«Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.» (Ef 4,1-13)
«Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.» (Mc 16,15-20)
Celebrando la solennità dell’Ascensione del Signore, oggi contempliamo Gesù che porta con sé nel seno del Padre la nostra umanità, quella umanità che aveva assunto con la Sua incarnazione e che ha glorificato con la Sua passione, morte e resurrezione. Gesù è andato a prepararci un posto (Cfr. Gv 14,2) perché, là dove Lui ci ha preceduto, possiamo un giorno raggiungerlo godendo della beatitudine eterna in attesa del Suo ritorno Glorioso alla fine dei tempi. Ecco la nostra vocazione alla quale San Paolo nella seconda lettura ci invita a guardare ravvivando il nostro desiderio del Cielo.
«Comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto» L’Apostolo si riferisce alla vocazione fondamentale che tutti ci accomuna e alla quale giungiamo attraverso le varie chiamate particolari (Cfr. Ef 4,11): la santità, la piena realizzazione della nostra vita, che comincia qui e prosegue per l’eternità in Cielo!
«Signore, è questo il tempo …?» Nella Chiesa delle origini, che attendeva come imminente la fine dei tempi, il desiderio del Cielo era ben presente, tanto che Gesù deve specificare: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti …» Ciò che è importante, infatti, non è conoscere “il momento” (andare dietro a “profezie”, “messaggi” e “segni” straordinari), ma vivere in maniera degna della nostra vocazione, cioè in attesa e in vista del Regno dei Cieli.
Nella pagina evangelica, inoltre, ascoltiamo il mandato missionario dato agli apostoli e a tutti i discepoli: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura». Siamo invitati a portare a tutti l’annuncio della salvezza, il Vangelo della Vita che vince la morte. Dall’accoglienza o meno di esso dipende la salvezza, il fare esperienza della Vita o il rimanere nella morte.
«Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono …». I segni elencati dal Maestro per accreditare i testimoni hanno a che fare con la Vita: scacciare i demoni, lo spirito impuro che, trascinandoci nella sfera della morte, toglie gioia alla vita; parlare la lingua nuova dell’amore che permette di capire il fratello; essere immuni ai veleni e ai serpenti, avere cioè sconfitto la morte tanto che questa non ha più potere (mi viene in mente la testimonianza dei martiri che, avendo in loro la Vita, non si preoccupano di chi li minaccia di morte); guarire i malati, condividere cioè il dono della Vita. Tutti segni della Vita presente in coloro che credono, accolgono Gesù come loro Signore e vivono l’attesa del Regno dei Cieli.
« … con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore» Per vivere bene quest’attesa ed essere testimoni del Regno, è ancora la lettera agli Efesini a darci alcune indicazioni su come rapportarci ai fratelli e al mondo. Umiltà, dolcezza e magnanimità sono frutti dello Spirito che siamo invitati ad accogliere in noi perché i fratelli possano gioirne. S. Paolo ci invita, inoltre, alla sopportazione vicendevole, quello che altrove esprime con «portate i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2). Una sopportazione animata dall’amore disposto a portare il peso dell’altro, ma anche il peso che è l’altro. Vivere così ci porterà a custodire “l’unità dello spirito”, cioè quell’amore vicendevole che è il comandamento del Signore (Cfr. Gv 15).
«Riceverete la forza dallo Spirito Santo» Il Signore conosce la nostra debolezza, sa che senza di Lui non possiamo far nulla (Cfr. Gv 15), per questo manda su noi la potenza dello Spirito Santo, che ci raggiunge principalmente attraverso i Sacramenti. A noi la responsabilità di non contristare lo Spirito (Cfr. Ef 4,30), ma di accoglierlo e farlo fruttificare lasciandoci guidare da Lui. Solo così la nostra predicazione sarà credibile, solo così potremo essere testimoni del Signore e affrontare la “buona battaglia” della vita con le sue le difficoltà, da cui nessuno è esonerato, mantenendo la Speranza e senza cedere allo sconforto. Solo così vivremo in maniera degna della nostra vocazione e un giorno saremo accolti da Gesù nella dimora che da sempre ha preparato per noi.
Fr. Marco
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