sabato 11 agosto 2018

Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo


«“Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri”. Si coricò e si addormentò sotto la ginestra. Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: “Àlzati, mangia!” … Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio» (1Re 19,4-8)

«Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi» (Ef 4,30-5,2)

«Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me … In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna … Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,41-51)

In questa XIX domenica del Tempo Ordinario continua il “discorso sul pane” cominciato domenica scorsa: Gesù, rispondendo alla mormorazione dei giudei che non comprendono le sue parole e sono scandalizzati dalla sua umanità, arriva ad affermare non solo che lui ci dà il Pane dal Cielo, ma anche che Lui è il Pane dal Cielo perché il Pane del Cielo è la sua Carne.
Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”? Anche oggi, forse più di allora, c’è chi vorrebbe “racchiudere” Gesù nella sua sola umanità. Al massimo si arriva a considerarlo un profeta o un maestro che ci insegna come “salvarci da soli”, alla stregua degli illuminati maestri orientali, ma negando in tal modo il Suo ruolo di Salvatore e stravolgendo il Suo messaggio.
Sicuramente Gesù è il Maestro e noi siamo chiamati a imparare da Lui, a farci suoi imitatori (II lettura); ma è anche il Salvatore, colui senza il quale non possiamo fare nulla (Cfr. Gv 15, 5). È capitato certamente anche a ciascuno di noi, infatti, come ad Elia, di sperimentare la pochezza delle proprie forze dinanzi l’altezza delle esigenze evangeliche. Sicuramente anche per noi c’è stato un momento in cui abbiamo esclamato: «Basta! Non ce la faccio!». È a questo punto che il diavolo, il “principe di questo mondo”, che vuole convincerci che noi siamo il “centro del mondo”, la “misura della verità”, tenta di convincerci che non sono le nostre forze ad essere insufficienti, ma le esigenze ad essere eccessive: «Come si può donare sempre con generosità? Essere sempre benevoli con gli altri anche quando non corrispondono alle nostre attese? Amare tutti con un amore disponibile al servizio gratuito e disinteressato? Come si può perdonare chi ci ha fatto del male? … è follia!». E così, pur chiamati a partecipare della vera Vita che dura per l’eternità, ci accontentiamo di una vita spesso meno che mediocre …
Àlzati, mangia! Gesù conosce la nostra debolezza, sa che abbiamo bisogno di Lui per alzarci dalla nostra mediocrità, vivere la Vita vera dei figli di Dio e camminare verso la piena manifestazione del Suo Regno, per questo viene a donarci Sé stesso come pane; ci dona il Suo Spirito perché possiamo riconoscere il Padre e, animati da sentimenti filiali, realizzare la nostra Vita secondo il Suo progetto d’amore e giungere così alla Felicità.
Solo con la Sua forza in noi potremo liberamente scegliere di non “rattristare lo Spirito Santo di Dio”. Una libertà terribile che non ci esonera dalla fatica del cammino e che implica la possibilità di volgere le spalle alla vera Vita.
Guidati da Maria santissima, accogliamo l’invito della Parola, riconosciamo nel nostro Maestro Gesù Cristo il nostro Signore e Salvatore e accogliendolo nel nostro cuore, impariamo a fare della nostra vita un’offerta d’amore a Lui e ai fratelli.
fr. Marco

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