« … non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.» (Eb 4,14-16)
«Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle
nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è
così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole
essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo
infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita
in riscatto per molti» (Mc 10,35-45)
La Parola di Dio della XXIX domenica del tempo ordinario, ci fa crescere nella
conoscenza del nostro Maestro perché noi possiamo sempre più lasciarci
conformare a Lui.
La liturgia della Parola di oggi si apre con un passaggio fondamentale del Carme del Servo Sofferente (Is 52,13-53,12): un uomo che, accogliendo in sé la volontà divina, si fa solidale con i peccatori assumendo su di sé la conseguenza del loro peccato. In questo modo ottiene la salvezza per sé e per coloro che per i quali intercedeva («per le sue piaghe siamo stati guariti»). È facile per noi vedere in quest’uomo una profezia di Cristo: è Lui il Servo che fa della Sua vita un offerta, che accoglie su di sé tutto il male del mondo inchiodandolo ad una croce perché a noi possa venire la Vita.
Nella pagina di Vangelo, ascoltiamo che Gesù, mentre si sta dirigendo a Gerusalemme, istruisce i discepoli su quello che lì dovrà patire. In questo contesto, assistiamo alla “vanagloriosa” richiesta di Giacomo e Giovanni: incapaci di comprendere ciò che Gesù sta annunciando, chiedono al Maestro un posto di gloria. Il tono della richiesta sembra quasi di pretesa: «vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo».
Davanti a tale richiesta, contrariamente agli altri dieci apostoli (forse altrettanto “vanagloriosi”), il Maestro non si scandalizza, ma orienta correttamente il desiderio di grandezza che emerge dal cuore dell’uomo e insegna ancora una volta, prima con l’esempio e poi con la parola, che il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire: «Che cosa volete che io faccia per voi?». La risposta di Gesù è quella di chi, pienamente libero, si mette al servizio in maniera regale.
«… chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore …». Veramente grande, infatti, non è chi siede per farsi servire, chi domina i fratelli soggiogandoli, chi viene apertamente ricoperto di onori; veramente grande è, invece, colui che si pone al servizio dei suoi fratelli, chi ama gratuitamente, chi è capace di accogliere e perdonare le miserie dei propri fratelli facendosi solidale con loro. Veramente grande, infine, è colui che imita il Maestro il quale «non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Un’offerta che ancora si perpetua nel sacramento dell’Eucarestia: Gesù si fa pane spezzato per noi e ci invita ad unire la nostra vita alla Sua nell’offerta per la salvezza del mondo.
La “grandezza” proposta secondo la logica del Vangelo è una grandezza che il mondo non può capire. Una grandezza ardua: ci chiede di morire a noi stessi, di anteporre al nostro Io l’amore per Dio e per fratelli. Per questo oggi l’autore della Lettera agli Ebrei viene a confortarci: «non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze …»; il nostro Maestro conosce per le nostre debolezze e ci chiede solo di attingere alla Sua forza, alla Grazia che ci raggiunge nei sacramenti, per conformarci a Lui e giungere a quella gloria che da sempre ha preparato per noi.
Fra Marco
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