giovedì 9 aprile 2020

Vi ho dato l’esempio ...


« … fate questo in memoria di me …» (1Cor 11, 23-26)

«Vi ho dato l’esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13, 1-15)

Gesù nell’ultima cena dopo avere amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine, sino all’estrema donazione: donando il Suo Corpo e il Suo Sangue. Tale donazione, tuttavia, non è che la naturale conclusione di una “vita donata”, una vita tutta vissuta per l’altro; l’Altro con la maiuscola (il Padre) e l’altro con la minuscola (i fratelli che il Padre gli ha donato). Una donazione che comincia con l’incarnazione: è li infatti che ha inizio quella Kenosi, quello svuotamento che ha il suo culmine sulla Croce e, sacramentalmente, nell’Eucaristia.
Don Tonino Bello ci ricorda: «La sera del Giovedì santo, si è alzato, è andato verso gli Apostoli e ha preso loro i piedi per lavarli. Anche i piedi di Pietro che non voleva. Povero Pietro, non voleva farsi servire! Pensava, forse, che Gesù, più che fargli il lavaggio dei piedi, volesse fargli una lavata di testa! Poi Gesù è andato da Giovanni e da Giuda. Ha lavato anche i piedi di Giuda …
Con l’immagine di Gesù che lava i piedi, San Giovanni descrive l’Eucaristia. Vediamo perché. Consideriamo i due participi adoperati dagli altri Evangelisti accanto alle parole Corpo e Sangue. Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo “spezzato”. Prendete e bevete, questo è il mio Sangue “versato”. San Giovanni, attraverso l’episodio della lavanda dei piedi, non spiega l’istituzione dell’Eucaristia, ma la logica di questi due participi, spezzato e versato, adoperati anche dagli altri evangelisti. Corpo spezzato, Sangue versato: Che significa?
San Giovanni dice che Gesù si alzò da tavola, depose le vesti, si cinse l’asciugatoio, lavò i piedi e riprese le vesti. Nel testo greco sono adoperati gli stessi verbi che pronuncia Gesù quando dice: “Io lascio la mia vita per riprenderla di nuovo”. Questa è una spia, ci fa capire che questo gesto non è un gesto emotivo, fatto da Gesù la sera dell’ultima cena, ma è proprio la descrizione, “formula breve”, della Passione, e quindi dell’Eucaristia.
Perciò questo gesto spiega la logica dell’Eucaristia: Gesù, rimanendo sempre servo, servo e Signore, dice che la nostra signoria, la nostra affermazione, sta nel servizio.» (Bello A., Laudate e benedicete, ed Insieme, Terlizzi 2000, 45-48)
Lavarci i piedi l’un l’altro sull’esempio del Maestro, infatti, è un comando lasciatoci da Gesù. È questa la via voluta da Dio per la nostra salvezza. Partecipare al banchetto eucaristico significa, in obbedienza a Cristo, unirsi alla sua offerta d’amore, fare comunione con Cristo, assimilarsi (farsi simili) al Figlio diletto del Padre.
Nel’ultima cena Gesù, istituendo l’eucaristia, anticipa sacramentalmente ciò che avverrà nel venerdì di passione: offre il suo corpo e il suo sangue e conclude: «Fate questo in memoria di me». Queste parole hanno certamente il senso del comando di ripetere il gesto sacramentale, di celebrare il memoriale, ma hanno anche il senso di comandare di fare ciò che il gesto sacramentale significa: come Cristo, anche noi dobbiamo potere dire: questo è il mio corpo spezzato per voi, questo è il mio sangue versato per voi.
È in questo senso che l’enciclica Sacramentum Caritatis parla di “forma eucaristica della vita cristiana”. Il Santo Padre Benedetto XVI, infatti, nella terza parte dell’enciclica, invita a vivere in modo profondo il mistero eucaristico, il cui contenuto è “l’essere amati e l’amare a propria volta gli altri”. Il Papa ci ricorda che il cristiano è chiamato a testimoniare concretamente sul piano sociale e politico l’amore di Cristo, facendosi “pane spezzato per gli altri” e impegnandosi “per un mondo più giusto e fraterno”, denunciando lo scandalo della fame, il dramma dei profughi, il crescente divario tra ricchi e poveri provocato da “certi processi di globalizzazione”. Ai fedeli laici in particolare il Papa ricorda:
