sabato 27 gennaio 2024

Che vuoi da noi, Gesù Nazareno?

 «Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto.» (Dt 18,15-20)

«Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni … Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.» (1Cor 7,32-35)

« … nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!”. E Gesù gli ordinò severamente: ”Taci! Esci da lui!”. E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui “… Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!”». (Mc 1,21-28)

​La pagina di Vangelo della quarta domenica del Tempo ordinario ci fa contemplare ancora gli inizi del ministero pubblico di Gesù: il “sabato di Cafarnao” (Mc 1-21-34), in cui il Cristo si manifesta come Maestro e Liberatore, colui che realizza le attese di Israele.

La prima lettura tratta dal libro del Deuteronomio ci fa ascoltare la promessa che Dio fa al Popolo per bocca di Mosè: susciterà un profeta che dirà loro quanto Egli comanderà. Nella Sinagoga di Cafarnao Gesù, la Parola definitiva di Dio all’uomo, realizza pienamente questa promessa e si presenta ai suoi fratelli come Maestro il cui insegnamento ha un’autorità che nessuno prima di Lui aveva.

Il brano evangelico ci informa, tuttavia, che in mezzo al popolo riunito con Gesù nella Sinagoga per ascoltare la Parola vi è un uomo posseduto da uno spirito impuro. La traduzione letterale sarebbe “in uno spirito impuro”: quell’uomo non solo era posseduto dallo spirito impuro, ma si muoveva, dimorava, in un contesto di “impurità”. Collegandoci a domenica scorsa potremmo dire che si muoveva nello “schema di questo mondo” (1Cor 7,29-31) indicando con ciò un sistema di vita diametralmente opposto al Vangelo.

«Che vuoi da noi, Gesù Nazareno?» Quest’uomo si sente minacciato dall’insegnamento di Gesù che, in effetti, è venuto a scardinare lo “schema di questo  mondo” per inaugurare il Regno di Dio e liberare  l’umanità dalla tirannia del demonio. Non sorprende che lo spirito impuro si trovi anche all’interno del luogo di culto: anche la religiosità trova posto nello “schema di questo mondo”; certamente si tratta di una “religiosità perversa”: un culto teso a ingraziarsi la divinità, e guadagnare meriti; un culto in cui si ha una visione distorta di Dio e il cui centro è il nostro io che si gonfia di meriti. Questo spirito impuro viene disturbato dalla presenza di Gesù che mostra il vero volto del Padre e riporta il culto al suo vero senso: la relazione d’amore e dipendenza dal Padre che è la nostra origine e il nostro fine. Ecco perché S. Paolo oggi, nella seconda lettura, ci esorta a preoccuparci di piacere al Signore, di vivere la nostra vita mettendo al centro la relazione con Lui.

«Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!» Letteralmente:  «Cosa abbiamo in comune con te?». Quante volte, purtroppo, mi è capitato di sentire espressioni del genere quando esorto qualcuno a vincere le proprie debolezze sull’esempio di Gesù: «Cosa c’entra Gesù? io mica sono Gesù!?» Non dobbiamo dimenticare che i cristiani nel Battesimo siamo stati conformati a Cristo, innestati in Lui e chiamati a mostrare Lui al mondo. Nell’Eucarestia, inoltre, uniamo la nostra vita alla Sua per la salvezza del mondo. Siamo chiamati, quindi a imparare da Gesù come comportarci e ad amare come Lui il Padre e i fratelli.

Anche a noi, tuttavia, può capitare di vivere “in uno spirito impuro”; inseriti in un sistema di vita in cui di cristiano c’è solo l’apparenza (non a caso l’uomo indemoniato si trovava nella sinagoga per la liturgia del sabato). Viviamo una sorta di doppia vita: in chiesa ci diciamo cristiani, ma nella vita quotidiana seguiamo altri maestri e altre logiche che, per nostra disgrazia, non saranno mai capaci di darci la Vita.

Oggi la Parola ci esorta a lasciare questi falsi maestri e a metterci alla sequela dell’unico Maestro che parla con autorità, l’unico capace dai darci la libertà dalle schiavitù e la Vita vera.

