evangelista ci riporta, però, gli effetti di quel “rimanere con Lui”: una gioia incontenibile che va annunciata: «Abbiamo trovato il Messia».

Anche noi, dopo essere rimasti con Lui, dopo avere ascoltato la Sua Parola ed avere accolto nel nostro cuore Lui vivo e vero nell’Eucarestia, siamo invitati ad annunciarlo al mondo perché anche i  nostri fratelli possano scoprire il Signore della vita.

Fr. Marco

venerdì 8 gennaio 2021

Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete.

 «Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete.» (Is 55,1-11)

«Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; … Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.» (1Gv 5,1-9)

« … in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”». (Mc 1,7-11)

Il tempo e il mistero di Natale sono portati a compimento dalla solennità del Battesimo del Signore che celebriamo questa domenica: il Verbo coeterno del Padre, che si è fatto  uomo per la nostra salvezza, si fa solidale con l’umanità peccatrice e si confonde con essa sulle rive del Giordano per ricevere da Giovanni un battesimo di penitenza. Egli si è fatto uomo perché noi possiamo diventare figli di Dio. Dio è nato perché noi possiamo rinascere.

Pensiamo a ciò che scrive san Giovanni nel Prologo del suo Vangelo che la Liturgia ci ha proposto spesso in questi giorni: A quanti l’hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio (Gv 1,12). Questo è ciò che avviene nel sacramento del Battesimo: l’uomo, conformato al Figlio Unigenito, diventa realmente figlio di Dio. Il Battesimo fa iniziare in noi la Vita Nuova. Anche a ciascuno di noi, conformati a Cristo nel Battesimo, il Padre dice: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». Generato dal Battesimo a vita nuova, il cristiano inizia il suo cammino di crescita  finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo. (Ef 4,13). Un cammino che lo porterà ad invocare consapevolmente Dio come “Abbà – Padre”, a rivolgersi a Lui con gratitudine e a vivere la gioia di essere suo figlio.

Per potere vivere di questa vita nuova che ci è stata regalata, per accogliere il compiacimento del Padre, siamo, però invitati all’ascolto obbediente della Parola. È ciò che ci dice oggi il profeta Isaia nella prima lettura: ascoltate e vivrete! Ascoltare il nostro Maestro Gesù Cristo, il Verbo del Padre che si è fatto carne, significa fidarci di Lui, riporre in Lui la nostra fede, e obbedire ai suoi comandamenti; ciò comporta non credere ad altri “maestri”, non vivere “secondo il mondo”, ma “secondo il vangelo”. Solo così, obbedendo al comandamento dell’amore di Dio autenticato dall’amore dei fratelli, dimostreremo di essere diventati nuova creatura, di essere stati “generati dal Dio” (II lettura). Come cristiani, infatti, grazie allo Spirito Santo ricevuto nel Battesimo, abbiamo in sorte il dono e l’impegno di vivere da figli di Dio e da fratelli, per essere come “lievito” di un’umanità nuova, solidale e ricca di pace e di speranza.

Fr. Marco

martedì 5 gennaio 2021

Cristo è la Luce del Mondo


«Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te.» ( Is 60,1-6)

« … le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.» (Ef 3,2-3.5-6)

« … alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”» (Mt 2,1-12)

Nella solennità dell’Epifania, celebriamo la “manifestazione” (in greco epifania) del Signore al mondo intero, a tutti i popoli rappresentati dai Magi venuti dall’oriente. La tradizione popolare parla di “tre re” per i doni che offrono a Gesù: oro per il re dei re della terra; incenso per onorare il Verbo di Dio fatto uomo; e mirra simbolo della passione salvifica che Egli avrebbe accolto per noi. I tre Magi, però, rappresentano anche i tre figli di Noè: Sem, Cam e Iafet; ossia tutta l’umanità che da essi sarebbe discesa. Gesù, Luce del mondo, viene per essere conosciuto da tutti i popoli e perché tutti possano scoprire in Lui il senso della vita.

San Paolo, infatti, nella seconda lettura di oggi, ci ricorda che tutte le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo. Gesù, nella “preghiera sacerdotale” fatta durante l’ultima cena pregherà il Padre perché, per la testimonianza degli apostoli, tutti credano in Lui e siano una cosa sola ( Gv 17, 20-21). È questo il disegno del Padre, fare di Cristo il cuore del mondo, come recita un’antifona della liturgia dei Vespri. È questa la missione della Chiesa: annunciare che Gesù Cristo, Via, Verità e Vita, è la pienezza della rivelazione del Padre e che solo nel Suo nome c’è salvezza (Cfr At 4,12)

Nella prima lettura, la Parola di Dio ci descrive una situazione di “tenebra”, di oscurità, una situazione in cui sembra che non ci sia speranza. In queste tenebre spunta la Luce, la Speranza: il Signore dà un segno della sua presenza nel mondo attraverso la gloria di Gerusalemme.

Oggi il segno della presenza di Dio nel mondo, questo segno che deve dare speranza e invitare alla gioia, è la Chiesa, l’assemblea dei battezzati, il nuovo popolo di Dio, la Gerusalemme Celeste del “già e non ancora”, cioè già presente nel mondo, ma non ancora pienamente rivelata; è per questo che proprio oggi si legge “l’annuncio del giorno di Pasqua”: si annuncia il Mistero di Cristo di cui tutto l’anno liturgico è memoriale e attuazione. Per i nostri contemporanei, quindi, è la Chiesa, il popolo della nuova ed eterna alleanza, il segno che splende della gloria di Dio.