«[…] L’Eucaristia, come mistero da vivere, si offre a ciascuno di noi nella condizione in cui egli si trova, facendo diventare la sua situazione esistenziale luogo in cui vivere quotidianamente la novità cristiana. Se il Sacrificio eucaristico alimenta ed accresce in noi quanto ci è già dato nel Battesimo per il quale tutti siamo chiamati alla santità, allora questo deve emergere e mostrarsi proprio nelle situazioni o stati di vita in cui ogni cristiano si trova. Si diviene giorno per giorno culto gradito a Dio vivendo la propria vita come vocazione. A partire dalla convocazione liturgica, è lo stesso sacramento dell’Eucaristia ad impegnarci nella realtà quotidiana perché tutto sia fatto a gloria di Dio. E poiché il mondo è “il campo” (Mt 13,38) in cui Dio pone i suoi figli come buon seme, i cristiani laici, in forza del Battesimo e della Cresima, e corroborati dall’Eucaristia, sono chiamati a vivere la novità radicale portata da Cristo proprio all’interno delle comuni condizioni della vita. Essi devono coltivare il desiderio che l’Eucaristia incida sempre più profondamente nella loro esistenza quotidiana, portandoli ad essere testimoni riconoscibili nel proprio ambiente di lavoro e nella società tutta. Un particolare incoraggiamento rivolgo alle famiglie, perché traggano ispirazione e forza da questo Sacramento.» (n. 79).
La successiva focalizzazione di questa sezione è su “l’eucaristia, mistero da annunciare”. A tal proposito il Santo Padre afferma la necessità della testimonianza:
«La prima e fondamentale missione che ci viene dai santi Misteri che celebriamo è di rendere testimonianza con la nostra vita. Lo stupore per il dono che Dio ci ha fatto in Cristo imprime alla nostra esistenza un dinamismo nuovo impegnandoci ad essere testimoni del suo amore. Diveniamo testimoni quando, attraverso le nostre azioni, parole e modo di essere, un Altro appare e si comunica. […] In quest’ordine di riflessioni mi preme riprendere un concetto caro ai primi cristiani, ma che colpisce anche noi, cristiani di oggi: la testimonianza fino al dono di se stessi, fino al martirio, è sempre stata considerata nella storia della Chiesa il culmine del nuovo culto spirituale: «Offrite i vostri corpi» (Rm 12,1). […] Anche quando non ci viene chiesta la prova del martirio, tuttavia, sappiamo che il culto gradito a Dio postula intimamente questa disponibilità e trova la sua realizzazione nella lieta e convinta testimonianza, di fronte al mondo, di una vita cristiana coerente negli ambiti dove il Signore ci chiama ad annunciarlo.» (n. 85)
L’ultima parte del documento riguarda “l’Eucaristia, mistero da offrire al mondo”. «[…] L’Eucaristia è sacramento di comunione tra fratelli e sorelle che accettano di riconciliarsi in Cristo, il quale ha fatto di ebrei e pagani un popolo solo, abbattendo il muro di inimicizia che li separava (cfr Ef 2,14). Solo questa costante tensione alla riconciliazione consente di comunicare degnamente al Corpo e al Sangue di Cristo (cfr Mt 5,23-24).(242) Attraverso il memoriale del suo sacrificio, Egli rafforza la comunione tra i fratelli e, in particolare, sollecita coloro che sono in conflitto ad affrettare la loro riconciliazione aprendosi al dialogo e all’impegno per la giustizia. È fuori dubbio che condizioni per costruire una vera pace siano la restaurazione della giustizia, la riconciliazione e il perdono. Da questa consapevolezza nasce la volontà di trasformare anche le strutture ingiuste per ristabilire il rispetto della dignità dell’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio. È attraverso lo svolgimento concreto di questa responsabilità che l’Eucaristia diventa nella vita ciò che essa significa nella celebrazione. […]Rivolgo pertanto un appello a tutti i fedeli ad essere realmente operatori di pace e di giustizia: “Chi partecipa all’Eucaristia, infatti, deve impegnarsi a costruire la pace nel nostro mondo segnato da molte violenze e guerre, e oggi in modo particolare, dal terrorismo, dalla corruzione economica e dallo sfruttamento sessuale”. […] Proprio in forza del Mistero che celebriamo, occorre denunciare le circostanze che sono in contrasto con la dignità dell’uomo, per il quale Cristo ha versato il suo sangue, affermando così l’alto valore di ogni singola persona.» (n. 89)
fr. Marco

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