sabato 28 agosto 2021

Mani sporche per un cuore puro

 

«Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo.» (Dt 4,1-2.6-8)

«Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza. Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi.» (Gc 1,17-18.21-22.27)

«Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. […] Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro» (Mc 7,1-8.14-15.21-23)

Oggi, XXII domenica del tempo ordinario, la Parola di Dio richiama la nostra attenzione sul puro e sull’impuro. La lettera di Giacomo, di cui cominciamo la lettura, ci invita alla religione pura e senza macchia, a non comportarci da ipocriti, ma a mettere in pratica la Parola.

Nel Vangelo, il Maestro rimprovera scribi e farisei perché, attenti all’osservanza scrupolosa della legge e delle tradizioni dei padri, hanno il cuore “impuro” pieno di se stesi e della loro presunta giustizia; un cuore in cui non c’è posto per Dio e per i fratelli. Può accadere anche a noi: facciamo “cose” per il Signore, appariamo santi e devoti, ma in realtà siamo ripiegati sui noi stessi e vogliamo che gli altri notino (e magari lodino) la nostra “perfezione”. Può capitare, per esempio, che facciamo belle preghiere pubbliche (magari desiderando che gli altri notino quanto siamo “profondi”), ma non siamo disposti a perdonare chi ci fa un torto e siamo in lite con tutto il parentado; magari siamo anche disposti a dare qualcosa ai bisognosi, purché però sia ben evidente la nostra generosità! E più siamo “esposti”, più aumenta il pericolo della “vanità” (pregate per noi ministri dell’altare!)

«Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me» Oggi Gesù ci esorta a fare attenzione a dove è rivolto il nostro cuore. Purtroppo dobbiamo ammettere che difficilmente controlliamo il nostro cuore. Spesso scopriamo che il nostro cuore è schiavo delle passioni: quanti vorrebbero smettere di bere troppo o di fumare e non riescono a farlo? Quanti sono schiavi del vizio del gioco e non riescono a smettere? Quanti vorrebbero disfarsi dell’invidia e dell’orgoglio e, invece, si sorprendono a fare il contrario?

Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza. Nella seconda lettura di oggi san Giacomo ci indica la strada per permettere alla redenzione di Cristo di raggiungerci e rendere puro il nostro cuore: l’ascolto docile della Parola.

È lo stesso invito che risuona nella prima lettura: «Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica». Perché ci sia ascolto, però, è necessaria la relazione: si può ascoltare solo se si ha di fronte qualcuno che parla. Ecco che cosa chiede il Signore da noi: la relazione, il metterci sinceramente davanti a Lui, alla Sua presenza, perché Egli possa insegnarci la Via della Vita.

Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo. L’apostolo San Giacomo, inoltre, ci dà un’altra importante indicazione: è “sporcarci le mani”, la concreta attenzione verso chi non ha nulla con cui ricambiarci, verso il nostro prossimo più bisognoso, che rende autentico il nostro amore per Dio. Due cose di questo versetto vorrei sottolineare, la prima è: «davanti a Dio Padre». Ciò che facciamo, non lo facciamo davanti la gente per essere ammirati; non lo facciamo neanche davanti a noi per accrescere l’immagine che abbiamo di noi stessi e autocompiacerci. A nulla, poi, servono gli slogan gridati in piazza (o nei porti) da parte di chi concretamente non intende muovere un dito o spendere un euro (a quante “passerelle” assistiamo continuamente …). Il servizio agli ultimi è fatto davanti a Dio Padre, quel Padre Nostro dinanzi al quale siamo tutti fratelli; quel Padre nostro del quale vogliamo santificare il Nome perché agiamo come suoi figli; quel Padre nostro, infine, che vogliamo compiacere animati dall’amore di figli che corrispondono l’amore del Padre.

