venerdì 10 maggio 2024

Cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio

 «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra» (At 1,1-11)

«Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.» (Ef 4,1-13)

«Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.» (Mc 16,15-20)

Celebrando la solennità dell’Ascensione del Signore, oggi contempliamo Gesù che porta con sé nel seno del Padre la nostra umanità, quella umanità che aveva assunto con la Sua incarnazione e che ha glorificato con la Sua passione, morte e resurrezione. Gesù è andato a prepararci un posto (Cfr. Gv 14,2) perché, là dove Lui ci ha preceduto, possiamo un giorno raggiungerlo godendo della beatitudine eterna in attesa del Suo ritorno Glorioso alla fine dei tempi. Ecco la nostra vocazione alla quale San Paolo nella seconda lettura ci invita a guardare ravvivando il nostro desiderio del Cielo.

«Comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto» L’Apostolo si riferisce alla vocazione fondamentale che tutti ci accomuna e alla quale giungiamo attraverso le varie chiamate particolari (Cfr. Ef 4,11): la santità, la piena realizzazione della nostra vita, che comincia qui e prosegue per l’eternità in Cielo!

«Signore, è questo il tempo …?» Nella Chiesa delle origini, che attendeva come imminente la fine dei tempi, il desiderio del Cielo era ben presente, tanto che Gesù deve specificare: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti …» Ciò che è importante, infatti, non è conoscere “il momento” (andare dietro a “profezie”, “messaggi” e “segni” straordinari), ma vivere in maniera degna della nostra vocazione, cioè in attesa e in vista del Regno dei Cieli.

Nella pagina evangelica, inoltre, ascoltiamo il mandato missionario dato agli apostoli e a tutti i discepoli: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura». Siamo invitati a portare a tutti l’annuncio della salvezza, il Vangelo della Vita che vince la morte. Dall’accoglienza o meno di esso dipende la salvezza, il fare esperienza della Vita o il rimanere nella morte.

«Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono …». I segni elencati dal Maestro per accreditare i testimoni hanno a che fare con la Vita: scacciare i demoni, lo spirito impuro che, trascinandoci nella sfera della morte, toglie gioia alla vita; parlare la lingua nuova dell’amore che permette di capire il fratello; essere immuni ai veleni e ai serpenti, avere cioè sconfitto la morte tanto che questa non ha più potere (mi viene in mente la testimonianza dei martiri che, avendo in loro la Vita, non si preoccupano di chi li minaccia di morte); guarire i malati, condividere cioè il dono della Vita. Tutti segni della Vita presente in coloro che credono, accolgono Gesù come loro Signore e vivono l’attesa del Regno dei Cieli.

« … con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore» Per vivere bene quest’attesa ed essere testimoni del Regno, è ancora la lettera agli Efesini a darci alcune indicazioni su come rapportarci ai fratelli e al  mondo. Umiltà, dolcezza e magnanimità sono frutti dello Spirito che siamo invitati ad accogliere in noi perché i fratelli possano gioirne. S. Paolo ci invita, inoltre, alla sopportazione vicendevole, quello che altrove esprime con «portate i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2). Una sopportazione animata dall’amore disposto a portare il peso dell’altro, ma anche il peso che è l’altro. Vivere così ci porterà a custodire “l’unità dello spirito”, cioè quell’amore vicendevole che è il comandamento del Signore (Cfr. Gv 15).

«Riceverete la forza dallo Spirito Santo» Il Signore conosce la nostra debolezza, sa che senza di Lui non possiamo far nulla (Cfr. Gv 15), per questo manda su noi la potenza dello Spirito Santo, che ci raggiunge principalmente attraverso i Sacramenti. A noi la responsabilità di non contristare lo Spirito (Cfr. Ef 4,30), ma di accoglierlo e farlo fruttificare lasciandoci guidare da Lui. Solo così la nostra predicazione sarà credibile, solo così potremo essere testimoni del Signore e affrontare la “buona battaglia” della vita con le sue le difficoltà, da cui nessuno è esonerato, mantenendo la Speranza e senza cedere allo sconforto. Solo così vivremo in maniera degna della nostra vocazione e un giorno saremo accolti da Gesù nella dimora che da sempre ha preparato per noi.

