«“Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla
liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto
davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece,
quando verrà, nessuno saprà di dove sia”. Gesù allora, mentre insegnava nel
tempio, esclamò: “Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non
sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo
conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato”». (Gv
7, 1-2.10.25-30)
Il Contesto della pagina evangelica del Venerdì della
quarta settimana di quaresima è l’inizio della festa della Capanne, festa solennissima
in cui si faceva memoria delle opere salvifiche compiute da Dio in favore del
suo popolo nei quarant’anni nel deserto. L’evangelista Giovanni colloca qui l’ennesimo
tentativo di Gesù di farsi riconoscere a partire dalle “opere”.
Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono … È proprio la
presunzione di conoscerlo, tuttavia,
ad impedire ai contemporanei di Gesù di riconoscerlo come il Cristo, il Messia
atteso, l’inviato dal Padre. Ancora una volta si manifesta il pericolo, che
anche noi corriamo, che la “presunta conoscenza” impedisca la conoscenza reale,
l’accoglienza della novità, dell’inedito. Al contrario, forti della nostra “conoscenza”
tenderemo ad eliminare ciò che non rientra nei nostri schemi.
Ciò avviene nei confronti di Dio,
che pretendiamo di ingabbiare nei nostri paradigmi, ma non di rado accade anche
nei confronti dei fratelli, che Egli ci pone accanto, e degli avvenimenti che
Egli ci dona da Vivere come sua parola nella nostra storia: la presunzione di
inquadrare ed etichettare situazioni e persone, aggravata dalla rigidità nel
rivedere i propri giudizi, rende difficile che Dio possa manifestarci la Sua
grandezza, che possa fare cose nuove. Accade come quando un fratello ci sta
parlando, ma noi non lo ascoltiamo, perché “sappiamo” già quello che ci dirà e,
mentre lui parla, abbiamo già chiaro ciò che risponderemo. Abbiamo perso la possibilità dell'incontro: non abbiamo incontrato lui, ma ci siamo rapportati con l'immagine che noi abbiamo di lui.
Torna nella Parola di oggi l’appello
all’ascolto, a farsi spazio accogliente della novità, a non filtrare la novità di Dio che si
manifesta nella nostra storia e nei fratelli che abbiamo accanto, pretendendo
di ingabbiarli nei nostri schemi. Ascoltiamo, allora, ciò che il Padre ha da
dirci in questo deserto nel quale ci ha condotti per parlare al nostro cuore. Rimaniamo
docili alla Sua Volontà e vedremo le meravigliose opere che solo Lui può
compiere.
Fr. Marco
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