«Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera
apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui.»
(Lv 19,1-2. 17-18)
«Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo
mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo
mondo è stoltezza davanti a Dio.» (1Cor 3,16-23)
«… amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano,
affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; … se amate quelli che vi
amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date
il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non
fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre
vostro celeste». (Mt 5,38-48)
Domenica scorsa la Parola ci
ammoniva: «se la vostra giustizia non
supererà quella di scribi e farisei, non entrerete nel Regno dei cieli» (Mt
5,20). Questa domenica, settima del Tempo ordinario, si spinge oltre: «siate perfetti come è perfetto il Padre
vostro celeste»!
Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano. Misura
di questa perfezione è la capacità di amare anche il nemico, di non opporre
violenza alla violenza. Diciamolo chiaramente: per molti di noi ciò è
assurdo, impossibile. Per tanti di noi comportarsi come chiede questa pagina
evangelica è pazzia, “stoltezza”. Nella seconda lettura, però, San Paolo ci ha
messi in guardia: Se qualcuno tra
voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare
sapiente. Ciò che per il mondo è stoltezza, è sapienza per Dio.
La vera “stoltezza”, la pazzia, è
pensare di potere sconfiggere il male con il male, la violenza con la violenza.
La “sapienza del mondo” ci insegna ad agire così. Dove porti questo modo di fare
è cronaca quotidiana: guerre fra Stati; faide interminabili tra famiglie i cui
membri si odiano quasi senza più ricordarne il motivo; famiglie disgregate al
loro interno … Oggi Gesù ci invita convertirci, a cambiare mentalità, ad
assumere il punto di vista del Padre; ci invita ad accogliere il perdono del
Padre e ad imparare a perdonare a nostra volta.
Se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche
l’altra. Il Maestro oggi ci chiede di non opporre male a male, ma di
“dare un taglio” ai motivi di contesa. Porgere l’altra guancia a chi ti ha
colpito non significa solo e principalmente farsi colpire ancora; significa
soprattutto relazionarsi con il fratello o con la sorella, in modo nuovo, dandogli
una nuova possibilità. Il fratello che mi colpisce lascia il segno sulla mia
guancia. A questo punto (come spesso facciamo) possiamo relazionarci con
lui/lei dicendo “guarda cosa mi hai fatto”; oppure possiamo “mostrare l’altra
guancia” cioè cercare di recuperare la relazione partendo dalla guancia non
segnata, senza cercare soddisfazione al nostro io offeso. Ciò non significa
essere passivi e conniventi di fronte all’ingiustizia e al male, la prima
lettura, infatti, afferma l’esigenza di rimproverare apertamente chi
sbaglia. Porgere l’altra guancia
significa cercare quella giustizia superiore necessaria per entrare nel Regno,
una giustizia che salvi il fratello.
Amate i vostri nemici. È un’esigenza evangelica altissima, ma
irrinunciabile. Vale la pena, tuttavia, soffermarci un attimo sul “tipo di
amore” che Gesù ci chiede. Il Vangelo usa qui il verbo greco agapao per indicare l’amore da
donare al nemico. Sappiamo che il greco conosce almeno tre verbi per esprimere
l’amore: erao (da cui eros)
è “l’amore passionale”, di chi “ha bisogno dell’altro”; fileo esprime un amore più
paritario, l’amore/amicizia in cui il soggetto porta l’altro nella propria
intimità; il verbo agapao,
infine, esprime un amore “centrifugo”, l’amore con cui ci ama Dio, cioè un
amore in cui il soggetto dona o si dona. Comprendere questa prospettiva, se in
un certo senso può confortarci (non si tratta di portare il nemico nella nostra
intimità- non viene usato il verbo fileo),
ci dà anche la giusta misura dell’amore: si tratta di non chiudere il cuore, di
donare anche al nemico; siamo chiamati ad imitare il modo con cui Dio ci ama:
facendo piovere la sua misericordia sui giusti e sugli ingiusti, arrivando a
donare tutto se stesso fino alla morte senza chiedere nulla in cambio.
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. Oggi
Gesù ci esorta ad imparare dal Padre la perfezione dell’Amore misericordioso,
che mai si chiude all’altro e sempre dà la possibilità di risollevarsi dalla
propria miseria, di ricominciare. Oggi il maestro ci invita a perdonare coloro
che ci hanno fatto del male. Pregando il Padre Nostro, diciamo: “rimetti a noi i nostri debiti, come noi
li rimettiamo ai nostri debitori”. Gesù, nel Vangelo di Mt, sottolinea
questa equivalenza affermando «Se
voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste
perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il
Padre vostro perdonerà le vostre colpe.» (Mt 6, 14-15): se (e come)
perdoniamo, saremo perdonati. Rendiamoci disponibili, allora, ad accogliere il
Perdono del Padre, imparando da lui l’amore misericordioso.
Fr. Marco.
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