Fr. Marco

venerdì 3 maggio 2024

Nessuno ha un amore più grande di questo

«In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga» (At 10,25-27.34-35.44-48)

«In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.» (1Gv 4,7-10)

«Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri» (Gv 15,9-17)

Come domenica scorsa, anche questa domenica, sesta di Pasqua, la pagina evangelica è tratta dal secondo discorso di addio di Gesù (Gv 15), il Suo “testamento”, le Sue “ultime volontà”: «Rimanete nel mio amore … amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi».

«Dio non fa preferenze di persone». La prima lettura di oggi pone l’attenzione su una caratteristica particolare dell’Amore che siamo chiamati ad accogliere e a prendere ad esempio per praticarlo: la gratuità, la libera iniziativa. Dio non sceglie in base al merito o alla “simpatia”, ma accoglie e chiama tutti gli uomini alla salvezza. Dicendolo con uno “slogan”: “Dio non ci ama perché siamo buoni, ma ci chiede di essere buoni perché ci ama”.

«Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi». Il Maestro stesso, nella pericope evangelica di oggi, afferma la sua libera iniziativa nella chiamata dei discepoli. Contrariamente a quanto accadeva al tempo di Gesù, infatti, non sono stati i discepoli a scegliere di seguire il Maestro, a sceglierlo come loro Signore; è stato Gesù che li ha scelti e chiamati quando ancora loro non lo conoscevano. Ciò non vale solo per i discepoli di allora, vale anche per noi. È Gesù, infatti, che liberamente e senza nostro merito ci ha chiamati alla vita, ci ha liberati dal peccato e ci ha costituiti perché possiamo portare “frutti di vita eterna”.

« … come io ho amato voi» Dopo averci rivelato il Suo amore e la sua libera iniziativa, il Maestro oggi ci comanda di amarci gli uni gli altri “come” Lui ci ha amati. Abbiamo già visto che questo “come”, il modo in cui Gesù ci ha amati, implica la gratuità: siamo stati amati gratuitamente, senza aver fatto nulla per meritarcelo. Non siamo chiamati, quindi, ad amare solo i fratelli della “nostra cerchia” (fraternità, comunità, gruppo di preghiera ecc.) o solo i fratelli che “se lo meritano”; né, peggio ancora, siamo chiamati ad amare solo coloro che possono contraccambiare al nostro amore. Siamo chiamati, invece, ad amare indistintamente tutti, anche coloro che non se lo meritano (i “nemici”). Se una particolarità ci è concessa, è verso coloro che non possono contraccambiare al nostro amore: i piccoli, i poveri (cfr Mt 25,31-47).

«Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.» Questo “come” implica anche la “donazione della vita”. Ciò significa fare della propria vita un dono per coloro che il Signore ci ha messo accanto; non necessariamente morendo fisicamente, ma sicuramente morendo al nostro orgoglio e alla nostra pigrizia donando loro il nostro tempo, le nostre capacità, il nostro perdono … Gesù ci ama così, anche quando non ce lo meritiamo: si è consegnato nelle mani dei suoi crocifissori perdonandoli.

Umanamente questo amore universale e senza misura è molto difficile, potremmo dire impossibile. Il “come” del versetto 12, però, ha anche il valore di “siccome”. Potremmo interpretare così: «Siccome io ho amato voi (vi ho dato il mio Amore), questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri». Solo perché siamo amati gratuitamente e senza misura da Gesù, infatti, possiamo amare i nostri fratelli allo stesso modo.

Oggi il Maestro non ci chiede altro che di lasciarci amare, di lasciarci raggiungere dal Suo Amore, lo Spirito Santo effuso nei nostri cuori, per imparare ad amare e avere la gioia piena che è frutto solo una vita donata per amore.

Vorrei concludere con un pensiero di S. Teresa di Gesù Bambino: «Ah! Signore, so che non comandi nulla di impossibile. Conosci meglio di me la mia debolezza, la mia imperfezione, sai che non potrò mai amare le mie sorelle come tu le ami, se non sei ancora tu, Gesù mio, ad amarle in me. È per accordarmi questa nuova grazia che tu hai dato un comandamento nuovo. Oh! Quanto lo amo, se mi da la garanzia che la tua volontà è d’amare in me tutti coloro che comandi d’amare! Sì, ne sono convinta; quando uso carità è solamente Gesù che agisce in me. Quanto più sono unita a lui, tanto più amo tutte le mie sorelle»

Fr. Marco