mercoledì 16 novembre 2022

Santa Elisabetta d’Ungheria, prega per noi.

«La donna veramente vedova e che sia rimasta sola, ha riposto la speranza in Dio e si consacra all'orazione e alla preghiera giorno e notte; al contrario quella che si dà ai piaceri, anche se vive, è già morta.» (1 Tm 5,3-10)

 «Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me». (Mt 25,31-40)

 La contemplazione della figura di santa Elisabetta d’Ungheria ci ha mostrato in questi giorni del triduo come la nostra santa seppe amare autenticamente Dio e per questo seppe amare i fratelli. È questo il primo e più grande comandamento (Cfr. Mt 22,36-39) e ciò che il Maestro chiede ai suoi discepoli: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35-35).

La Vita di Santa Elisabetta ci mostra come questo amore per Dio e per i fratelli non tolga nulla alla nostra vita, anzi la renda Piena, e come non ci ostacoli nell’adempimento dei doveri del nostro stato, ma ci aiuti a viverli portando frutti di vita eterna. Elisabetta ama realmente il suo Signore al di sopra di tutto e tutti ed è da quest’amore che scaturisce la capacità di donare amore a tutti coloro che aveva accanto. Proprio perché vive la profonda intimità con Dio, proprio perché Dio è il suo tutto e percepisce profondamente l’amore di Dio per lei, Elisabetta è configurata a Cristo diventando manifestazione dell’amore di Dio per i fratelli.

Vorrei, inoltre, sottolineare come la Carità che ci richiede oggi la pagina di vangelo non sia “pelosa”, interessata: i giusti cui viene rivolta la lode si meravigliano che il Re consideri fatti a sé i gesti d’autentico amore che loro hanno compiuto; non cercavano di “meritarsi il paradiso”, ma amavano i fratelli come se stessi e come essi si sono sentiti amati da Dio. È questo amore autentico che Santa Elisabetta ci addita con il suo esempio.

Come dicevamo ieri, Elisabetta a corte è stata considerata pazza. E lo è davvero: è pazza d’amore, di quella pazzia che il mondo non può comprendere, di quella stessa pazzia di cui fu accusato S. Francesco, ma che prima era stata del nostro Maestro e Signore.

Elisabetta è pazza d’amore e pur non lasciandoci nulla di scritto, con la sua stessa vita ci insegna a vivere il vangelo.

Elisabetta seppe perdere la vita per seguire Gesù (cfr. Mc 8,34-35): dimentica di sé, dei suoi stessi bisogni e della sua “rispettabilità” si diede tutta al Signore nella penitenza e nella carità fino a consumarsi all’età di 24 anni. Non ha sprecato la vita, ma l’ha vissuta pienamente e adesso gode di quella pienezza di vita che il mondo non conosce.

Desiderosa di seguire il suo Maestro e Signore, Elisabetta seppe lasciare tutto ciò che aveva, tutte le sue sicurezze materiali, consapevole che solo il Signore è capace di darci ciò di cui abbiamo veramente bisogno: il Suo Amore. Tutto il resto è utile e buono purché Lui sia il centro della nostra vita. Se al contrario Dio è assente nella nostra vita, non ci saranno ricchezze sufficienti a saziarci, nulla riuscirà a riempire il vuoto dentro di noi.

La forza interiore di Santa Elisabetta, però, trae origine dalla sua preghiera: intenso e continuo dialogo amoroso di un cuore di figlia con il Cuore del Padre. Da qui la necessità di un amore fattivo che diventa servizio ai bisognosi e sofferenti: alle sue ancelle e compagne diceva: «Dobbiamo rendere felici le persone». La vita di Santa Elisabetta si pone oggi a noi come una lezione affinché tutti possiamo imitarla. Santa Elisabetta d’Ungheria, prega per noi.

Fr. Marco

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