sabato 29 febbraio 2020

Nel deserto per essere tentato


«… Ma il serpente disse alla donna: “Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male”. Allora la donna … prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi» (Gen 2, 7-9. 3, 1-7)

«Fratelli, … se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.» (Rm 5, 12-19)

« … “Se tu sei Figlio di Dio, … “Sta scritto …”. … Allora Gesù gli rispose: “Vattene, satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”. Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.» (Mt 4, 1-11)

La Parola di Dio della prima domenica di quaresima ci presenta la realtà della tentazione e del peccato perché, con Cristo, possiamo uscirne vittoriosi. 
La prima lettura, tratta dal libro della Genesi, infatti, ci presenta la radice di ogni peccato: il sospetto su Dio, il dubbio che veramente Dio ami l’uomo. È questo ciò che il serpente insinua affermando: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». È “l’anti parola”, la menzogna secondo la quale Dio, non volendo la piena realizzazione dell’uomo, avrebbe mentito. Disobbedendo a Dio, però l’uomo scopre che ad avere mentito non è Dio, bensì il serpente, padre della menzogna. Il frutto della disobbedienza, infatti, è tutt’altro che l’essere come Dio: «Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi». Slegato dal vitale rapporto con il suo Creatore, l’uomo scopre drammaticamente la propria “nudità”, il proprio essere “limitato” e, non riuscendo più a guardare al Padre con fiducia, sperimenta la paura.
Il racconto del peccato delle origini ci mostra pure il “fascino del peccato”, l’attrattiva che esercita su di noi: buono da mangiaregradevoledesiderabile per acquistare saggezza. È quello che S. Giovanni nella sua prima lettera chiama: «la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita» (1Gv 2,16). Dopo la disobbedienza, l’uomo scopre di non essere libero, ma schiavo dei propri bisogni: i bisogni fisici, della “carne”; il bisogno di apparire; il bisogno di potere. Tutti gli uomini siamo soggetti a queste tentazioni, e, come ci dice oggi S. Paolo, tutti abbiamo peccato. Il peccato delle origini, la prima ribellione, è come un pugno di neve che si stacca dalla montagna; ad esso, lungo la caduta, si aggiunge altra neve (i nostri peccati) diventando una valanga. Un processo inarrestabile cui solo Gesù può porre fine.
Con la sua opera redentrice, infatti, Gesù ristabilisce il vitale rapporto con il Padre che è l’unica via per resistere alla tentazione. È questo il senso delle risposte che dà a satana nella pagina evangelica. Tre risposte che possiamo sintetizzare in tre fondamentali atteggiamenti da assumere.
Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Il primo atteggiamento che ci viene raccomandato potremmo chiamarlo “povertà”, riconoscimento della nostra dipendenza: la consapevolezza, cioè, che l’unica cosa veramente necessaria e di cui non possiamo fare a meno è la relazione con il Padre dal quale viene la nostra vita.
Non metterai alla prova il Signore Dio tuo. Il secondo atteggiamento è “l’umiltà”, cioè lo “stare al proprio posto” davanti a Dio, senza metterlo alla prova e senza pretendere di “insegnargli a fare Dio”, ma fidandoci di Lui e della Sua volontà.
Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto. Il terzo atteggiamento, infine è la “purezza di cuore” cui è legata beatitudine (Cfr. Mt 5,8), avere, cioè, un cuore “uno”, non diviso, tutto rivolto al Padre e che, quindi non ha spazio per gli idoli che promettono una felicità che non possono dare.
Il tempo di quaresima appena iniziato è per noi come il deserto percorso da Israele e  nel quale Gesù è stato condotto subito dopo il battesimo: il luogo in cui mettersi in dialogo con Dio per scoprire, come direbbe S. Francesco, «Chi sei tu? e chi sono io?» (Cfr. FF 1915). Anche noi siamo invitati ad una più intima relazione con il Padre per scoprire cosa abbiamo nel cuore e purificare il nostro rapporto con Lui. Fuggiamo la tentazione che nasce dal dubbio e dalla paura, e fidiamoci del Padre che solo può saziare la nostra fame di Vita e felicità.
Fr. Marco.

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