«Esdra aprì il libro
in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe
aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore,
Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», […] I levìti leggevano il
libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così
facevano comprendere la lettura.» (Ne 8,2-4.5-6.8-10)
«Dio ha disposto il
corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi
sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi
se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è
onorato, tutte le membra gioiscono con lui.» (1Cor 12,12-30)
«In quel tempo, Gesù
ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in
tutta la regione. […] Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo
solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il
rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:”Lo
Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con
l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio” […]
Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete
ascoltato”».(Lc 1,1-4; 4,14-21)
La liturgia della Parola della III Domenica del TO ci
presenta la centralità della Parola di Dio nella vita di fede. Sia la prima
lettura che il Vangelo, infatti, descrivono una “liturgia della Parola” e la
sua efficacia come manifestazione e attualizzazione del disegno di Dio; è
questo che oggi vuole sottolineare il prologo del Vangelo di Luca.
Nella prima lettura lo scriba Esdra proclama il libro
della Legge di Dio al “resto d’Israele” di ritorno dall’esilio. La
reazione del popolo è un pianto di pentimento e di gioia: pentimento per il
peccato che li ha allontanati dalla Terra che aveva loro donato il Signore;
gioia e gratitudine perché la fedeltà del Signore li ha ricondotti in Patria e
permette loro di ascoltare ancora quella Parola che li costituisce “popolo di
Dio”. A questa reazione Esdra e Neemia esclamano: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non
piangete!»
Nel Vangelo, Gesù entra di sabato nella Sinagoga e, dopo
avere proclamato un brano tratto dal profeta Isaia, afferma: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi
avete ascoltato». Con Gesù, infatti, è arrivato “l’oggi” della salvezza e
si realizza pienamente ciò che i profeti avevano annunciato:
ai poveri è portato il lieto annuncio, ai prigionieri la
liberazione.
«… mi ha mandato a
portare ai poveri il lieto annuncio». Il contesto immediato in cui Isaia
proclama queste parole ha a che fare con l’anno giubilare in cui venivano
azzerati tutti i debiti e ciascun israelita rientrava in possesso di quella
“porzione di terra promessa” che gli era stata assegnata. I poveri di cui
parla, quindi, sono sicuramente anche “indigenti”. Ciò non basta, però, per
descrivere i poveri di cui ci parla Gesù: si può essere “ricchi” anche
possedendo poco, se a quel poco io attacco il cuore e faccio dipendere da esso
la mia salvezza. I Poveri cui si rivolge Gesù, quindi, sono coloro che sanno di
non potere mai “bastare a se stessi” e si aspettano tutto dal Signore; coloro
che sanno che, per quanti beni possano possedere, questi non potranno mai dare
loro la Vita e, per questo, sono disponibili alla condivisione. È la
condivisione, infatti, che ci costituisce veramente poveri secondo Dio: il
prenderci cura gli uni degli altri come membra di uno stesso corpo nella
consapevolezza di avere un Padre che si prende cura di noi. È a costoro che
viene portato “il lieto annuncio”: il Signore si prende cura di loro; è entrato
nella storia per liberare coloro che vivono nella schiavitù del peccato,
rimettere “i debiti” che ci allontanavano dalla Grazia di Dio e donarci
l’eredità e la dignità di Figli di Dio. Con Gesù, infatti, “l’anno giubilare”
raggiunge il suo senso pieno e più vero e si estende all’Oggi della Parola:
l’oggi in cui la Parola ascoltata e creduta ci muove all’amore fiducioso in Dio
e all’amore dei fratelli.
Prima di concludere, vorrei sottolineare brevemente l’atteggiamento
di pentimento, cioè di conversione, manifestato dal popolo di Dio nella prima
lettura: il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge. Gesù,
infatti, piena manifestazione della Misericordia del Padre, se da una parte non
ci condanna per il nostro peccato (non è venuto a condannare, ma a salvare il
mondo), dall’altra ci chiede il pentimento per il nostro peccato e ci dona la
grazia di lasciarlo, di cambiare vita. Una mal intesa “misericordia” che ci
lasciasse schiavi della nostra miseria, non sarebbe vera Misericordia che
salva. In ogni incontro salvifico con i peccatori, Gesù dona loro il perdono e
chiede di lasciare la via del peccato: «Va
e non peccare più».
Accogliendo, allora, la Misericordia del Padre che viene a
proclamare l’anno di grazia del
Signore, anche noi, chiamati ad essere Misericordiosi come il Padre,
prendiamoci cura gli uni degli altri soccorrendo i nostri fratelli e sorelle
nella miseria come anche noi vogliamo essere soccorsi da loro. Viviamo
realmente l’amore reciproco che il Maestro ci ha mostrato ed insegnato,
cominciando dal prossimo più prossimo e senza cercare la visibilità ipocrita di
chi ama e accoglie solo a parole, ma non è disposto a muovere un dito per chi è
nel bisogno.
Fr. Marco
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