martedì 1 ottobre 2024

O alto e glorioso Dio, illumina il cuore mio

 «Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé» (Lc 9,51-56)

Oggi, primo giorno del triduo in preparazione alla festa di S. Francesco d’Assisi, il Vangelo ci presenta Gesù che inizia il suo viaggio verso Gerusalemme per compiere la nostra salvezza  e manda messaggeri davanti a sé per invitare alla conversione. Questo invito può essere accolto o rifiutato, ma da esso deriva la realizzazione o il fallimento della nostra vita.

Anche Francesco, ad un certo punto della sua vita prende la ferma decisione di seguire il Signore, di lasciare le vie dettate dal proprio Io per vivere proiettato verso Dio.

Francesco d’Assisi nasce da Pietro di Bernardone, un ricco mercante di stoffe il quale, come ogni padre, nutre sicuramente sogni di grandezza per suo figlio e gli fa insegnare a leggere e scrivere e a far di conto, probabilmente col proposito di avviarlo al suo stesso mestiere di mercante. I biografi ci descrivono il giovane Francesco come ricco, prodigo e in continua ricerca di divertimenti: il “re delle feste” con accanto tanti compagni della Assisi borghese.

Il giovane Francesco è, come i fondo ciascuno di noi, “assetato” di vita: vuole vivere al massimo la sua vita: rifugge tutto ciò che sa di morte e umiliazione e cerca solo ciò che sa di gloria e onore. Le fonti raccontano che faceva l’elemosina ai bisognosi, probabilmente traendone onore e lustro alla sua immagine, ma che aveva un forte ribrezzo per i lebbrosi.

Probabilmente è questo desiderio di vita piena che fa partecipare Francesco alla cacciata dei nobili da Assisi e alla conseguente guerra con la città di Perugia a cui i nobili avevano chiesto aiuto. Gli assisiani persero questa guerra e, nella battaglia di Collestrada, Francesco fu preso prigioniero e tale resterà per circa un anno. Da quel momento in poi il Signore comincia a mettere spine sul suo cammino per renderlo disponibile ad accogliere il Suo progetto d’amore. Francesco è costretto a prendere coscienza della sua fallibilità, della fine della sua fanciullezza: in definitiva, prigioniero e lontano da casa, è costretto a prendere coscienza di essere solo dinanzi alla vita.

Forse anche per reagire a questo vuoto di senso, Francesco decide di partire per la Crociata. Ed è in questo contesto che il Signore interviene di nuovo con il “sogno di Spoleto” che invita Francesco a ritornare sui suoi passi. Siamo ancora nell’ottica della vanità e della gloria, ma il Signore ci incontra proprio nelle strade che siamo soliti percorrere.

Da questo momento comincia per Francesco il periodo della ricerca: un periodo di più intensa preghiera e di confronto con la Scrittura.

È in questo periodo della sua vita che Francesco pronunzia la preghiera che conosciamo come preghiera al crocifisso: «O alto e glorioso Dio, illumina el core mio. Dame fede diricta, speranza certa, carità perfecta, humiltà profonda, senno e cognoscemento che io servi li toi comandamenti. Amen. ».

In questa fase della sua vita Francesco, pur chiedendo le tre virtù teologali, fede speranza e carità, e luce per compiere la volontà del Signore che gli ha parlato nel sogno di Spoleto, è ancora ripiegato su se stesso: il protagonista è ancora il suo “io”. Ciò nonostante, in questa preghiera Francesco  chiede la “conoscenza” per “fare”: non separa mai le due cose. Per lui la conoscenza non può limitarsi ad essere “speculativa”, ma  deve diventare vita e la vita; il “fare”, fa progredire nella conoscenza. Non si può conoscere la volontà di Dio senza farla! E fare la volontà di Dio, quella che attualmente si comprende come tale, aiuta ad approfondirne la conoscenza e a “farla” sempre meglio.

Questa prima fase della conversione dura circa tre anni al termine dei quali Francesco matura la sua decisione: sceglie la volontà di Dio come sua vita e Cristo come modello. Certo la ricerca non è finita: non ha ancora ben chiaro quale sia il progetto d’amore di Dio per lui, ma ha l’intima certezza di essere sulla strada giusta.

In questa fase Francesco è pieno di gioia e si dà a compiere immediatamente quello che comprende della volontà di Dio: è un periodo di grande attività dove è l’azione stessa che aiuta Francesco discernere la volontà di Dio. Questa attività, però, è intervallata da momenti di ricerca della solitudine e dell’intimità col Signore: sono quei momenti in cui Francesco trova rifugio in una grotta per rientrare in se stesso e mettersi dinanzi al Signore della sua vita.

Questo è anche il periodo in cui Francesco scopre “l’altro” come diverso da se; il periodo in cui si interroga sul “Totalmente Altro”, l’“alto e glorioso Dio” che tanto è percepito distante: il Signore “le cui vie non sono le nostre vie e i cui pensieri non sono i nostri pensieri”. È durante questo periodo che Francesco è scoperto da un suo amico a trascorrere notti insonni a chiedere: «Chi sei Tu? E Chi sono io?».

Finora ho parlato della prima fase della conversione di Francesco. Se chiedessimo, però, a Francesco di raccontarci la sua conversione, egli ci risponderebbe con le parole del testamento: «Il Signore concesse a me, frate Francesco, d’incominciare così a far penitenza, poiché, essendo io nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia».

L’abbraccio con il lebbroso è interpretato da Francesco stesso come il punto culmine della sua esperienza di conversione. È il momento della svolta decisiva: non cerca più onori, non ha più bisogno di sentirsi eccezionale; adesso sperimenta il morire per amore. Abbracciare il lebbroso significa, infatti, mettere a rischio la propria vita fisica e la certezza della morte sociale.

È in questo stesso periodo che Francesco sete la voce del Crocifisso di S. Damiano che lo invita a restaurare la Chiesa. Mentre a Spoleto la voce lo attirava a se con la promessa di onori, adesso Francesco sente la voce di un Crocifisso che gli affida un compito che alle sue orecchie suona umile. Ma Francesco è ormai cambiato e con naturalezza interpreta il compito affidatogli nella sua più umile concretezza: si mette a fare il muratore.

L’ultimo passo di questo processo di conversione si avrà con la riconsegna delle vesti al padre: Francesco viene condotto da suo padre davanti al vescovo perché questi lo faccia rinsavire. È qui che Francesco rinuncia definitivamente alla sua vita passata: riconsegnando le vesti al padre, rimane nudo come un bambino. È la sua rinascita spirituale in cui nudo, cioè senza difesa e senza un’immagine da difendere, si affida al Padre Celeste attraverso la mediazione della Chiesa.

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