sabato 1 febbraio 2020

Entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate

«Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; … Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai.» (Ml 3,1-4)

«… doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo.» (Eb 2,14-18)

«Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». (Lc 2, 22-40)

Questa domenica celebriamo la festa della presentazione del Signore al Tempio. Questa festa si svolgeva già a Gerusalemme nel IV secolo con il nome greco di Hypapante, “festa dell’incontro”. Celebra l’incontro tra la “profezia” rappresentata dal vecchio Simeone, e il suo compimento, il Cristo; tra il popolo redento, rappresentato dalla profetessa Anna, e il Redentore.

È una festa che “fa da ponte” tra il Natale, cui è legata per i quaranta giorni trascorsi (periodo rituale dopo il quale la donna che aveva partorito poteva entrare nel Tempio) e la Pasqua, richiamata dalle parole del santo Simeone.

«Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» Il santo Simeone, guidato dallo Spirito, riconosce in quel bambino che viene portato al Tempio per presentarlo al Signore, il Salvatore del mondo e lo addita come “segno di contraddizione”: è lui il discrimine. Il criterio con cui il mondo verrà giudicato è il modo in cui avrà accolto il Signore che viene. Soltanto accogliendo il Cristo come nostro Signore, Egli sarà per noi risurrezione e vita. Tale accoglienza, però, non può avvenire solo a parole (“non chi dice Signore, Signore …”), ma deve esprimersi in una vita vissuta nella Signoria di Cristo, in obbedienza alla Sua volontà.
Quest’oggi è anche la giornata della vita consacrata, il giorno dedicato a quanti hanno risposto alla chiamata del Signore ad una vita consacrata in maniera particolare ed esclusiva a Lui. Se dico  “in maniera particolare ed esclusiva” è perché tutti i battezzati siamo in realtà consacrati al Signore, conformati a Lui, innestati in Lui. Alcuni battezzati, però, siamo chiamati a vivere questa consacrazione in maniera più radicale dedicandoci esclusivamente alla causa del Regno per essere così, in maniera, particolare portatori della luce di Cristo ai fratelli (il modo in cui riesco realmente a vivere questa missione, lo affido alla misericordia del Signore. NdR).
Il simbolo delle candele, infatti, richiama da vicino il Cristo risorto (di cui il cero Pasquale è il simbolo per eccellenza) in cui anche noi, battezzati, siamo risorti. Al nostro battesimo abbiamo ricevuto una candela accesa al cero Pasquale: è il simbolo della Fede alla luce della quale siamo chiamati a vivere. Tale Fede è una luce che non possiamo “mettere sotto il moggio”, che non possiamo nascondere. Una luce della quale siamo responsabili, che dobbiamo alimentare con la grazia dei sacramenti e l’ascolto assiduo della Parola, perché non si spenga. Come Cristo, “luce delle genti” e “segno di contraddizione”, anche noi siamo chiamati a “non conformarci alla mentalità di questo mondo” (Cfr. Rm 12) per portare, ai fratelli che sono nelle tenebre, la luce di Cristo.
«Gesù disse di essere venuto a portare il fuoco sulla terra (Lc. 12, 49); non era, certo, il fuoco materiale che brucia e che distrugge, ma il fuoco che riscalda: l’amore. Esso doveva operare il grande disgelo del mondo attanagliato dal gelo dell’egoismo e dell’odio. […] La luce che ci ha affidato era, dunque, null’altro che il precetto dell’amore: Amatevi gli uni gli altri; amate anche i vostri nemici. È questa la luce che dobbiamo portare con noi, ogni volta di nuovo, dalla chiesa, per far luce “a tutti quelli che sono nella casa”, a quelli con cui viviamo la nostra giornata. È, in senso evangelico, una luce posta sul candelabro il cristiano che si sforza di essere comprensivo con le persone, a cominciare dalle più vicine, che non ha parole amare di critica e di disapprovazione per tutti, che sa incoraggiare un piccolo sforzo di bene negli altri.» (P. Raniero Cantalamessa)
Auguri, dunque, a tutti noi consacrati nel battesimo: che la luce dell’Amore che Cristo ha acceso nei nostri cuori possa ardere in noi ed essere luce che purifica la nostra vita e illumina e riscalda la vita dei nostri fratelli.

Fr. Marco

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