L’autorità di Gesù, infatti, coniuga verità e misericordia: non ci “schiaccia” costringendoci ad una vita “non umana”; al contrario, ci mostra il modo veramente umano di vivere, una vita in cui, mettendo al di sopra di tutto l’obbedienza a Cristo, tutto trova la sua giusta collocazione.

Fr. Marco

 

sabato 20 gennaio 2024

Il regno di Dio è vicino; credete nel Vangelo

«I cittadini di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.» (Gio 3,1-5.10)

«… il tempo si è fatto breve … passa infatti la figura di questo mondo!» (1Cor 7,29-31)

«“Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”. Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: “Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini”» (Mc 1,14-20)

Nella pagina di Vangelo di questa terza domenica del Tempo Ordinario ascoltiamo le prime parole di Gesù riportate dall’evangelista Marco: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». La liturgia della Parola di oggi, infatti, tratta della conversione che consiste sicuramente nell’abbandonare la condotta malvagia di prima (I lettura), ma che non può ridursi solo a questo. Convertirsi richiede soprattutto un cambiamento di mentalità (il termine greco metànoia ha a che fare col Nous, col pensiero); si tratta quindi di cambiare “schema”, “configurazione”, al modo di vivere.

«Passa la figura di questo mondo». Nella II lettura Paolo usa proprio la parola greca “schema” (σχήμα: “figura”). Siamo chiamati ad assumere una nuova “configurazione”, un nuovo sistema di vita in cui il Regno del Signore, già presente, ma non ancora pienamente rivelato, sia il centro e i criterio di riferimento. Le realtà “mondane” hanno la loro dignità, ma devono essere messe in secondo piano rispetto al Regno. Per questo S. Paolo oggi per ben cinque volte usa l’espressione «come se non …».

«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino». Il nostro oggi è il kairòs, il tempo favorevole, il tempo della grazia: il Regno è in mezzo a noi. Per questo Gesù oggi ci invita a convertirci, a cambiare mentalità e sistema di vita, e a credere al Vangelo. Ma anche e forse soprattutto a credere al Vangelo per poterci convertire.

«Credete nel Vangelo» È importante la specificazione riguardo al che cosa dobbiamo credere: il Vangelo, la “buona notizia” che Dio è in mezzo a noi come Salvatore, che Dio non ci ha abbandonato alla nostra miseria. Solo avendo fiducia in questa buona notizia potremo lasciare lo “schema di questo mondo”, un sistema in cui, percependo la nostra fragilità e precarietà, ognuno cerca di accaparrarsi “un posto al sole” e la vita e pensa di doverlo fare da solo, magari a discapito dei fratelli. Credendo al Vangelo che Gesù è venuto a rivelarci, siamo chiamati ad assumere lo schema, il sistema di vita, il modo di pensare di Dio in cui è il Signore a donarci la salvezza e chiede a ciascuno di noi solo di fare posto ai fratelli nella nostra vita e di farci suoi discepoli donandogli la nostra disponibilità e fiducia.

Non a caso il Vangelo di Marco, immediatamente dopo l’annuncio del Regno, riporta la chiamata dei primi discepoli. Ad essi Gesù non chiede doti particolari, ma solo la sequela e la disponibilità ad abbandonare la vita di prima.

«Vi farò diventare pescatori di uomini». Certamente Gesù si sta riferendo al mestiere che facevano prima: da pescatori, quali erano, a “pescatori di uomini”. Permettetemi, però, di soffermarmi sull’attività del pescare. Quando si pesca non  si insegue la preda come, invece, avviene nella caccia. Per pescare si gettano le reti o l’amo e si fa in modo di attrarre il pesce. Mi viene in mente per esempio la pesca con le “lampare”: il pescatore durante la notte attrae il pesce con la luce.
Il fatto che i discepoli siano invitati ad essere pescatori di uomini, allora, potrebbe essere inteso come un invito ad essere attraenti: illuminati da Cristo, vivendo la vita bella del Vangelo, siamo chiamati ad “attrarre” gli uomini potandoli al Signore.

