sabato 10 ottobre 2020

Ecco, ho preparato il mio pranzo; venite alle nozze!


«Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati.» (Is 25,6-10)

«Tutto posso in colui che mi dà la forza. … Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù.» (Fil 4, 12-14.19-20)

«Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.» (Mt 22,1-14)

La Parola di Dio della XXVIII domenica del tempo ordinario ci fa contemplare il Regno dei Cieli attraverso l’immagine del Banchetto. Il Padre ha preparato per noi un banchetto di grasse vivande, vuole saziare ogni nostro appetito con “cose” gustose e nutrienti, ci chiede soltanto di accogliere il suo invito per fare festa con Lui.

La pagina evangelica, ci mostra Gesù che, raccontando la “parabola del banchetto nuziale”, con l’immagine degli invitati che non si curano dell’invito e addirittura uccidono i servi, si sta rivolgendo principalmente ai rappresentanti del Popolo dell’Alleanza, i primi invitati a prendere parte a questa festa, che hanno però smarrito il senso del culto e che, pur avendo in mezzo a loro lo Sposo, il Messia atteso, non vogliono riconoscerlo: sono troppo impegnati a praticare la loro “giustizia”, per potere accogliere l’amore di Dio!

La seconda scena della parabola si apre all’universalità: vengono invitati alla festa tutti gli uomini, cattivi e buoni. Nessuno è escluso, ciò che rende “degni” gli invitati sarà solo l’avere accolto l’invito.

Nella terza scena della parabola, in fine, il Maestro si sofferma su un invitato particolare: un uomo che non indossa l’abito della festa e che per questo viene rimproverato dal Padrone di casa. Per comprendere questa scena, va tenuto presente che in Oriente chi invitava ad una festa solenne, insieme all’invito mandava anche l’abito con cui onorare la festa. Forse è retaggio di quest’uso - che in alcune parti del mondo è ancora attuale - il fatto che quando il Papa o il Vescovo di una Diocesi invitano a qualche celebrazione particolarmente solenne, regalano ai concelebranti i paramenti da indossare. L’uomo della parabola, quindi, ha ricevuto l’abito nuziale; il Padrone di casa glielo ha donato. Se quest’uomo non lo indossa è, probabilmente, perché non ha preso sul serio la solennità dell’invito. Si tratta, dunque, di un grave affronto che giustifica la durezza della punizione: l’esclusione dal banchetto.

Fuori di parabola, oggi il Signore sta parlando a noi. Siamo noi, la Chiesa, il Popolo della Nuova Alleanza, gli invitati. Il Signore viene a ricordarci che siamo invitati ad un Banchetto, che vuole fare festa con noi. Troppo spesso, però, abbiamo rifiutato l’invito perché troppo impegnati nelle nostre cose. Troppo spesso abbiamo detto al Signore che non abbiamo tempo per Lui. Troppo spesso la Chiesa che invita al banchetto è stata messa a tacere proprio da quelle popolazioni che si vantano delle loro radici cristiane. Non è raro, infatti, che la “gente di fuori”, i “lontani” siano più pronti di noi battezzati ad accogliere l’invito e così rendersi degni del Banchetto.

Il Signore ancora oggi ci invita a ravvederci. Accogliamo l’invito alla festa. Ricordiamoci che non possiamo avere da fare nulla di più importante che entrare nel Banchetto Celeste.

Per entrare al Banchetto, però, anche noi siamo chiamati ad indossare l’abito nuziale che il Padre ci ha donato il giorno del nostro Battesimo quando siamo stati rivestiti di Cristo. Così ci viene ricordato dal rito del Battesimo: «… sei diventato  nuova creatura, e ti sei rivestito  di Cristo. Questa veste bianca sia segno della tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza macchia per la vita eterna.» Curiamo sempre la nostra conformità a Cristo: è un dono di cui siamo tenuti a prenderci cura.

Nutriti dalla Parola e dai sacramenti, impegniamoci per fare emergere nella nostra vita l’immagine del Figlio che il Padre ha impresso in noi; solo così potremo prendere parte alla “festa eterna”, alla Vita Piena che il Padre ha preparato per noi fin dall’eternità.

Fr. Marco. 

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