«Tu, o scellerato, ci
elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per
le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna». (2Mac 7,1-2. 9-14)
«Fratelli, lo stesso
Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato,
per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri
cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.» (2Ts 2,16 – 3,5)
«… quelli che sono
giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, … sono uguali
agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi
i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando
dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non
è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui.» (Lc 20,27-38)
Questa domenica, XXXII del tempo ordinario, avvicinandosi la
conclusione dell’anno liturgico, la Parola di Dio ci invita a pensare alle “cose
ultime”. Oggi ci mette dinanzi la realtà della resurrezione dei corpi per la
vita eterna alla fine dei tempi.
«Aspetto la
resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.» Così diciamo
professando la nostra fede. Noi lo proclamiamo, ma siamo consapevoli che è
difficile vivere esistenzialmente questa fede, perché la nostra cultura
scientista e razionalista ci dice che è impossibile la resurrezione della
carne.
L’uomo, quindi, è diviso tra il desiderio di “ulteriorità”
che sente nel suo intimo (“non può finire tutto qui”) e l’impossibilità
scientifica della resurrezione. Per questo si rifugia in credenze di matrice
orientali che, però, gli fanno perdere il senso della sua individualità; o vive
ancorato a questo mondo tutto in tensione verso una sorta di “vita futura”
nella memoria dei suoi discendenti a cui lasciare le proprietà accumulate.
È quest’ultima la logica che sta a fondamento della
legge del levirato richiamata dai Sadducei nel Vangelo. Provocato dai Sadducei,
Gesù dice una parola autorevole sul tema della resurrezione. I Sadducei,
difensori della legge del levirato, forse vedono in esso un mezzo per
continuare ad avere proprietà e un ruolo di rilievo nella società; forse sono
anche influenzati dall’antropologia dualistica dell’ellenismo che vede nel
corpo la prigione dell’anima e la radice di ogni male (quanto questa
antropologia, estranea alla Rivelazione, ha influenzato anche il nostro modo di
pensare!) e aspirano alla liberazione dell’anima dal corpo. Per questo motivo
vedono come impensabile la risurrezione dei corpi.
Quale che sia la loro motivazione, la loro argomentazione,
però, pur rifacendosi alla legge mosaica del levirato, mostra una concezione
errata sia della vita futura, sia della donna e del matrimonio. La donna,
infatti, è vista come una proprietà che tutti e sette i fratelli del racconto
hanno il diritto di rivendicare. Non a caso, nel parallelo di Marco, Gesù li
rimprovera: «Siete in grande errore!»
(Mc 12, 27). Nella sua risposta il Maestro non si concentra tanto sul “come”,
ma attesta la realtà della resurrezione rifacendosi anche Lui alla tradizione
mosaica: il modo in cui Dio si presenta a Mosè: «il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe». Al tempo della
rivelazione a Mosè, Abramo, Isacco e Giacobbe erano ormai morti da generazioni.
Se questi patriarchi con la loro morte avessero cessato di esistere, allora Dio
sarebbe un Dio dei morti, degli inesistenti, e quindi morto/inesistente egli
stesso. Dio, invece «non è dei morti, ma
dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Anche i fratelli di cui ci narra la prima lettura mostrano di avere questa fede
ed è essa a dare loro la forza di rimanere fedeli a Dio anche nella
persecuzione.
Certamente il “come” della resurrezione resta un mistero.
Gesù si limita a dire che saremo come angeli. L’appellativo di “figli di Dio”
mi ricorda la prima lettera di Giovanni nella quale si dice: «Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio,
ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato» (1Gv 3,2). Non sappiamo come
avverrà la resurrezione della carne e come sarà questa carne; sappiamo, però,
che Gesù è risorto come primizia e possiamo quindi intuire, contemplando Lui
risorto, che il corpo della resurrezione sarà un “corpo glorioso”, spirituale,
capace di entrare a porte chiuse eppure tangibile. Sarà il “nostro” corpo pur
non essendo “questo” corpo soggetto alla corruzione.
Confortati da questa fede, viviamo la vita tenendo lo sguardo fisso alle realtà
ultime.
Fr. Marco
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