Accogliamo l’invito di questa domenica a convertirci alla logica del Regno e la nostra vita sarà più bella: giungeremo alla piena realizzazione che il Padre ha pensato per noi e collaboreremo con Cristo perché il mondo diventi sempre di più il Regno di Dio.

Fr. Marco.

sabato 13 gennaio 2024

Venite e vedrete

 «Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: “Samuéle, Samuéle!”. Samuèle rispose subito: “Parla, perché il tuo servo ti ascolta”. Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.» (1Sam 3,3-10.19)

​«Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!» (1Cor 6,13-15.17-20)

«Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: “Che cosa cercate?”. Gli risposero: “Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?”.Disse loro:“Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.» (Gv 1,35-42)

Nella seconda domenica del Tempo ordinario la Parola di Dio ci presenta due storie di vocazione e discepolato: la vocazione di Samuele (prima lettura) e come si sono uniti a Gesù i suoi primi discepoli (Vangelo)

La prima cosa che risulta evidente in questi due racconti di vocazione è la necessità di una guida che aiuti a riconoscere il Signore. Nella prima lettura è il sacerdote Eli a dire a Samuele chi lo sta chiamando e come rispondere. Nel Vangelo è Giovanni il Battista a indicare a due suoi discepoli l’Agnello di Dio. Andrea e l’altro discepolo (che l’evangelista Giovanni lascia volutamente anonimo perché rappresenta ogni discepolo di tutti i tempi) si mettono alla sequela di Gesù. Oggi è la Chiesa, la comunità dei battezzati, ad indicare Gesù presente nel mondo.

«Che cosa cercate?» Queste sono le prime parole di Gesù riportate nel Vangelo di Giovanni. Parole che sono rivolte ai discepoli di tutti i tempi: perché ci siamo messi alla sequela di Gesù? È importante fare chiarezza su ciò che ci ha mossi alla sequela. Che cosa cerchiamo? Cerchiamo la garanzia di non soffrire mai? Gesù ci promette tutt’altro: «Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso prenda la sua croce e mi segua» (cfr. Mt 16,24). Cerchiamo la sicurezza economica? Gesù ci insegna la precarietà e a non confidare nei beni materiali: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche … il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (cfr. Lc 9, 3.58). Cerchiamo “potere”? Gesù ci insegna il servizio: «Chi vuole essere il più grande, si faccia servo. Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e non per essere servito» (cfr Mc 10, 42-45). Cerchiamo di essere amati da tutti, l’approvazione del mondo? Il mondo ha rifiutato il nostro Maestro: «Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia. … Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,19-20).

Che cosa cerchiamo, allora? L’Antico Testamento insegna che bisogna cercare Dio, la comunione con Lui, e cercarlo con tutto il cuore e con tutta l’anima (Dt 4,29). Nella Nuova ed Eterna Alleanza sappiamo che è Gesù che bisogna cercare per trovare Dio.

“Rabbì, dove dimori?” … “Venite e vedrete” Ecco cosa è indispensabile cercare: la comunione con Lui. Cercando Gesù, troveremo dove dimora: nel seno del Padre. Nient’altro ci può realmente soddisfare: stare con Lui, ascoltare Lui, appartenergli (seconda lettura). I primi discepoli cercano solo Lui e vogliono stare con Lui, per questo Gesù li accoglie nella sua dimora, nell’intimità della sua comunione col Padre e lo Spirito.

Noi uomini e donne di oggi, dove possiamo riconoscere Gesù? Chi può indicarcelo presente? La Sua Parola proclamata dalla Chiesa, la comunità dei fedeli convocati e animati dallo Spirito Santo. Di Samuele è detto che «il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole».  Solo nell’ascolto della Parola, infatti, impariamo a riconoscere il volto di Gesù nella vita di tutti i giorni e nelle persone che incontriamo. La Parola di Dio è veramente capace di rispondere alle nostre domande più profonde di senso e di vita, e ci indica in Gesù il Maestro.

