lunedì 7 dicembre 2020

In lui ci ha scelti per essere santi e immacolati


«Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,9-15.20)

«Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (Ef 1,3-6.11-12)

«Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te … Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.» (Lc 1,26-38)

Rallègrati, piena di grazia. Il saluto angelico, richiamato dalla bolla di definizione del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, Ineffabilis Deus (8/12/1854), presenta Maria come destinataria della pienezza del favore divino, ma anche come piena di quella grazia e bellezza che è la santità, la conformità al progetto di Dio. Non a caso la Chiesa chiama Maria “tutta bella” (tota pulchra) con le parole del Cantico (cfr. Ct 4, 1).

In Maria questa grazia, consistente nella santità, ha una caratteristica che la pone al di sopra della grazia di ogni altra persona, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento: è una grazia incontaminata. La Chiesa cattolica esprime ciò con il titolo di «Immacolata» e quella Orientale con il titolo di «Panaghìa» (Tutta santa). L’una mette più in risalto l’elemento negativo della grazia di Maria, che è l’assenza di ogni peccato anche di quello originale; l’altra mette più in risalto l’elemento positivo, cioè la presenza in lei di tutte le virtù e di tutto lo splendore che da ciò promana.

Parlando del titolo “piena di grazia” dato dall’angelo a Maria, però, dobbiamo ricordare che tale grazia di Dio, di cui Maria è stata ricolmata, è anch’essa una “grazia di Cristo” (come ricorda la bolla di definizione). È la « grazia di Dio data in Cristo Gesù» (cfr. 1Cor 1, 4), cioè il favore e la salvezza che Dio concede ormai agli uomini, a causa della morte redentrice di Cristo.
Assumere questa prospettiva rende la vicenda di Maria straordinariamente significativa per noi, restituisce Maria alla Chiesa e all’umanità.

Prima del Concilio Ecumenico Vaticano II, la categoria fondamentale con la quale si spiegava la grandezza della Madonna era quella del “privilegio” o dell’esenzione. Si pensava che Maria fosse stata esentata non solo dal peccato originale e dalla corruzione, ma si arrivava anche a pensare che fosse stata esentata dai dolori del parto, dalla fatica, dal dubbio, dalla tentazione, dall’ignoranza e, infine, anche dalla morte vista come conseguenza del peccato. Non ci si rendeva conto che, in questo modo, si dissociava completamente Maria da Gesù, che, pur essendo senza peccato, volle sperimentare a nostro vantaggio la fatica, il dolore, l’angoscia, la tentazione e la morte. Le categorie del privilegio e dell’esenzione, portate all’estremo, presentavano la Madre di Dio come una creatura che poco ha a che fare con le nostre quotidiane lotte. Qualcuno da venerare e contemplare, ma troppo distante da noi per potere essere un modello da imitare.

Dopo il Vaticano II, la categoria fondamentale con la quale si parla  della santità unica di Maria è quella della “Fede”. Maria ha camminato, anzi ha “progredito” nella fede (Lumen Gentium 58). Questo, anziché diminuire, accresce a dismisura la grandezza di Maria. Lei è colei che liberamente e per fede ha aderito al progetto di Dio; un progetto singolarissimo che le ha chiesto più che a ogni altra creatura. Di Gesù, nel Nuovo Testamento, si dice che noi «non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato» (Eb 4, 15); e che, «pur essendo figlio, egli imparò l’obbedienza dalle cose che patì» (Eb 5, 8). Fatte le debite proporzioni, queste parole si applicano anche a Maria che si è fatta perfetta discepola del Figlio; potremmo dire, addirittura, che esse costituiscono la vera chiave di comprensione della sua vita.

Come Gesù imparò l’obbedienza, cioè la esercitò e crebbe in essa grazie alle cose che patì, così anche Maria imparò la fede e l’obbedienza; crebbe in esse grazie alle cose che patì, sicché noi possiamo dire di lei, con tutta fiducia: non abbiamo una madre che non sappia compatire le nostre infermità, la nostra fatica, le nostre tentazioni, essendo stata ella stessa provata in ogni cosa a somiglianza di noi, escluso il peccato.

In lui ci ha scelti … per essere santi e immacolati di fronte a lui. come ci ricorda S. Paolo nella seconda lettura di oggi, anche noi siamo stati scelti per essere immacolati. Come è avvenuto per Maria Santissima, infatti, anche noi siamo stati riempiti della Grazia di Cristo; anche noi, per i meriti di Cristo, siamo stati resi immacolati. Maria “per singolare privilegio” è stata preservata da ogni peccato fin dal concepimento; noi siamo stai purificati da ogni peccato e rivestiti di Cristo nel Battesimo, che ci ha resi immacolati, e riceviamo Cristo vivo e vero nella Comunione. Ciò che per nostra disgrazia ci fa differenti da Maria è il modo in cui noi corrispondiamo alla pienezza della Grazia che viene a noi nei sacramenti. Maria corrispose pienamente alla Grazia e disse sempre il suo Sì al progetto d’amore del Padre. Noi, per nostra disgrazia, spesso diciamo no …

Ciò detto, perché la solennità odierna non sia solo la celebrazione di qualcosa che non ci tocca, siamo chiamati a lasciarci plasmare dal mistero che celebriamo perché il Padre possa realizzare anche in noi il Suo progetto d’Amore. Guardiamo allora alla nostra santissima Madre: Maria è madre e forma, stampo in cui plasmarci. Da dove iniziare? Da una contemplazione che diventa desiderio di imitazione, di fare, credere e amare come lei.

 Fr. Marco (rileggendo R. Cantalamessa, Maria uno specchio per la Chiesa)

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