martedì 15 novembre 2022

Terzo giorno del Triduo - ELISABETTA PRINCIPESSA E PENITENTE MISERICORDIOSA

La pagina evangelica di oggi (Lc 19,11-28) ci esorta, tra le altre cose, a fare fruttare i “talenti”, i doni, che il Signore ci ha affidati. Anche in questo Santa Elisabetta d’Ungheria ci è modello. Come dicevamo ieri, Elisabetta già predisposta ai valori dello spirito venne introdotta da Fra Ruggero alla vita di penitenza secondo la spiritualità francescana; le fonti ci testimoniano due “professioni” di S. Elisabetta: una fatta da Principessa essendo ancora in vita il marito; l’altra fatta quando, ormai vedova, decide di dedicare il resto della sua via alla penitenza.

Già con la prima professione Elisabetta entrava nell’Ordine della Penitenza, ma vi entrava come Principessa e Langravia: non era raro che nobili, uomini e donne, entrassero in quest’ordine, pur senza abbandonare il loro ruolo sociale. Questa prima professione avvenne nelle mani di Corrado di Marburgo un visitatore e predicatore della crociata che Elisabetta scelse, d’accordo col marito, perché povero e austero. Non è certo che Corrado fosse un frate (il capitolo XII della RnB sembra anzi escludere questa possibilità: i frati non potevano ricevere donne all’obbedienza, ma solo consigliarle), ma sicuramente seppe ben guidare la novella Penitente sulla via che il Signore aveva tracciato per lei.

Con la Principessa professarono anche tre ancelle costituendo così una piccola fraternità guidata dal visitatore Corrado. Elisabetta, in questo periodo, pur dandosi alla penitenza ed esercitandosi nella carità, continua a svolgere il suo ruolo regale e, in assenza del marito, anche a governare.

È probabilmente in questo periodo che si deve collocare il gesto di vuotare i granai della contea per far fronte ai bisogni dei poveri in un periodo di carestia. Ed è probabilmente sempre in questo periodo che possiamo collocare il miracolo delle rose: mentre Elisabetta andava per la strada con il suo grembiule pieno di pane per i poveri, incontrò il marito o, più probabilmente, il cognato che le chiese cosa stesse portando. Lei aprì il grembiule e, invece del pane, comparvero magnifiche rose. Il Signore concesse così a Elisabetta di sfuggire temporaneamente alle ire della corte che sicuramente ha qualche difficoltà a comprendere le follie d’amore della Principessa penitente ormai da loro considerata una pazza.

Ciò nonostante Elisabetta non si fa fermare nei suoi slanci di carità e mette tutte le sue risorse al sevizio dei bisognosi: è in questo periodo che la Principessa contribuisce alla fondazione degli ospedali  di Eisenach e Gotha in cui presta servizio con le sue mani arrivando persino a baciare le piaghe di un lebbroso. Più tardi, rimasta ormai vedova la principessa fonderà l’ospedale di Marburg che dedicherà al neo canonizzato S. Francesco.

La seconda professione testimoniata dalle fonti è quella che avviene il venerdì santo del 1228 (24 marzo) quando, ormai vedova, Elisabetta pone le mani sull’altare spoglio, nella cappella di Eisenach che lei stessa aveva affidato alla cura dei frati, consacrandosi alla vita da penitente in cui, abbandonato il castello (o cacciata da esso), si dedica esclusivamente al servizio di Dio e dei fratelli lavorando con le sue stesse mani: a questo scopo imparerà a filare la lana e a cucire vestiti che le serviranno per guadagnarsi il pane e per aiutare i poveri.

Anche in questa seconda professione le sue tre ancelle e compagne la seguirono e le quattro penitenti, indossato un abito grigio, si impegnavano a testimoniare ai fratelli l’amore e la misericordia di Dio: lavoravano con le loro mani e visitavano le case dei poveri provvedendo ai loro bisogni. Elisabetta seppe senza dubbio coordinare le due dimensioni della vita spirituale l’azione caritativa e la contemplazione dell’amore di Dio senza la quale la prima è destinata ad estinguersi.

Nessun commento:

Posta un commento