martedì 1 ottobre 2024
San Francesco e SantaTeresa di Gesù Bambino
Nel capitolo ottavo della Teologia di Teresa di Lisieux, inserita nella Informatio per il Dottorato della Santa, al paragrafo: La scienza dei Santi (pp. 212-13), si prende lo spunto da uno scritto del neo-Dottore per stabilire un confronto tra i santi: Francesco d’Assisi, Tommaso d’Aquino e Teresa di Lisieux.«Teresa abbina spontaneamente Francesco, il “poverello” d’Assisi, e Tommaso, il grande Dottore, figlio di san Domenico, come rappresentanti di questa scienza divina. Già Dante, nel suo Paradiso (canto XI), aveva stabilito lo stesso paradossale accostamento,facendo pronunciare l’elogio di san Francesco da san Tommaso, e ciò al fine di dimostrare non soltanto il loro accordo, ma più profondamente ancora l’omaggio della scienza di san Tommaso che s’inchina davanti alla scienza ancora più alta di san Francesco. La stessa verità era già stata espressa da san Bonaventura, il grande Dottore francescano, contemporaneo san Tommaso e con lui eminente rappresentante della teologia universitaria. Bonaventura, in effetti, non esita a parlare della “scienza” e della “’teologia” dei Maestri dell’università (cfr. Vita san Francesco, cap. 11 n. 2).
Tutto ciò dimostra come Francesco, il più grande santo del Medio Evo è stato pure riconosciuto come il più grande teologo del Medio Evo. Lo stesso vale per Teresa: Colei che san Pio X aveva definito “la più grande santa dei tempi moderni” non sarà lei pure riconosciuta come la più grande teologa dei tempi moderni?
L’accostamento tra Francesco e Teresa è chiarissimo, tra la povertà di Francesco e la piccolezza di Teresa che sono il più limpido specchio di Gesù e del suo Amore, limpida trasparenza del Vangelo. Il “poverello” e la “piccola santa” sono i testimoni della più alta “ricerca teologica” che non è anzitutto ricerca sul mistero, ma ricerca del Mistero. È così che Francesco e Teresa “riflettono” il mistero di Gesù con il limpido specchio della loro vita. Attraverso Francesco come attraverso Teresa non si vede altro che Gesù, il Vangelo di Gesù, l’Amore di Gesù. Tale è la stessa caratteristica fondamentale della loro santità, della loro influenza sul mondo intero, al di là di ogni frontiera culturale e religiosa. Francesco e Teresa illustrano entrambi il grande paradosso del Vangelo secondo il quale i più piccoli sono i più grandi nel Regno dei Cieli (cfr. Mt 18, 4). La loro suprema grandezza è proporzionale alla loro estrema piccolezza e povertà. Francesco e Teresa hanno fondamentalmente lo stesso modo di interpretare il Vangelo, vivendolo pienamente nella più intima comunione con Gesù. Lungi dall’essere ingenua, una tale interpretazione del Vangelo, nell’amore di Gesù rappresenta il massimo dell’ermeneutica ecclesiale; essa non si oppone per niente allo studio scientifico del testo sacro, poiché Teresa stessa avrebbe voluto conoscere il greco e l’ebraico per approfondire meglio la Sacra Scrittura. Interpretando così il Vangelo nella sua totalità, cioè inseparabilmente nello Spirito e nella lettera, Francesco e Teresa offrono come una “rappresentazione” vivente di Gesù, non tanto esteriore come potrebbero fare gli attori, ma interiore, nello Spirito stesso di Gesù. E’ così che leggendo il Vangelo, Teresa “respira i profumi della vita di Gesù” (Ms C. 30 v°).
Così, per Teresa come per Francesco, è tutta la vita che diventa teologia, inserendosi nel Vangelo, in tal modo che i loro scritti sono un puro riflesso del testo evangelico, di cui assorbono la stessa forma narrativa. È vero per i brevi scritti di Francesco e delle sue prime biografie; è altrettanto vero per gli scritti più numerosi di Teresa, i quali, nell’ambito dei tre Manoscritti, hanno un carattere essenzialmente autobiografico. La teologia di Teresa è una Teologia narrativa. A questo livello non c’è più alcuna opposizione tra oggettività e soggettività. Si potrebbe anche dire che Teresa è più oggettiva che soggettiva. Essa è talmente in Gesù e Gesù è talmente in lei, che essa non può parlare di Gesù senza parlare di se stessa, né parlare dì se stessa senza parlare di Gesù.
Questo paradosso evangelico della piccolezza che costituisce la vera grandezza, della povertà che è la vera ricchezza, si riflette particolarmente nella forma letteraria degli scritti di Teresa. Essa è povera; tuttavia, questa povertà letteraria non deve essere considerata come un difetto, ma come una qualità, come la manifestazione della povertà spirituale, della povertà evangelica di Teresa. Bisogna accettare pienamente la povertà letteraria di Teresa, e allora nel cuore di questa povertà si può scoprire l’infinita ricchezza del suo amore, dell’amore di Gesù che riempie la sua vita.
Secondo l’espressione così appropriata del Pére Marie Eugène de l’Enfant Jésus, gli scritti di Teresa sono “soprassaturi di divino”; in questo essi si avvicinano ai Vangeli: nella loro estrema semplicità e povertà sono grandi testi, e devono essere letti come si devono leggere i grandi testi “’nella loro interezza” (Ch. Péguy). D’altra parte, più si leggono gli scritti di Teresa, più si è impressionati dalla profondità e dalla coerenza che essi rivelano.»
Art. apparso su Apostolato d’Oltremare settembre-dicembre 1998
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