I discepoli quel giorno rimasero con Lui e non ci è dato di conoscere cosa successe. L’evangelista, però, ci riporta gli effetti: una gioia incontenibile che va annunciata, «Abbiamo trovato il Messia».

Anche noi, dopo essere rimasti con Lui, dopo avere ascoltato la Sua Parola ed avere accolto nel nostro cuore Lui vivo e vero nell’Eucarestia, siamo invitati ad annunciarlo al mondo perché anche i  nostri fratelli possano scoprire il Signore della vita.

Fr. Marco

 

sabato 6 gennaio 2024

Tu sei il Figlio mio, l’amato

 «Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete.» (Is 55,1-11)

«Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; … Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.» (1Gv 5,1-9)

« … in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”». (Mc 1,7-11)

Questa domenica, celebrando la solennità del Battesimo del Signore, il tempo e il mistero di Natale giungono al pieno compimento: il Verbo coeterno del Padre, che si è fatto  uomo per la nostra salvezza, si fa solidale con l’umanità peccatrice e si confonde con essa sulle rive del Giordano per ricevere da Giovanni un battesimo di penitenza. Egli si è fatto uomo perché noi possiamo diventare figli di Dio. Dio è nato perché noi possiamo rinascere.

Pensiamo a ciò che scrive san Giovanni nel Prologo del suo Vangelo che la Liturgia ci ha proposto nella messa del giorno di Natale: A quanti l’hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio (Gv 1,12). Questo è ciò che avviene nel sacramento del Battesimo: l’uomo, conformato al Figlio Unigenito, diventa realmente figlio di Dio. Il Battesimo fa iniziare in noi la Vita Nuova. Anche a ciascuno di noi, conformati a Cristo nel Battesimo, il Padre dice: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». Generato dal Battesimo a vita nuova, il cristiano inizia il suo cammino di crescita  finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo. (Ef 4,13). Un cammino che lo porterà ad invocare consapevolmente Dio come “Abbà – Padre”, a rivolgersi a Lui con gratitudine e a vivere la gioia di essere suo figlio.

«Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete.» Per potere vivere di questa vita nuova che ci è stata regalata, per accogliere il compiacimento del Padre, siamo, però invitati all’ascolto obbediente della Parola. Ascoltare il nostro Maestro Gesù Cristo, il Verbo del Padre che si è fatto carne, significa fidarci di Lui, riporre in Lui la nostra fede, e obbedire ai suoi comandamenti. Ascoltare il Verbo eterno del Padre comporta non credere ad altri “maestri”: non vivere “secondo il mondo”, ma “secondo il vangelo”. Solo così, obbedendo al comandamento dell’amore di Dio autenticato dall’amore dei fratelli, dimostreremo di essere diventati nuova creatura, di essere stati “generati dal Dio” (II lettura). Come cristiani, infatti, grazie allo Spirito Santo ricevuto nel Battesimo, abbiamo in sorte il dono e l’impegno di vivere da figli di Dio e da fratelli, per essere come “lievito” di un’umanità nuova, solidale e ricca di pace e di speranza.

Fr. Marco

giovedì 4 gennaio 2024

Cammineranno le genti alla tua luce

 «Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te.» ( Is 60,1-6)

« … le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.» (Ef 3,2-3.5-6)

« … alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”» (Mt 2,1-12)

Nella solennità dell’Epifania, celebriamo la “manifestazione” (in greco epifania) del Signore al mondo intero, a tutti i popoli rappresentati dai Magi venuti dall’oriente. La tradizione popolare parla di “tre re” per i doni che offrono a Gesù: oro per il re dei re della terra, incenso per onorare il Verbo di Dio fatto uomo e mirra simbolo della passione salvifica che Egli avrebbe accolto per noi. I tre Magi, però, rimandano anche ai tre figli di Noè: Sem, Cam e Iafet, in quanto rappresentanti di tutta l’umanità che da essi sarebbe discesa. Gesù, Luce del mondo, viene per essere conosciuto da tutti i popoli e perché tutti possano scoprire in Lui il senso della vita.

