venerdì 4 dicembre 2020

Ecco, il Signore Dio viene con potenza

«Consolate, consolate il mio popolo … Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede» (Is 40,1-5.9-11)

« … Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia.» (2Pt 3,8-14)

«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri» (Mc 1,1-8)

Consolate. È questo l'imperativo che caratterizza la seconda domenica di Avvento. Quello che oggi la Parola ci comunica è un messaggio di consolazione: nelle fatiche della vita, nelle difficoltà che quotidianamente siamo chiamati ad affrontare, siamo invitati a ricordare la consolante notizia che viene il Signore della Vita, Colui che si prende cura di ciascuno di noi. Perché questa venuta possa essere fonte gioia e consolazione, tuttavia, è necessario prepararci.

Domenica scorsa, prima domenica di Avvento, la Parola ci invitava all’attesa e alla vigilanza. Questa seconda domenica la liturgia dà un contenuto a questa vigilanza: siamo chiamati alla conversione, a preparare la via al Signore che viene.

Conversione, lo sappiamo bene, significa cambiare la direzione in cui va la nostra vita, ritornare sui nostri passi abbandonando la strada sbagliata che stiamo percorrendo. È quello che siamo chiamati a fare quest’oggi: lasciare le vie di peccato che ci portano in esilio, lontano dalla Vita, per ritornare al Signore.

La liturgia di oggi, però, ci parla anche di raddrizzare i sentieri, riempire i burroni e abbassare i monti. Conversione, infatti, significa anche questo: preparare la nostra vita ad accogliere il Signore che viene a darci la consolazione che attendiamo.

Guardando onestamente alla nostra vita, scopriamo quanto abbiamo bisogno di queste “grandi opere di ripristino”. Abbassare i monti del nostro orgoglio, colmare i fossi delle mancanze nei nostri doveri, raddrizzare le strade tortuose che stiamo percorrendo. Purtroppo, però, se siamo onesti con noi stessi dobbiamo anche prendere atto di non essere capaci di compiere queste opere. Ecco la buona notizia di questa domenica: sarà il Padre stesso, con la Sua Parola accolta nella nostra vita, a trasformare le nostre vie perché possiamo accogliere il Signore che viene.

Perché questa parola possa essere accolta e produca frutto nella nostra vita, tuttavia, siamo chiamati ad assumere l’atteggiamento di Giovani il Battista: l’attesa operosa e la disponibilità; l’intimità del deserto in cui sperimentiamo la presenza del Signore senza il quale non possiamo fare nulla.

Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. Condizione indispensabile perché la Parola venga accolta e produca frutto, è farle spazio rinunciando ad ogni pretesa di autosufficienza e riconoscendo la nostra piccolezza e il nostro bisogno di Dio. È necessario, quindi, anche entrare nel “deserto”, fare tacere i rumori del mondo per potere ascoltare il mormorio della brezza leggera, la Voce del Silenzio, che manifesta la Parola.

Solo dopo avere ascoltato la Parola ed averla lasciata operare in noi, come Giovanni, potremo svolgere la funzione profetica: rimanendo nel silenzio dell’ascolto (nel deserto) siamo chiamati anche noi a farci voce di questa Parola nell’invitare il mondo ad accogliere Colui che solo può donargli la consolazione, pace e la gioia di cui ogni uomo e donna è assetato.

Fr. Marco

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