L’ultima cosa che volevo sottolineare è l’attenzione a non lasciarsi contaminare da questo mondo. È l’attenzione alla mondanità da cui spesso ci mette in guardia anche Papa Francesco. Può capitare che cominciamo a pensare “come il mondo” e non “secondo Dio”. In quel caso cominceremo a volere “aggiornare” l’insegnamento del Vangelo. Nella prima lettura ascoltiamo un’ammonizione attualissima: «Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla». Una tentazione sempre presente quella di “aggiornare” i comandi del Signore eliminando quelli che ci danno fastidio, che riteniamo ormai obsoleti, per sostituirli magari con altri che ci disturbano meno e che ci fanno sentire a posto. Ad esempio oggi, coprendo tutto con un mal inteso concetto di “amore” («Love is love!»), si vuole aggiornare la morale sessuale. Può capitare di incontrare fratelli che si schierano a difesa degli animali, ma non intendono muovere un dito per aiutare il pensionato o il disoccupato che hanno accanto; fratelli che combattono la sperimentazione sugli animali, che magari hanno anche scelto di diventare vegetariani, ma dinanzi ad una gravidanza non programmata prendono in considerazione l’aborto: «… è solo un grumo di cellule!».

Ascoltiamo, allora, ciò che ci chiede il Signore, mettiamo in pratica la Sua Parola senza togliere ne aggiungere nulla a ciò che il Signore ci ha chiesto. Guardiamoci dalla contaminazione del mondo vivendo la nostra religione pura e senza macchia con un cuore rivolto al Signore e docile alla Sua Parola.

Fr. Marco

venerdì 20 agosto 2021

Volete andarvene anche voi?

 

«Giosuè disse a tutto il popolo: “Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrèi, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore”». (Gs 24,1-2.15-17.18)

«Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; […] E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei» (Ef 5,21-32)

«Disse allora Gesù ai Dodici: “Volete andarvene anche voi?”. Gli rispose Simon Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”». (Gv 6,60-69)

Nella pagina evangelica di questa domenica, XXI domenica del tempo ordinario, si conclude il “discorso sul pane”: dopo averci presentato Gesù come il Pane della Vita che dà la sua vita per la salvezza del mondo, la Parola di Dio ci esorta al servizio e alla sottomissione reciproca.

Nella prima lettura Giosuè dichiara la propria decisione di servire il Signore e invita il Popolo a scegliere chi servire. In questo, infatti, consiste la nostra libertà: nello scegliere chi servire. Siamo liberi per servire e possiamo servire solo se siamo liberi. La “libertà assoluta” è un’illusione. Se non serviamo il Signore della vita, infatti, finiremo per servire un idolo: qualcosa al quale sacrifichiamo tempo ed energie, qualcuno che ci ha promesso di realizzare i nostri desideri, un lavoro, magari il nostro io. Fuggiamo dal servizio del Signore e ci scopriamo schiavi di qualcosa o di qualcuno, magari anche solo delle nostre passioni disordinate e delle pulsioni del momento. Ecco allora la necessità di scegliere con attenzione chi servire, chi riconoscere nei fatti Signore della nostra vita.

«Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Così reagiscono gli ascoltatori di Gesù al discorso sul pane e forse proprio alla affermazione: «… chi mangia di me vivrà per me» (Gv 6,57). Nella società contemporanea “servizio” e “sottomissione” sono considerate parole dure, difficili da accettare in un contesto in cui la propria libertà individuale viene idolatrata; in cui ciò che conta è solo il piacere personale ed immediato; in cui il sacrificio viene visto solo con accezione negativa. Viviamo in una società in cui siamo bombardati da messaggi del tipo «Tutto attorno a te … perché tu vali!». l’unico “servizio” preso in considerazione in questo contesto è quello offerto per avere un contraccambio, un “servizio” idolatra in cui al centro c’è sempre il nostro io e la ricerca di una vita che non possiamo darci da soli.

Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Dinanzi la durezza delle parole di Gesù, dinanzi le esigenze del messaggio evangelico, non pochi discepoli restano scandalizzati e se ne vanno. Forse avevano frainteso il messaggio del Maestro. L’amore che ci insegna Gesù, infatti, non è un amore “finché ci sto bene”, non è l’amore adolescenziale egocentrato, non è “cuoricini e fiorellini” … l’Amore che ci insegna Gesù è la Croce, è “morire” per colui che amo, rinnegare me stesso; è servizio gratuito e disinteressato.

