«“Venite, saliamo sul
monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e
possiamo camminare per i suoi sentieri”. Poiché da Sion uscirà la legge e da
Gerusalemme la parola del Signore.» (Is 2,1-5)
«Fratelli … è ormai
tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di
quando diventammo credenti.» (Rm 13,11-14)
«Vegliate dunque,
perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire
questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro,
veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi
pronti» (Mt 24,37-44)
Oggi, prima domenica di Avvento, aprendo il nuovo Anno Liturgico,
nel Vangelo sentiamo l’accorata esortazione del Maestro: «Vegliate … tenetevi pronti … » L’Avvento, infatti, è un tempo
caratterizzato dall’attesa. Un’attesa che dà il carattere a tutto l’Anno Liturgico
e a tutto il Tempo della Chiesa che sempre celebra “nell’attesa della Tua venuta” (vedi per es. il Mistero della fede che ripetiamo dopo la Consacrazione).
I Padri della Chiesa ci parlano di una triplice venuta del
Signore cui fare attenzione e prepararsi: Egli viene oggi in
mezzo a noi nella liturgia, perché è già venuto nella nostra natura
umana nella pienezza dei tempi ed alla fine del Tempo verrà nella gloria.
Vegliate dunque. Attendendo
la Sua venuta gloriosa, siamo invitati a “vegliare”. A questo verbo possiamo
dare almeno tre accezioni che indicano altrettanti atteggiamenti che siamo
chiamati ad assumere: “stare svegli”, “stare vigili” (attenti) e “fare vigilia”.
Siamo invitati a “stare svegli”, a non lasciarci
prendere dal torpore spirituale nel quale il mondo vorrebbe indurci. All’inizio
del brano evangelico, Gesù riporta l’esempio dei contemporanei di Noè: si erano
lasciti “intontire” dalla vita presente e non hanno prestato ascolto agli avvertimenti
ricevuti. Il diluvio li ha quindi trovati impreparati e sono stati perduti. Il
mondo e la vita di ogni giorno possono indurci ad “assopirci”, a
rassegnarci accontentandoci di ciò che viviamo senza aspettare più niente, senza
speranza. Lo “stare svegli” significa, quindi, non lasciare spegnere la
Speranza e l’attesa del Regno. Stare svegli, inoltre, significa essere pronti a
riconoscere il Signore quando viene a visitarci, nel povero o nel malato, e
accoglierlo.
Siamo invitati ad “essere vigili”, attenti a non cadere
nelle trappole del diavolo che “come leone ruggente va in giro cercando
chi divorare”. Tra queste trappole, la più pericolosa è l’insinuazione che
il Padre non ci ama, che ci ha abbandonati, che dobbiamo salvarci la vita da
soli perché nessuno si prende cura di noi. Facciamo attenzione ad usare bene
del dono della vita e del tempo che il Signore ci concede: ne dovremo rendere
conto. Non dubitiamo mai, però, dell’amore del nostro Padre celeste che non ci
ha abbandonati, ma si prende cura di noi, anche in modi misteriosi e non sempre
comprensibili.
Siamo invitati, infine, a “fare vigilia”, a vivere questo
tempo come un tempo di attesa gioiosa e piena di entusiasmo: viene il Signore
della Vita, viene a incontrarci e ad introdurci nella comunione piena con Lui!
La gioia deve caratterizzare la nostra attesa: un’attesa piena di speranza che
non resterà delusa. Il tempo della vigilia, però, oltre che dalla gioia è
caratterizzato anche dalla necessità di “tenersi
pronti”, di prepararsi all’incontro con il Signore, perché possiamo entrare
con Lui nella Gloria del Padre. È questo il senso della “penitenza” cui ci
richiama il Tempo liturgico dell’Avvento, una penitenza che è un “convertirci”,
un cambiare la direzione della nostra vita, un decentrarci per fare spazio
a Colui che viene.
Proprio nel contesto della “penitenza”, vi ripropongo un
piccolo esercizio cui mi richiama la Parola di Dio: nei secondi vespri delle
domeniche di avvento ci sentiremo rivolgere l’esortazione: «Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La
vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino!» (Fil
4,4-5). Ritengo che il modo più immediato di mettere in pratica questa Parola,
sia quello di avere sempre un volto sorridente per tutti, disporci sempre ad
accogliere l’altro. Un esercizio di “conversione”, di decentramento. Spesso,
presi dalle contrarietà della vita e dai nostri malumori, non sarà semplice, ma
… il Signore è vicino!
Fr. Marco
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