«Ecco, io manderò un
mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio
il Signore che voi cercate; … Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il
fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai.» (Ml 3,1-4)
«… doveva rendersi in
tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e
degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati
del popolo.» (Eb 2,14-18)
«Ecco, egli è qui per
la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione
– e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i
pensieri di molti cuori». (Lc 2, 22-40)
Questa domenica celebriamo la festa della presentazione del
Signore al Tempio. Questa festa si svolgeva già a Gerusalemme nel IV secolo con
il nome greco di Hypapante,
“festa dell’incontro”. Celebra l’incontro tra la “profezia” rappresentata dal
vecchio Simeone, e il suo compimento, il Cristo; tra il popolo redento,
rappresentato dalla profetessa Anna, e il Redentore.
È una festa che “fa da ponte” tra il Natale, cui è legata per i quaranta giorni
trascorsi (periodo rituale dopo il quale la donna che aveva partorito poteva entrare
nel Tempio) e la Pasqua, richiamata dalle parole del santo Simeone.
«Ogni maschio primogenito
sarà sacro al Signore» Il santo Simeone, guidato dallo Spirito, riconosce
in quel bambino che viene portato al Tempio per presentarlo al Signore, il
Salvatore del mondo e lo addita come “segno di contraddizione”: è lui il
discrimine. Il criterio con cui il mondo verrà giudicato è il modo in cui avrà
accolto il Signore che viene. Soltanto accogliendo il Cristo come nostro
Signore, Egli sarà per noi risurrezione e vita. Tale accoglienza, però, non può
avvenire solo a parole (“non chi dice Signore, Signore …”), ma deve
esprimersi in una vita vissuta nella Signoria di Cristo, in obbedienza alla Sua
volontà.
Quest’oggi è anche la giornata della vita consacrata, il
giorno dedicato a quanti hanno risposto alla chiamata del Signore ad una vita
consacrata in maniera particolare ed esclusiva a Lui. Se dico “in maniera particolare ed esclusiva” è perché
tutti i battezzati siamo in realtà consacrati al Signore, conformati a Lui,
innestati in Lui. Alcuni battezzati, però, siamo chiamati a vivere questa
consacrazione in maniera più radicale dedicandoci esclusivamente alla causa del
Regno per essere così, in maniera, particolare portatori della luce di Cristo
ai fratelli (il modo in cui riesco
realmente a vivere questa missione, lo affido alla misericordia del Signore. NdR).
Il simbolo delle candele, infatti, richiama da vicino il
Cristo risorto (di cui il cero Pasquale è il simbolo per eccellenza) in cui
anche noi, battezzati, siamo risorti. Al nostro battesimo abbiamo ricevuto una
candela accesa al cero Pasquale: è il simbolo della Fede alla luce della quale
siamo chiamati a vivere. Tale Fede è una luce che non possiamo “mettere sotto
il moggio”, che non possiamo nascondere. Una luce della quale siamo
responsabili, che dobbiamo alimentare con la grazia dei sacramenti e l’ascolto
assiduo della Parola, perché non si spenga. Come Cristo, “luce delle genti” e
“segno di contraddizione”, anche noi siamo chiamati a “non conformarci alla
mentalità di questo mondo” (Cfr. Rm 12) per portare, ai fratelli che sono nelle
tenebre, la luce di Cristo.
«Gesù disse di essere
venuto a portare il fuoco sulla terra (Lc. 12, 49); non era, certo, il fuoco
materiale che brucia e che distrugge, ma il fuoco che riscalda: l’amore. Esso
doveva operare il grande disgelo del mondo attanagliato dal gelo dell’egoismo e
dell’odio. […] La luce che ci ha affidato era, dunque, null’altro che il
precetto dell’amore: Amatevi gli uni gli altri; amate anche i vostri nemici. È
questa la luce che dobbiamo portare con noi, ogni volta di nuovo, dalla chiesa,
per far luce “a tutti quelli che sono nella casa”, a quelli con cui viviamo la
nostra giornata. È, in senso evangelico, una luce posta sul candelabro il
cristiano che si sforza di essere comprensivo con le persone, a cominciare
dalle più vicine, che non ha parole amare di critica e di disapprovazione per
tutti, che sa incoraggiare un piccolo sforzo di bene negli altri.» (P.
Raniero Cantalamessa)
Auguri, dunque, a tutti noi consacrati nel battesimo: che la luce dell’Amore
che Cristo ha acceso nei nostri cuori possa ardere in noi ed essere luce che
purifica la nostra vita e illumina e riscalda la vita dei nostri fratelli.
Fr. Marco
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