Vorrei soffermarmi, inoltre, sulla modalità di questa manifestazione riportata nella pagina del vangelo odierno: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”. In queste parole dei Magi è sintetizzato il modo in cui tutti “gli uomini di buona volontà” possono accogliere la manifestazione del Signore: la Creazione (la stella) e la Scrittura, la sua autorivelazione al Suo popolo (… così è scritto per mezzo del profeta …). I Magi si mettono in cammino guidati dalla Stella, simbolo della creazione scrutata con attenzione e sapienza. La creazione parla del Creatore, l’ordine del cosmo ci parla di colui che l’ha ordinato. Ogni uomo di buona volontà, scrutando la creazione e le  sue leggi, può giungere a comprendere qualcosa del creatore. Tuttavia ciò non basta: i Magi hanno bisogno di chiedere indicazioni ai rappresentanti del popolo eletto. L’uomo, che anche senza esserne cosciente cerca Dio e in Lui la Vita, non può da solo giungere a conoscerlo pienamente. Per questo Dio gli si fa incontro con la sua autorivelazione nella Scrittura e, nella pienezza del tempo, venendo Lui stesso a manifestare il Suo Amore per noi. Solo alla luce di questa rivelazione, di cui noi cristiani siamo chiamati ad essere testimoni credibili, anche il cosmo torna ad avere un senso pieno: la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva.

Il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. La manifestazione di Dio, però, non è per tutti motivo di gioia. Gli Erode di ogni tempo vedono in Lui un avversario, una minaccia alla propria “sovranità”. L’uomo corrotto dal peccato è assetato di Vita, ed è convinto di poterla avere solo senza Dio. Creato a immagine di Dio e per stare in comunione d’amore con Lui, l’uomo dopo il peccato non accetta limiti alla propria autonomia e si ribella contro il Creatore e le leggi della creazione.

Il Signore, però, oggi nel fragile segno di un bimbo in braccio a sua madre, ci rivela che non ci è avverso, non è nemico della nostra piena realizzazione; tutt’altro: in Cristo Gesù, tutti i popoli, tutti gli uomini e le donne di buona volontà, sono chiamati alla pienezza della Vita.

Dinanzi alla rivelazione dell’amore del Signore, i Magi provarono una gioia grandissima. Anche noi, come loro, siamo chiamati quest’oggi, da uomini liberati dalla schiavitù del peccato e delle passioni, a prostrarci in adorazione del Signore della Vita.

Fr. Marco

sabato 2 gennaio 2021

In Lui è la Vita e la Luce degli uomini

 

«La sapienza fa il proprio elogio, … Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele, affonda le tue radici tra i miei eletti”» (Sir 24,1-4.12-16)

«In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.» (Ef 1,3-6.15-18)

«Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio … E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.» (Gv 1,1-18)

La Parola di Dio della seconda Domenica dopo il Natale ci presenta la Sapienza che pone la sua tenda in mezzo a noi. Nel Vangelo ascoltiamo nuovamente, come nel giorno di Natale, il “prologo” del Vangelo di Giovanni: il Verbo di Dio, il Logos coetereno del Padre, la logica che regge la creazione del mondo e che era “in principio”, la Luce che permette di dare senso a tutte le cose, la Vita vera, si è fatto Carne, ha assunto la nostra debolezza per permetterci di diventare figli di Dio. Il Dio che nessuno ha mai visto e che la sapienza umana può solo ipotizzare, ci è rivelato pienamente dal Figlio.

È questa la buona notizia carica di stupore che oggi la Parola ci annuncia. Una notizia che ci riempie di gioia e di speranza: la vita non è senza senso, senza logica (il Logos è venuto in mezzo a noi!); le tenebre del mondo non possono vincere la Luce; il nostro orizzonte non è più la semplice sopravvivenza, ma la Vita piena. Siamo stati scelti prima della creazione del mondo per essere figli adottivi mediante Gesù Cristo.

In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; Volendo escludere Dio dalla propria esistenza, l’umanità ha perso il senso della Vita; brancola nelle tenebre cercando una Vita che non può darsi da se stessa. Da qui l’angoscia esistenziale, la bramosia di vita, che è all’origine di tante guerre a tutti i livelli: per dominare, per accaparrarsi risorse cercando nel potere e nell’avere la Vita.

Come nel giorno di Natale, anche oggi la Parola ci invita ad accogliere il Verbo, a cambiare la logica con la quale viviamo la nostra vita: non la logica del mondo, ma la Sapienza di Dio, la logica del Vangelo; così facendo diventeremo figli del Padre e gioiremo della Sua gioia. Quella gioia che è di ogni padre e che sta nella piena realizzazione dei figli. Solo vivendo pienamente la nostra vita, realizzando quel progetto di felicità che il Padre da sempre ha per noi, glorificheremo il Padre, come il Figlio coeterno ci ha mostrato e resi capaci di fare.

Il Signore ce lo conceda. Fra Marco