«Volete andarvene anche voi?». La domanda che Gesù pone ai Dodici quest’oggi è posta anche a noi. Pensiamo sia impossibile vivere il Vangelo? Ci sembra troppo gravoso servire il Signore? Vogliamo Amare il Signore e i fratelli? Le mogli sono disposte ad amare il proprio marito come la Chiesa ama Cristo, cioè facendo ruotare la propria esistenza attorno a lui? I mariti sono disposti ad amare la propria moglie come Cristo ama la Chiesa, cioè fino a donare a lei ogni istante della propria la vita?

Certo servire è difficile e senza di Lui non possiamo fare nulla (Cfr. Gv 15, 5), ma solo servire con amore e per amore dà senso alla nostra vita, la riempie. Diversamente tutta la vita sarà percepita come una schiavitù da cui cercare di evadere (vedi la società contemporanea). È proprio per venire incontro alla nostra incapacità di servire che il Signore ci ha donato se stesso come pane della vita. È nella Sua Parola, infatti, che troviamo la luce e la sapienza della vita. È nei sacramenti che troviamo la forza per Vivere pienamente di quella Vita che dura in eterno.

«Volete andarvene anche voi?» Chiediamo la grazia di rispondere come Pietro, di riconoscere come lui: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna».

Fr. Marco

venerdì 13 agosto 2021

Un segno grandioso

 «Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle» (Ap 11,19; 12,1-6.10)

«Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.» (1Cor 15,20-26)

«Grandi cose ha fatto per me l’onnipotente» (Lc 1,39-56)

Questa domenica celebriamo la solennità di Maria SS. assunta in Cielo. Nella pagina di Vangelo, che ci racconta il viaggio di Maria verso la parente Elisabetta, l’evangelista Luca ricalca la narrazione della salita dell’Arca dell’Alleanza a Gerusalemme nella casa di Obed Edom (2Sam 6,1-11). Maria, infatti, coperta dallo Spirito Santo e portando nel grembo il Verbo fatto carne, è la Nuova e definitiva Arca dell’Alleanza che Dio ha stipulato con l’uomo. Come l’antica Arca dell’Alleanza, che custodiva le tavole della legge e la manna, Maria porta nel suo grembo il Legislatore e il Pane della Vita ed è testimonianza della presenza di Dio in mezzo al popolo e primizia e caparra delle meraviglie che il Signore è capace di compiere.

Contemplando Maria Assunta in Cielo, infatti, la Chiesa è invitata a contemplare il destino finale cui il Signore ha destinato il popolo della Nuova Alleanza. Così la costituzione conciliare Lumen gentium ci invita a guardare a Maria: «La madre di Gesù, come in cielo, in cui è già glorificata nel corpo e nell’anima, costituisce l’immagine e l’inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore» (LG 68).

Guardando a Maria, quindi, siamo invitati alla Speranza: il Signore ha per noi progetti di salvezza. Impariamo, allora, da questa santissima madre a non dubitare mai dell’amore del Padre. Impariamo a riconoscere con umiltà i prodigi che il Signore compie nella nostra vita e a rendere grazie per essi.

Impariamo ad accogliere con fiducia e attenzione la Parola di Dio perché possa portare frutto in noi e conformarci sempre più al nostro Signore Gesù Cristo. Impariamo ad accogliere in noi l’Amore di Dio e ad amare per primi e gratuitamente i fratelli. Guardando al Cuore Immacolato di Maria, ardente di vero Amore, impariamo a perdonarci reciprocamente e a pregare per coloro che ci fanno del male. Impariamo, in fine, da questa perfetta discepola a rimanere uniti al Signore anche quando il Maestro ci chiede di seguirlo sulla via della croce.

