«Ecco: sta per venire
il giorno rovente come un forno … Per voi, che avete timore del mio nome,
sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.» (Ml 3,19-20)
«Sentiamo infatti che
alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione.
A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il
pane lavorando con tranquillità.» (2Ts 3,7-12)
«Verranno giorni nei
quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà
distrutta … Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi
perseguiteranno … sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un
capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza
salverete la vostra vita». (Lc 21, 5-19)
Giunti alla XXXIII domenica del Tempo ordinario, siamo ormai
quasi alla conclusione dell’anno liturgico (che si concluderà domenica prossima
con la solennità di Cristo re) ecco perché la Parola di questa domenica ci
invita a guardare la realtà presente della nostra vita avendo come orizzonte le
“realtà ultime”.
«… quando dunque
accadranno queste cose e quale sarà il segno …? Badate di non lasciarvi
ingannare …» Oggi il Maestro ci invita a non preoccuparci di “quando” verrà
il giorno del Signore, ciò che è fondamentale è vivere ogni giorno in modo da
essere trovati pronti. Gesù, infatti, ci mette in guardia dai “falsi profeti”,
da coloro che per guadagno ci “predicono il futuro”. Il nostro futuro lo
costruiamo ogni giorno collaborando al progetto d’amore che il Padre ha per noi
(o, per nostra rovina, discostandoci da esso). Cercare di conoscere/controllare
il futuro con la magia e con gli oroscopi è una grave mancanza di Fede incompatibile
con il nostro essere cristiani, discepoli di Cristo, figli nel Figlio. Gesù ci
invita anche a diffidare da profezie millenaristiche, messaggi autoreferenziali
(«Sono io») e segni grandiosi
dal Cielo che starebbero ad indicare come ormai prossima fine del mondo.
Ciò che è importante non è “quando” verrà il giorno del
Signore, ma “come” oggi io vivo in preparazione ad esso. Nella prima lettura,
il messaggio del profeta Malachia assume toni minacciosi per tutti coloro che
con superbia non tengono conto del giudizio di Dio e commettono ogni sorta di
ingiustizia. Verrà il giorno del Signore e costoro, che si pensavano al di
sopra di ogni giudizio, dovranno rendere conto della loro vita. Per quanti,
invece, riconoscono la Signoria di Dio sulla loro vita e vivono protesi verso
il suo Regno, quel giorno verrà come il compimento della loro Speranza.
«Verranno giorni nei
quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà
distrutta». Oggi il Maestro invita i suoi a relativizzare le realtà
terrene. È costante per l’uomo la tentazione di “farsi da se”, di idolatrare il
proprio lavoro quasi che esso debba dargli la Vita. Gesù, però, ci ricorda che
la nostra Vita (la nostra salvezza) non dipende da ciò che siamo capaci di
realizzare: passa la scena di questo mondo e non sarà lasciata pietra su
pietra che non sarà distrutta. Ciò che conta, quindi, non è tanto ciò che
abbiamo realizzato, ma il motivo per cui lo abbiamo realizzato, l’orientamento
che abbiamo dato alla nostra vita. In questa prospettiva trova posto anche la
persecuzione. Una conseguenza inevitabile se ci facciamo testimoni della logica
evangelica, una logica diversa da quella del mondo e che il mondo non può
accogliere. In questa prospettiva, in fine, anche “la grazia di lavorare”,
usando l’espressione di S. Francesco, trova la sua giusta collocazione come
collaborazione all’opera creatrice di Dio e condizione in cui giungere alla
piena realizzazione della nostra vita: la santità (cfr. Gaudium et
Spes 67 e Lumen Gentium 41).
Alla tentazione di salvarsi la vita con il proprio lavoro e
con i beni di questo mondo (una tentazione attualissima), San Paolo, nella
seconda lettura, ne affianca una opposta: la tentazione di non lavorare e di
attendere passivamente il giorno del Signore. A Tessalonica, probabilmente, la
comunità cristiana, o alcuni suoi membri, era caduta in questo inganno.
L’Apostolo, prima con il suo esempio e poi con il suo insegnamento, ribadisce
la dignità, il senso e la necessità del lavoro.
Non preoccupiamoci, allora, del quando sarà il giorno del Signore;
preoccupiamoci piuttosto di come ci troverà quel giorno: indaffarati
nelle nostre cose e dimentichi di Lui, intenti a gozzovigliare oppure
perseveranti nella fede, occupati nel lavoro che Lui ci ha assegnato e tutti
protesi verso l’incontro?
Fr. Marco.
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