sabato 7 dicembre 2019

«Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola»

«Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,9-15.20)

«Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, … In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo» (Ef 1,3-6.11-12)

«Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te … Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,26-38)

Nella solennità dell’Immacolata Concezione, la Parola di Dio nella prima lettura ci presenta il racconto delle conseguenze immediate del peccato dei progenitori: la rottura di ogni rapporto di amicizia tra l’uomo e Dio (“Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto”), tra l’uomo e la donna (“La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato”) e tra l’uomo e il creato (“Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato”).
La conseguenza del peccato originale che si tramanda per ogni generazione, infatti, è l’inimicizia con Dio e la conseguente morte dell’anima, l’incapacità di vedere Dio come il Padre che ci ama al di là di ogni nostra immaginazione e i fratelli e il creato come un dono d’amore.

Il racconto della Genesi, però, si conclude con quello che viene chiamato il “proto-vangelo”: l’annuncio che la stirpe della donna avrebbe schiacciato il serpente antico. È quello che avviene in Maria che, in vista dei meriti di Cristo, è da Lui redenta fin dal grembo materno e quindi resa capace, con la sua obbedienza fiduciosa al progetto del Padre, di essere “aurora della redenzione”: colei attraverso la quale è giunto nel mondo il Redentore.
Va ricordato, infatti che la Grazia di Dio, di cui Maria è stata ricolmata, è anch’essa una “grazia di Cristo” (come ricorda la bolla di definizione. È la « grazia di Dio data in Cristo Gesù» - cfr. 1Cor 1, 4- , cioè il favore e la salvezza che Dio concede ormai agli uomini, a causa della morte redentrice di Cristo). Assumere questa prospettiva rende la vicenda di Maria straordinariamente significativa per noi, restituisce Maria alla Chiesa e all’umanità.
Prima del Concilio Ecumenico Vaticano II, la categoria fondamentale con la quale si spiegava la grandezza della Madonna era quella del “privilegio” o dell’esenzione. Queste categorie, portate all’estremo, presentavano la Madre di Dio come una creatura in genere disincarnata e idealizzata che poco ha a che fare con le nostre quotidiane lotte. Qualcuno da venerare e contemplare, ma troppo distante da noi per potere essere un modello da imitare. Non ci si rendeva conto che, in questo modo, si dissociava completamente Maria da Gesù, che, pur essendo senza peccato, volle sperimentare a nostro vantaggio la fatica, il dolore, l’angoscia, la tentazioni e la morte.
Dopo il Vaticano II, la categoria fondamentale con la quale si parla  della santità unica di Maria non è più tanto quella del “privilegio”, quanto quella della fede. Maria ha camminato, anzi ha “progredito” nella fede (Lumen Gentium 58). Questo, anziché diminuire, accresce a dismisura la grandezza di Maria. Lei è colei che liberamente e per fede ha aderito al progetto di Dio; un progetto singolarissimo che le ha chiesto più che a ogni altra creatura.

Ma cosa dice a noi, per la nostra salvezza, il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria? Il prefazio della solennità ci presenta Maria come “avvocata di grazia e modello di santità”. Se è modello, allora siamo chiamati ad imitarla. L’opera redentrice di Cristo che ci raggiunge nei sacramenti, infatti,compie in noi ciò che ha operato in Maria fin dal concepimento: Maria è immacolata fin dal grembo materno, noi diventiamo immacolati con il battesimo.
A differenza di Maria, però, raramente noi siamo docili alla volontà di Dio e corrispondiamo pienamente alla Grazia di Cristo. Facilmente, invece, ci rendiamo colpevoli con i nostri peccati volontari (mai compiuti da Maria) e non aderiamo al progetto d’amore del Padre.

Per questo il Signore, che, come ci ricorda S. Paolo oggi nella seconda lettura, ci vuole “santi e immacolati di fronte a lui nella carità”, ha istituito il sacramento della riconciliazione: se ben celebrato (con un vero pentimento e un sincero proposito di non peccare più), la confessione ci restituisce la santità battesimale. Sta a noi decidere si sprecare tali doni d’Amore o piuttosto impegnarci a a corrispondere alla grazia di cui Dio vuole colmarci e compiere la volontà del Padre nella nostra vita.
Guardando a Maria “tota pulchra” (“tutta bella”), ricolma di ogni virtù e senza alcuna macchia di peccato, la Chiesa tutta e ogni singolo battezzato può oggi contemplare ciò che il Signore vuole fare con ciascuno di noi e con la Chiesa nel suo insieme: un capolavoro di Santità.
Contemplando Maria, la nostra madre immacolata, anche noi impegniamoci ogni giorno per dire a Dio la nostra risposta di obbedienza fiduciosa: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».

Fra Marco.

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