«Non crediate che io
sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a
dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo
e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che
tutto sia avvenuto.» (Mt 5,17-19)
La pagina evangelica odierna costituisce una breve
introduzione alla parte centrale del “Discorso della Montagna”. Sappiamo quanto
fosse importante ai tempi di Gesù l’osservanza della Legge. Tra i primi
cristiani c’era sicuramente chi proclamava che Gesù era venuto come liberatore
ad annullare la legge di Mosè; chi sosteneva invece che il suo compito fosse di
sottoscrivere, fino nei minimi particolari, tutto ciò che vi era scritto. Al cuore
del Discorso della Montagna, il Maestro afferma di non essere venuto ad abolire
la legge o i profeti ma a dare compimento.
Viene riaffermata, quindi, la
perenne validità della Legge (Toràh),
purché interpretata secondo la volontà autentica di Dio, manifestata da Gesù. Egli
è il compimento; bisogna perciò
passare attraverso di Lui per entrare nel Regno dei Cieli, perché è in Lui
ormai che anche il minimo comandamento prende senso. Il Maestro, infatti, non
si attiene alle prescrizioni dei farisei e alla purità cultuale, ma propone una
religiosità sincera (la “giustizia” superiore a quella degli scribi e farisei: v.
20), che scaturisce da un rapporto nuovo con Dio e con i fratelli.
La Legge, la giustizia, i profeti, assumono le loro vere
dimensioni a partire da Gesù. Nell’antico Testamento queste realtà erano
separate: la Legge manifestava il desiderio, la volontà di Dio, come
iniziatore dell'alleanza e padrone della storia umana; la giustizia era
il cammino dello sforzo dell'uomo per osservare questa volontà inscritta nella legge;
l'adempimento dei profeti era l'espressione, nella storia, della fedeltà
di Dio, proclamata dai profeti, esegeti della legge. Ora, Gesù dichiara con
autorità che è venuto a dare pieno
compimento alla legge e ai profeti. Dà compimento alla Legge nel senso che è divenuto Lui stesso Legge:
manifestazione della volontà di Dio; Compie
ogni giustizia perché realizza pienamente la Volontà del Padre; Dà compimento alle Scritture, alle profezie
realizzando ciò che dicono di lui.
«Non sono
venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento» Il compimento della Legge realizzato da Gesù non
consiste solo nella pratica fedele e precisa dei comandamenti di Dio (la
“giustizia” dei farisei), ma riguarda soprattutto l'atteggiamento profondo del
cuore.
I contemporanei di Gesù (e forse in
qualche modo anche noi) attendevano un Messia che portasse il compimento come fine dell’attesa e capovolgimento della situazione presente: la morte cesserà di
esistere, i giusti non saranno più sconfitti ma trionfanti. Così lo
preannunziavano gli inni che costellano tutta la letteratura apocalittica
dell’Antico Testamento (per esempio Is 25,6-9). Il Signore Gesù, invece, compie ogni cosa condividendo la
situazione presente arricchita però della Sua presenza, della Sua parola e
soprattutto del Suo Amore. Il Signore non ha fatto cessare la morte, ma dopo
averla sperimentata lui stesso sulla Croce, l’ha superata con la gloria della
Risurrezione.
Gesù è venuto a salvarci e a liberarci
dalla schiavitù della Legge non abolendola, bensì compiendola in modo
superiore, divino. La Legge, infatti, non salva nessuno. L’uomo, dopo il
peccato ritiene male il bene e bene il male. Quando se ne accorge, ha già
sbagliato e, cercando di giustificarsi, sbaglia ulteriormente. La
trasgressione diviene infine un’abitudine, quasi un imperativo, una spinta a
fare ciò che è vietato: è la schiavitù del vizio tanto difficile quanto importante
da ammettere.
Paradossalmente la Legge, con i
suoi divieti e comandi, permette al Peccato
di esprimere la sua potenzialità negativa, indicandogli cosa fare per
articolarsi in peccati. Posta a
tutela della vita, a causa del peccato non dà che morte. Dando pieno compimento alla Legge, diventando
Lui stesso Legge, e assumendosi tutte le conseguenze delle innumerevoli
trasgressioni, Gesù ci ha liberato dalla schiavitù della Legge. Dietro la Legge,
che vieta ciò che sa di morte, infatti, c’è il Signore che dà la vita e
risuscita dai morti; dietro la parola che condanna la trasgressione, c’è il
Padre che perdona il trasgressore.
Gesù è il primo che vive l’Amore.
La sua giustizia non è quella degli scribi e dei farisei: è quella “eccessiva”,
sovrabbondante, del Figlio, uguale a quella del Padre, che fa entrare nel
Regno. Gesù non è la fine, bensì il fine della Legge e dei profeti: non l’abolizione,
ma il compimento. Vive infatti la Parola data a Mosè e richiamata dai Profeti:
è il Figlio che compie la volontà del Padre.
Gli scribi insegnano la giustizia,
i farisei la mettono in pratica. Gesù insegna che per entrare nel Regno non
basta conoscere ed eseguire la Legge. È necessaria una giustizia che superi i
limiti della Legge: è quella del Padre, che ama, perdona e salva gratuitamente
i suoi figli. È una giustizia “eccessiva”, perché l’amore che la muove non
conosce misura.
La Chiesa, quindi, non annuncia la Legge,
ma il Vangelo, la buona notizia che siamo amati e salvati. Questo non ci
autorizza, però, a trasgredire la legge: «Noi, che già
siamo morti al peccato, come potremo ancora vivere in esso? … Che
dunque? Ci metteremo a peccare perché non siamo sotto la Legge, ma sotto la
grazia? È assurdo!»
(Rm 6, 2.15)
«Vi ho dato un
esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. …
Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho
amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.» (Gv 13,15.34) La morte e resurrezione di Gesù, il Suo
mistero pasquale nel quale siamo stati immersi il giorno del battesimo, hanno
reso possibile che anche noi portiamo a pieno compimento la legge. I santi
hanno percorso questa strada. Hanno compiuto
la loro vita: l’hanno portata a pieno compimento.
San Francesco ci ammonisce: «è grande vergogna per noi servi del Signore il fatto che i santi operarono con i fatti e noi raccontando e
predicando le cose che essi fecero ne vogliamo ricevere onore e gloria.» (Ammonizione VI) Tutti noi siamo chiamati a
compiere la nostra vocazione: conformarci a Cristo pieno compimento della legge
e dei profeti. Nessuno è escluso. Il Signore ce lo conceda.
fr. Marco
Nessun commento:
Posta un commento