sabato 30 maggio 2020

Come il Padre ha mandato me, io mando voi


«Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.» (At 2,1-11)

«Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune.» (1Cor 12, 3b-7.12-13)

«Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”». (Gv 20, 19-23)

​La solennità della Pentecoste porta a compimento il tempo e il mistero della Pasqua: per la liturgia questi cinquanta giorni sono come un grande giorno in cui facciamo memoriale della nostra redenzione.
Anche il giudaismo conosce la festa di Pentecoste in cui fa memoria dell’alleanza al Sinai ratificata dal dono della Legge (Es 19-20; Nel Cap 2 degli Atti S. Luca sembra alludere proprio alla teofania al Sinai parlando di tuono, terremoto e fuoco dal cielo.) Il fatto che lo Spirito scenda sugli apostoli proprio il giorno in cui il Popolo commemorava l’alleanza e il dono della legge indica nello Spirito la Legge nuova  che suggella la nuova alleanza e che consacra il popolo regale e sacerdotale che è la Chiesa. Si realizza la profezia di Geremia: «Questa sarà l’alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo.» (Ger. 31, 33).
Questa legge scritta sul cuore è l’Amore, che Egli ha effuso nei nostri cuori nel Battesimo mediante lo Spirito, e che ci rende capaci di mettere in pratica tutte le altre leggi. La legge antica, infatti, ci rende consapevoli del peccato, ma non è in grado di liberarci da esso. Obbedienze e disobbedienza, infatti, osservanza o meno della legge, sono manifestazioni di un movimento del cuore. Ecco perché il “tronco del peccato”, cioè l’egoismo e “l’amore di se spinto fino all’odio di Dio” (secondo la definizione di S. Agostino), non può essere cancellato dall’osservanza di una legge, ma solo se si sarà ristabilito quello stato di Amicizia che c’era tra Dio e l’uomo all’origine.
Gesù sulla Croce ha riconciliato l’uomo a Dio, ha distrutto, il cuore di Pietra. Lo Spirito Santo è dono del Risorto, è Spirito pasquale. Il vangelo di S. Giovanni lega strettamente i due eventi: sulla croce Gesù “spirò”: un termine che ha un doppio significato: “diede l’ultimo respiro” e “emise lo Spirito”. Il giorno della resurrezione, nel Cenacolo, Cristo soffia sui discepoli dicendo “ricevete lo Spirito”.
Quello che abbiamo ricevuto, nel Battesimo come caparra e nella Cresima in pienezza, è quindi lo Spirito del Risorto che ci da la Sua stessa vita, la linfa che attraverso Cristo la vera vite, ci percorre come tralci e ci rende capaci di portare frutto, è lo Spirito che ci rende capaci di vivere da Figli di Dio. Prendendo dimora nel cuore dell’uomo, lo Spirito gli comunica l’Amore di Dio, gli attesta che Dio, lungi dall’ostacolare la sua realizzazione, gli è veramente favorevole. In tal modo l’Uomo diventa Nuovo: un Uomo nuovo che ama Dio e obbedisce volentieri: lo Spirito suscita nell’uomo i sentimenti del Figlio.
La legge nuova che è lo Spirito è “un’azione”: non si limita più a comandare di fare o non fare, ma fa egli steso con lui le cose che gli comanda.
L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5,5), la nuova legge, ci induce all’obbedienza con l’attrazione: ci mostra il Bene, la Vita, e noi ne siamo irresistibilmente attratti. Lo Spirito crea nel cristiano un dinamismo che lo porta a fare spontaneamente ciò che Dio vuole, perché, assumendo i sentimenti del Figlio, fa propria la volontà di Dio. Avviene come nell’innamoramento: un decentramento, un mettere l’amato al primo posto, un fare nostri i desideri/le esigenze dell’amato: tutto ciò non è fatto con calcolo o per costrizione, ma spontaneamente e con gioia. Un’immagine che ho trovato illuminante per descrivere il rapporto tra la Grazia e la Legge, è quello della donna incinta: il medico, l’ostetrica, i parenti ecc. saranno sicuramente prodighi di indicazioni su come comportarsi, cosa fare  e cosa non fare. La donna, soprattutto se alla prima esperienza, tutta presa dall’amore per la nuova creatura che porta in grembo, farà attenzione ad osservare tutte quelle “regole” che le vengono date, non le vivrà come imposizioni, costrizioni, anzi sarà grata a coloro che gliele trasmettono. Ciò che la muove all’osservanza delle regole è, quindi, l’amore. Ecco il posto della Legge sotto la Grazia. Tra la Legge e l’Amore vi è una sorta di circolarità: l’uno custodisce l’altra; la legge trova pieno compimento e senso nell’amore e l’Amore è custodito dalla Legge. La Legge, infatti, è data come sostegno alla nostra libertà ancora incerta e vacillante sul bene. Inoltre, assolve una funzione di “discernimento” esprimendo in concreto le esigenze della volontà di Dio verso la quale siamo attratti dall’amore.
Ciò detto va precisato che noi nasciamo “in rivolta contro Dio”, “uomini vecchi” con i desideri della carne e la fiducia nelle opere: nasciamo sotto la legge. Con il Battesimo rinasciamo alla Vita nuova in Cristo, ma durante la nostra esistenza possiamo “narcotizzare”, questa nuova vita e ricadere nell’economia della legge, vivere da “uomini vecchi”. È il pericolo che Paolo denuncia ai Galati: «Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.» (Gal 5,1).
Vivere nella Nuova alleanza è come nuotare contro corrente: appena si smette di nuotare si viene riportati indietro. Il dato rivelatore è fare attenzione a come percepiamo, esistenzialmente e non solo “nozionalmente”, Dio: guardiamo a lui con l’occhio timoroso e interessato dello schiavo o con quello fiducioso e pieno di amore del Figlio?
Da questa nostra riflessione emerge quindi l’esigenza ad una conversione al Signore: mettere Lui e l’amore per Lui al di sopra di ogni nostro impegno.
Fr. Marco

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