venerdì 9 dicembre 2022

Rallegratevi, siate costanti, guardate l’agricoltore: il Signore è vicino.

 «Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa.» (Is 35,1-10)

«Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge … Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati» (Gc 5, 7-10)

«“Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”. Gesù rispose loro: “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!”». (Mt 11, 2-11)

​Questa domenica, terza di Avvento, è detta domenica “gaudete” dalla prima parola dell’antifona d’ingresso («Rallegratevi sempre nel Signore …»). Siamo, quindi, invitati a rallegrarci e a ravvivare la nostra speranza: il Signore è vicino.

La pagina evangelica sottolinea la piena realizzazione delle attese messianiche presentate dalla prima lettura: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. Alla domanda del Battista riportata dai suoi discepoli, Gesù risponde presentando le opere che compie a testimonianza del suo essere il Messia atteso. Non va passata sotto silenzio, però, la beatitudine per chi non si scandalizzerà: Gesù è il Messia e realizza ciò che avevano annunciato i profeti; non si presenta, tuttavia, come re condottiero e vittorioso, ma come un Messia mite che viene a donare la salvezza manifestando la paternità di Dio. Prima di proseguire vorrei sottolineare l’atteggiamento di Giovanni il Battista: pur avendo la sua idea del Messia atteso (un condottiero glorioso che avrebbe distrutto gli empi e ristabilito la giustizia), non lascia che questa idea gli impedisca di riconoscere Gesù: rimane aperto alla novità di Dio. Anche noi siamo invitati a non pretendere di “ingabbiare” Dio nei nostri schemi: lasciamoci stupire dalle meraviglie che il Signore sa compiere al di là di ogni nostra attesa.

Oltre che a rallegrarci, questa domenica, siamo invitati inoltre a ravvivare la nostra speranza e la nostra attesa, a farci coraggio, a prendere esempio dal contadino che sa attendere i frutti a suo tempo. Come tempo fa ci ha invitato papa Francesco, non lasciamoci rubare la speranza e con essa il nostro futuro.

Sembra, purtroppo, che molti dei nostri contemporanei abbiano perso il senso dell’attesa e della speranza: non ci si attende più nulla, il futuro appare come un vuoto che fa paura. Siamo disillusi, viviamo un presente disancorato da ogni attesa futura e, quindi, spesso senza senso. I nostri giovani (anche a causa di oggettive condizioni di precarietà) non sono più capaci di progettare o di sperare un futuro. Ciò che è peggio, però, è che non trovano più le forze per costruirlo questo futuro. Si accontentano di vivere un presente a cui manca il gusto e la pienezza perché vissuto senza speranza. La società dei consumi ci ha abituato a “tutto e subito” e ci troviamo incapaci di attendere, di desiderare. Il mito del “super uomo”, inoltre, ci ha convinti che dobbiamo salvarci da soli. Tutto ciò ci ha reso delusi, disillusi, sempre insoddisfatti e pronti a lamentarci di tutto e tutti.

Proprio in questo contesto di “deserto e terra arida” risuona l’invito di Isaia: rallegratevi, fatevi coraggio, non lasciatevi paralizzare dalla paura. Un invito a cui si associa S. Giacomo nella seconda lettura: siate costanti, imparate dall’agricoltore a sapere aspettare i frutti, e a lavorare animati dalla speranza. L’agricoltore, prepara il terreno, semina, irriga e attende. Non si accontenta del suo sacco di frumento, ma semina in attesa del più abbondante raccolto.

Facciamoci coraggio, allora, e ricominciamo a rallegrarci e a sperare. Per esercitarci in questo atteggiamento, S. Giacomo oggi ci da un consiglio molto pratico: «Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri». Smettiamo di lamentarci, sia dei fratelli che degli eventi. Accogliamoci e lasciamoci stupire dalle meraviglie di Dio.

Fr. Marco

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