sabato 26 gennaio 2019

Il lieto annunzio ai Poveri del Signore


«Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», […] I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura.» (Ne 8,2-4.5-6.8-10)

«Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.» (1Cor 12,12-30)

«In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. […] Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:”Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio” […]  Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”».(Lc 1,1-4; 4,14-21)

La liturgia della Parola della III Domenica del TO ci presenta la centralità della Parola di Dio nella vita di fede. Sia la prima lettura che il Vangelo, infatti, descrivono una “liturgia della Parola” e la sua efficacia come manifestazione e attualizzazione del disegno di Dio; è questo che oggi vuole sottolineare il prologo del Vangelo di Luca.
Nella prima lettura lo scriba Esdra proclama il libro della Legge di Dio al “resto d’Israele” di ritorno dall’esilio. La reazione del popolo è un pianto di pentimento e di gioia: pentimento per il peccato che li ha allontanati dalla Terra che aveva loro donato il Signore; gioia e gratitudine perché la fedeltà del Signore li ha ricondotti in Patria e permette loro di ascoltare ancora quella Parola che li costituisce “popolo di Dio”. A questa reazione Esdra e Neemia esclamano: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete
Nel Vangelo, Gesù entra di sabato nella Sinagoga e, dopo avere proclamato un brano tratto dal profeta Isaia, afferma: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Con Gesù, infatti, è arrivato “l’oggi” della salvezza e si realizza pienamente ciò che i profeti avevano annunciato: ai poveri è portato il lieto annuncio, ai prigionieri la liberazione.
«… mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio». Il contesto immediato in cui Isaia proclama queste parole ha a che fare con l’anno giubilare in cui venivano azzerati tutti i debiti e ciascun israelita rientrava in possesso di quella “porzione di terra promessa” che gli era stata assegnata. I poveri di cui parla, quindi, sono sicuramente anche “indigenti”. Ciò non basta, però, per descrivere i poveri di cui ci parla Gesù: si può essere “ricchi” anche possedendo poco, se a quel poco io attacco il cuore e faccio dipendere da esso la mia salvezza. I Poveri cui si rivolge Gesù, quindi, sono coloro che sanno di non potere mai “bastare a se stessi” e si aspettano tutto dal Signore; coloro che sanno che, per quanti beni possano possedere, questi non potranno mai dare loro la Vita e, per questo, sono disponibili alla condivisione. È la condivisione, infatti, che ci costituisce veramente poveri secondo Dio: il prenderci cura gli uni degli altri come membra di uno stesso corpo nella consapevolezza di avere un Padre che si prende cura di noi. È a costoro che viene portato “il lieto annuncio”: il Signore si prende cura di loro; è entrato nella storia per liberare coloro che vivono nella schiavitù del peccato, rimettere “i debiti” che ci allontanavano dalla Grazia di Dio e donarci l’eredità e la dignità di Figli di Dio. Con Gesù, infatti, “l’anno giubilare” raggiunge il suo senso pieno e più vero e si estende all’Oggi della Parola: l’oggi in cui la Parola ascoltata e creduta ci muove all’amore fiducioso in Dio e all’amore dei fratelli.
Prima di concludere, vorrei sottolineare brevemente l’atteggiamento di pentimento, cioè di conversione, manifestato dal popolo di Dio nella prima lettura: il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge. Gesù, infatti, piena manifestazione della Misericordia del Padre, se da una parte non ci condanna per il nostro peccato (non è venuto a condannare, ma a salvare il mondo), dall’altra ci chiede il pentimento per il nostro peccato e ci dona la grazia di lasciarlo, di cambiare vita. Una mal intesa “misericordia” che ci lasciasse schiavi della nostra miseria, non sarebbe vera Misericordia che salva. In ogni incontro salvifico con i peccatori, Gesù dona loro il perdono e chiede di lasciare la via del peccato: «Va e non peccare più».
Accogliendo, allora, la Misericordia del Padre che viene a proclamare l’anno di grazia del Signore, anche noi, chiamati ad essere Misericordiosi come il Padre, prendiamoci cura gli uni degli altri soccorrendo i nostri fratelli e sorelle nella miseria come anche noi vogliamo essere soccorsi da loro. Viviamo realmente l’amore reciproco che il Maestro ci ha mostrato ed insegnato, cominciando dal prossimo più prossimo e senza cercare la visibilità ipocrita di chi ama e accoglie solo a parole, ma non è disposto a muovere un dito per chi è nel bisogno.
Fr. Marco

sabato 19 gennaio 2019

Come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te


«Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te.» (Is 62,1-5)

​«Fratelli, vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.» (1Cor 12,4-11)

«Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”. E Gesù le rispose: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Sua madre disse ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”.» (Gv 2,1-11)

