«Chi onora il padre
espìa i peccati e li eviterà e la sua preghiera quotidiana sarà esaudita. Chi
onora sua madre è come chi accumula tesori.» (Sir 3, 3-7.14-17)
«… rivestitevi di
sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità,
sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di
che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate
anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce
in modo perfetto … La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con
ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti
ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori.» (Col 3,12-21)
«Egli si alzò, nella
notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino
alla morte di Erode» (Mt 2,13-15.19-23)
La liturgia della Parola della festa della santa Famiglia ci
mostra come la Luce, la Pace e la Gioia, portati da Gesù con la sua nascita, si
realizzano nella famiglia, nucleo fondamentale della Chiesa.
Il Vangelo di oggi, infatti, ci presenta la famiglia di
Nazareth. Scopriamo subito che è una famiglia “esperta nel soffrire” (come la
definisce l’inno delle Lodi mattutine), una famiglia perseguitata, che deve
scappare e vivere da straniera in Egitto (il luogo biblico della schiavitù e
oppressione). La Pace che viene a portare Gesù, infatti, non è assenza di
tribolazioni, ma una capacità di affrontarle con la comunione animata
dall’Amore; quell’amore che vince il mondo e che riempie di una forza
invincibile.
Sappiamo da fonti storiche che il re Erode era un tiranno
che non tollerava concorrenza al suo dominio arrivando per questo a sterminare
la sua stessa famiglia. Nella parte del vangelo che questa domenica è omessa, è
narrata la “strage degli innocenti” perpetrata dal re pur di eliminare Colui
che è visto come concorrente del suo dominio. Purtroppo anche oggi continua la
strage degli innocenti. Penso a tutti quei bambini sacrificati agli idoli
dell'egoismo e del "progresso". Ai tanti bambini non nati; ai tanti
uccisi dalle guerre; a quelli uccisi perché malati (penso alla eutanasia
infantile approvata nel modernissimo nord Europa). Quanti innocenti
sacrificati al nostro egoismo, alla nostra egolatria alla nostra pretesa di
benessere!
La Famiglia è oggi osteggiata e messa in pericolo; non solo
quella di Nazareth, ma le nostre famiglie, anzi l’istituzione famiglia. Oggi
tante condizioni socioeconomiche minacciano la famiglia fin dal suo nascere: si
ha sempre più paura di sposarsi e fare figli. La famiglia, inoltre, è
minacciata dall’ “Erode” che è in noi, dal nostro egocentrismo elevato a
sistema, divenuto individualismo ed edonismo. Oggi il piacere individuale, lo
“stare bene”, è divenuto l’unico criterio delle scelte della nostra vita.
Spinti da questa esigenza (che ha la sua legittimità, ma non va assolutizzata) ,
però, facciamo spesso scelte che ci rovinano la vita e, inseguendo un miraggio,
soffriamo e siamo causa di sofferenza: quante famiglie rovinate perché si
proietta nell’altro la causa della propria insoddisfazione! Oltre a tutto ciò,
una legislazione che non tiene conto del dato oggettivo della natura sembra
volere equiparare qualunque relazione affettiva (finanche quella col proprio
animale domestico!) a famiglia; in tal modo svuotano di significato i concetti
di amore e di famiglia: se tutto è famiglia, niente è famiglia! Non possiamo
accettare supinamente tutto ciò, siamo chiamati a testimoniare il valore della
famiglia.
Il Vangelo oggi ci presenta il modo principale per salvare
la famiglia: l’obbedienza alla Parola di Dio. Giuseppe non esita un istante a mettere
in pratica il comando dell’angelo. Non si cura dei sacrifici che questo
comporterà e, in obbedienza, si mette in cammino. Anche per noi il modo per
salvare la famiglia resta l’obbedienza alla Parola di Dio.
Ritengo che all’interno del matrimonio penso sia normale, dopo
qualche anno (speriamo tanti), che passi l’entusiasmo iniziale; il rapporto si
evolve: non c’è più la “fiamma viva” degli inizi, ma è importante che
questo fuoco sia curato e alimentato perché diventi “brace ardente”:
la paglia brucia in fretta e con poco calore, è il carbone ardente che è capace
di durare a lungo e dare calore.
Nella seconda lettura di oggi San Paolo ci dà qualche
insegnamento per curare questa fiamma: rivestitevi
di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di
magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri. Gli
atteggiamenti che l’apostolo ci descrive, mettono l’altro al centro, ci fanno
uscire dal nostro individualismo proiettandoci fuori di noi.
Vorrei sottolineare l’invito alla sopportazione e
sottomissione reciproca. Oggi il termine ha assunto generalmente un’accezione
negativa, ma in realtà sopportare significa “mettersi sotto (sotto-mettersi)
per sorreggere/portare”. Altrove Paolo invita a “portare i pesi gli uni degli
altri” (cfr. Gal 6,2). È normale che l’altro, proprio perché tale, in alcuni
momenti sia per me un peso, mi “pesti i piedi” (e più si è vicini, più questo è
facile); ma dobbiamo ricordare che anche a noi capita di “pestare i piedi”
dell’altro. Ciascuno di noi ha bisogno che gli si usi misericordia, che si abbia
pazienza con lui. È per questo motivo che l’Apostolo ci rimanda al fatto
che siamo perdonati da Dio per motivare l’esigenza del perdono reciproco. Tutto
questo va fatto non con rassegnazione, ma con Carità, con quell’amore che solo
è capace di farci uscire da noi. Quest’amore, però, va custodito, coltivato,
curato. Per questo Paolo ci invita alla frequente relazione con la Parola, la
verità di Dio su noi, che meditata e pregata assieme diventi il collante delle
nostre diversità.
Un’ultima sottolineatura voglio farla sulla gratitudine: non
stiamo a ricordare ciò che di male abbiamo subito, ma coltiviamo la gratitudine
verso il Signore e verso l’altro per ciò che di bello ci hanno donato. Fin dai
primi giorni del suo pontificato Papa Francesco ci ha esortati a usare tre
parole, tre atteggiamenti nella famiglia: permesso,
grazie, scusa. Usiamo la delicatezza di chiedere permesso a chi ci sta
accanto per non essere invadenti ed irruenti, per rispettare la sua alterità.
Ringraziamo per il bene che riceviamo: non diamo nulla per dovuto. Impariamo a
chiederci scusa: non lasciamo questioni insolute e non tramonti il sole sui
nostri dissidi.
Preghiamo insieme perché ogni famiglia trovi la forza di
vivere ogni giorno l’Amore vero che viene da Dio e, superando le difficoltà che
la vita non risparmia a nessuno, costruisca ogni giorno la comunione e la pace.
Fr. Marco
Nessun commento:
Posta un commento