Nella seconda lettura di oggi, infatti, San Paolo ci ricorda che tutte le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo. È questo il disegno del Padre: fare di Cristo il cuore del mondo, come recita un’antifona della liturgia dei Vespri. È questa la missione della Chiesa: annunciare che Gesù Cristo, Via, Verità e Vita, è la pienezza della rivelazione del Padre e che solo nel Suo nome c’è salvezza (Cfr At 4,12). Per questo prega Gesù, nella “preghiera sacerdotale” fatta durante l’ultima: perché, per la testimonianza degli apostoli, tutti credano in Lui e siano una cosa sola ( Gv 17, 20-21).

Vorrei soffermarmi sulla modalità della manifestazione di Gesù al mondo riportata nella pagina del vangelo odierno: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». In queste parole dei Magi è sintetizzato il modo in cui tutti “gli uomini di buona volontà” possono accogliere la manifestazione del Signore: la Creazione (la stella) e la Scrittura, la sua autorivelazione al Suo popolo (… così è scritto per mezzo del profeta …). I Magi si mettono in cammino guidati dalla Stella, simbolo della creazione scrutata con attenzione e sapienza. La creazione parla del Creatore, l’ordine del cosmo ci parla di colui che l’ha ordinato. Ogni uomo di buona volontà, scrutando la creazione e le  sue leggi, può giungere a comprendere qualcosa del Creatore. Tuttavia ciò non basta: i Magi hanno bisogno di chiedere indicazioni ai rappresentanti del popolo eletto. L’uomo, che anche senza esserne cosciente cerca Dio e in Lui la Vita, non può da solo giungere a conoscerlo pienamente. Per questo Dio gli si fa incontro con la sua autorivelazione nella Scrittura e, nella pienezza del tempo, venendo Lui stesso a manifestare il Suo Amore per noi. Solo alla luce di questa rivelazione, di cui noi cristiani siamo chiamati ad essere testimoni credibili, anche il cosmo torna ad avere un senso pieno: la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva.

La liturgia della Parola si apre oggi con la descrizione di una situazione di “tenebra”, di oscurità; una situazione in cui sembra che non ci sia speranza. In queste tenebre spunta la Luce, la Speranza: il Signore dà un segno della sua presenza nel mondo attraverso la gloria di Gerusalemme.

Oggi il segno della presenza di Dio nel mondo, il segno che deve dare speranza e invitare alla gioia, è la Chiesa, l’assemblea dei battezzati, il nuovo popolo di Dio, la Gerusalemme Celeste del “già e non ancora”, cioè già presente nel mondo, ma non ancora pienamente rivelata; è per questo che proprio oggi si legge “l’annuncio del giorno di Pasqua”: si annuncia il Mistero di Cristo di cui tutto l’anno liturgico è memoriale e attuazione. Per i nostri contemporanei, quindi, è la Chiesa, il popolo della nuova ed eterna alleanza, il segno che rende manifesta la gloria di Dio.

Il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. La manifestazione di Dio, però, non è per tutti motivo di gioia. Gli “Erode” di ogni tempo vedono in Lui un avversario, una minaccia alla propria “sovranità”. L’uomo corrotto dal peccato è assetato di Vita, ed è convinto di poterla avere solo senza Dio. Creato a immagine di Dio e per stare in comunione d’amore con Lui, l’uomo dopo il peccato non accetta limiti alla propria autonomia e si ribella contro il Creatore e le leggi della creazione.

Nel mistero del Natale, tuttavia, il Signore, nel fragile segno di un bimbo in braccio a sua madre, ci rivela che non ci è avverso, non è nemico della nostra piena realizzazione; tutt’altro: in Cristo Gesù, tutti i popoli, tutti gli uomini e le donne di buona volontà, sono chiamati alla pienezza della Vita.

Dinanzi alla rivelazione dell’amore del Signore, i Magi provarono una gioia grandissima. Anche noi, come loro, siamo chiamati quest’oggi, da uomini liberati dalla schiavitù del peccato e delle passioni, a prostrarci in adorazione del Signore della Vita.

Fr. Marco