Il Vangelo della seconda domenica del Tempo Ordinario, completa la manifestazione di Gesù cominciata con l’epifania e continuata con il battesimo (la voce dall’alto): con il primo segno Gesù manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Credo sia importante sottolineare che l’inizio dei segni avviene in un contesto nuziale. Si tratta di un simbolo potente già usato dai profeti (la prima lettura ne è un esempio) per descrivere il Patto di reciproca appartenenza tra JHWH e il popolo eletto: tu sarai il mio popolo ed io sarò il tuo Dio (Cfr. Ger 31,1)
In questo matrimonio, tuttavia, viene a mancare il vino della gioia! Non c’è più festa. Il Popolo ha dimenticato chi è il suo Dio; ha assolutizzato la Legge e vive il suo rapporto con Dio come un adempimento di doveri in cui cerca il tornaconto immediato (do ut des: do affinché tu dia): celebra il culto per avere salute e ricchezza; cerca i doni di Dio dimenticando il Datore di ogni bene, il Signore che opera tutto in tutti.
Non a caso, quando la Madre fa notare a Gesù che non hanno più vino, Lui risponde facendo allusione all’Ora. Solo nell’Ora della Sua Gloria (come Giovanni legge la passione, morte e resurrezione), in cui verrà sancita la Nuova ed Eterna Alleanza, tornerà la gioia piena. È nel vino che sarà il Suo Sangue che Gesù riconcilia l’umanità con il Padre e sancisce il Patto nella Gioia dell’Amore.
Alla risposta di Gesù, che sembra volere negare il suo intervento, fa seguito un ordine della Madre ai servi: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Maria, con la sua fiducia nell’intervento del Figlio, in qualche modo anticipa l’Ora. Non si lascia scoraggiare dall’apparente diniego di Gesù.
Vorrei soffermarmi brevemente su ciò che la Madre ci insegna in questo contesto: il potere della preghiera fiduciosa e perseverante, e la necessità di fare “Qualsiasi cosa vi dica”, cioè anche ciò che può sembrarci illogico, non secondo il nostro modo di pensare (per es. riempire di acqua le giare per rimediare alla mancanza di vino). Finché non accoglieremo la Sua logica nella nostra vita, finché non accetteremo, concretamente ed esistenzialmente, la Sua signoria sulla nostra vita, non potremo gustare il vino della gioia che Lui vuole darci.
Dato il contesto nuziale in cui avviene il primo segno, è naturale un riferimento a come oggi il mondo intende il matrimonio.
«Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne solaQuesto mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! (cfr Ef 5,31-32). Oggi sembra che perfino alcuni cristiani abbiano dimenticato che il matrimonio è immagine dell’amore di Cristo per la Chiesa, un amore in cui Cristo dona la vita per la Chiesa e la Chiesa esiste solo per Cristo. L’uno è tutto per l’altra e viceversa. Oggi il matrimonio è visto da molti quasi esclusivamente come una ricerca di appagamento egoistico: l’altro/a mi deve rendere felice; quando non adempie più lo scopo, quando non mi rende felice, lo posso cambiare (e spesso il mondo insiste: «Se non sei felice, vattene o mandalo via e cercane un altro! Perché tu vali!»). Oggi nel matrimonio come in altre scelte di vita, la prospettiva è “ego centrata”. Gesù e la logica dell’amore crocifisso non trovano posto nel rapporto di coppia. Per questo anche in molti matrimoni odierni viene a mancare il vino. È necessaria una “conversione”, cambiare la prospettiva in cui si vive e riammettere Gesù all’interno del rapporto matrimoniale. Solo così tornerà ad esserci il vino della gioia un vino che nessun altro può donarci.
Fr. Marco

sabato 12 gennaio 2019

Ecco il vostro Dio! Porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri


«Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri». (Is 40, 1-5.9-11)

«Ma quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo» (Tt 2,11-14;3,4-7)

«Giovanni rispose a tutti dicendo: “Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”». (Lc 3, 15-16.21-22)
Il tempo e il mistero di Natale sono portati a compimento dalla festa del Battesimo del Signore che celebriamo questa domenica: il Verbo coeterno del Padre, che si è fatto  uomo per la nostra salvezza, si fa solidale con l’umanità peccatrice e si confonde con essa sulle rive del Giordano per ricevere da Giovanni un battesimo di penitenza.
Quello impartito da Giovanni Battista, infatti, come sappiamo, non è il battesimo sacramento che abbiamo ricevuto noi, ma un “lavacro” simbolico che suggellava il serio proposito di convertirsi, di fare penitenza. Gesù, l’unico innocente, non ne aveva bisogno. Da qui le proteste di Giovanni riportate nel vangelo di Matteo: “Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?”
Il Maestro, però, vuole portare a compimento la Sua solidarietà con l’umanità; vuole salvare tutti senza distinzioni. Il Figlio amato del Padre, si confonde con i peccatori perché noi possiamo diventare figli. Da qui il compiacimento del Padre che dà inizio alla vita pubblica di Gesù.

Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. La festa del Battesimo del Signore, infatti, è per noi anche occasione opportuna per fare memoria di quanto è avvenuto nel nostro Battesimo, quello che abbiamo ricevuto nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; quello in Spirito Santo e fuoco. Quel Battesimo che, conformandoci all’Unigenito Figlio di Dio, ci ha resi figli: anche per noi il Padre, nel giorno del nostro battesimo, ha detto: “Tu sei il Figlio mio, l’amato”.
Siamo diventati figli di Dio! Lo siamo perché il Battesimo ci ha conformati a Cristo, ci ha innestati in Lui. Questa conformità, però, deve essere visibile nel nostro quotidiano. Come figli siamo invitati ad imparare dal Figlio a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Siamo chiamati a portare frutto con la nostra vita perché il Padre possa compiacersi anche di noi.
Fr. Marco

sabato 5 gennaio 2019

Risplende la Gloria del Signore


«… ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te.» (Is 60,1-6)

«Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: … le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.» (Ef 3,2-3;5-6)

« … alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”. All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.» (Mt 2,1-12)

Nella solennità dell’Epifania celebriamo la “manifestazione” (questo significa epifania in greco) del Signore al mondo intero, ai “lontani” rappresentati dai Magi venuti dall’oriente. La tradizione popolare parla di “tre re” per i doni che offrono al bambino Gesù: oro per il Re dei re della terra, incenso per onorare la divinità del Figlio di Dio e mirra simbolo della passione salvifica che avrebbe accolto per noi. Nella tradizione dei tre Magi, però, sono rappresentati anche i tre figli di Noè, Sem, Cam e Iafet, ossia tutta l’umanità che da essi trova origine secondo la tradizione biblica (Cfr. Gen 6,10; 9,1).
Il profeta Isaia, nella prima lettura, ci descrive una situazione di “tenebra”, di oscurità, una situazione in cui sembra che non ci sia speranza. In queste tenebre spunta la Luce, la Speranza: il Signore dà un segno della sua presenza nel mondo attraverso la gloria di Gerusalemme.
Oggi questo segno che deve dare speranza e invitare alla gioia, il segno della presenza di Dio nel mondo, è la Chiesa, l’assemblea dei battezzati, il nuovo popolo di Dio, la Gerusalemme Celeste del “già e non ancora”, cioè già presente nel mondo, ma non ancora pienamente rivelata. È per questo che proprio oggi si legge “l’annuncio del giorno di Pasqua”: si annuncia il Mistero di Cristo di cui la Chiesa celebra il memoriale e l’attuazione durante tutto l’anno liturgico. Per i nostri contemporanei, quindi, è la Chiesa il segno che splende della gloria di Dio. Non per tutti, però, la presenza della gloria di Dio è motivo di gioia.

Il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Così il Vangelo descrive i sentimenti di Erode e della casta sacerdotale che vedono nel Re che è nato un turbamento al loro potere. Anche oggi, purtroppo, “il mondo” (nell’accezione che a questa parola da s. Giovanni) vede in Gesù un “disturbatore” da eliminare, da ridurre al silenzio. Quante volte mi capita di sentire dire che la Chiesa (intendendo con ciò il magistero) non deve intromettersi … sembra quasi che la libertà di parola valga per tutti, tranne che per chi professa il Vangelo!
Anche a noi può capitare di sentirci “disturbati” dal Signore; può capitare che le esigenze della Sua sequela, diametralmente opposte a quelle del mondo, ci portino a volerlo “eliminare”. Se riconosciamo in Gesù il Signore, infatti, dobbiamo rinunciare alla “signoria del nostro io”, a mettere noi stessi al centro del mondo, per adorare Lui e vivere sotto la Sua signoria. Solo facendo questo potremo svolgere quel ministero di cui ci parla oggi S. Paolo nella seconda lettura e che appartiene a tutti i battezzati: annunziare al mondo la Speranza e la Gioia. Annunziare al mondo che ci sono “valori” capaci di dare la felicità, ma che non possono essere messi in banca; valori diversi da quelli economici: valori eterni e capaci di darci quella felicità che il denaro, il “piacere” o il potere non saranno mai capaci di darci.
Accogliamo, allora, il Signore che viene a manifestare la Sua gloria, poniamoci sotto la Sua signoria di Amore e di Pace. Sperimenteremo la libertà di essere figli di Dio amati e testimonieremo al mondo quella gioia di vivere di cui i nostri contemporanei sono assetati. Auguri.
Fr. Marco.