Solo facendo così potremo anche noi dirci discepoli di Gesù e veri devoti di Maria. Imploriamo l’intercessione di Maria perché il Signore ci conceda la grazia di seguirlo come suoi autentici discepoli. Il mondo possa riconoscere in noi la presenza del Maestro e accogliere la Signoria di Cristo perché possiamo un giorno ritrovarci tutti alla presenza della Gloria di Dio. 
Fr. Marco

(L’icona della Dormitio Mariae che correda il post è stata realizzata da Dario Spatafora e donata al Convento di Caccamo)

venerdì 6 agosto 2021

“Àlzati, mangia!”

 

«“Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri”. Si coricò e si addormentò sotto la ginestra. Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: “Àlzati, mangia!” … Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio» (1Re 19,4-8)

«Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi» (Ef 4,30-5,2)

«Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me … In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna … Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,41-51)

​Questa domenica, XIX del Tempo Ordinario, la pagina evangelica riporta il seguito del “discorso sul pane” cominciato domenica scorsa: rispondendo alla mormorazione dei giudei che non comprendono le sue parole e sono scandalizzati dalla sua umanità, Gesù, arriva ad affermare non solo che lui ci dà il Pane dal Cielo, ma anche che Lui è il Pane dal Cielo perché il Pane del Cielo è la sua Carne.

«Di lui non conosciamo il padre e la madre? …» Oggi, forse più di allora, c’è chi vorrebbe “racchiudere” Gesù nella sua sola umanità. Al massimo si arriva a considerarlo un profeta o un maestro che ci insegna come “salvarci da soli”, alla stregua degli illuminati maestri orientali. In tal modo, però, si nega il Suo ruolo di Salvatore e si stravolge il Suo messaggio. È vero che Gesù è il Maestro e noi siamo chiamati a imparare da Lui, a farci suoi imitatori (II lettura); ma è anche il Salvatore, colui senza il quale non possiamo fare nulla (Cfr. Gv 15, 5). 

«Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri» Sicuramente anche ciascuno di noi, come il profeta Elia, ha fatto esperienza della distanza tra  la pochezza delle proprie forze e l’altezza delle esigenze evangeliche. Sicuramente anche per noi c’è stato un momento in cui abbiamo esclamato: «Basta! Non ce la faccio!». È a questo punto che il diavolo, il “principe di questo mondo”, che ci vuole convincere che noi siamo il “centro del mondo”, la “misura della verità”, tenta di convincerci che non sono le nostre forze ad essere insufficienti, ma le esigenze ad essere eccessive: «Come si può donare sempre con generosità? Essere sempre benevoli con gli altri anche quando non corrispondono alle nostre attese? Amare tutti con un amore disponibile al servizio gratuito e disinteressato? Come si può perdonare chi ci ha fatto del male? … è follia!». E così, pur chiamati a partecipare della vera Vita che dura per l’eternità, ci accontentiamo di una vita spesso meno che mediocre,

«Àlzati, mangia!» Gesù conosce la nostra debolezza, sa che abbiamo bisogno di Lui per alzarci dalla nostra mediocrità, vivere la Vita vera dei figli di Dio e compiere l’esodo verso la piena manifestazione del Suo Regno; per questo viene a donarci Sé stesso come pane. Per questo ci dona il Suo Spirito perché possiamo riconoscere il Padre e, animati da sentimenti filiali, realizzare la nostra Vita secondo il Suo progetto d’amore e giungere così alla Felicità.

Solo nutriti da Lui, sperimentando la Sua forza in noi, potremo liberamente scegliere di non “rattristare lo Spirito Santo di Dio”. Una libertà che non ci esonera dalla fatica del cammino e che implica il pericolo di volgere le spalle alla vera Vita.

Accogliamo l’invito della Parola, riconosciamo nel nostro Maestro Gesù Cristo il nostro Signore e Salvatore e, accogliendolo nel nostro cuore, impariamo a fare della nostra vita un’offerta d’amore a Lui e ai fratelli.

fr. Marco