venerdì 18 dicembre 2020

Nulla è impossibile a Dio!


« … Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. … io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio”.» (2Sam 7,1-5.8-12.14.16)

«Fratelli, a colui che ha il potere di confermarvi nel mio vangelo, che annuncia Gesù Cristo, … a tutte le genti perché giungano all’obbedienza della fede, a Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli. Amen.» (Rm 16,25-27)

​«Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.» (Lc 1, 26-38)

la Parola di Dio della quarta domenica di Avvento ci fa contemplare la figura di Maria, la madre di Gesù attraverso la quale il Signore realizza le Sue promesse a Davide e inizia la Sua opera di redenzione.

Dio è fedele e mantiene le sue promesse, è questo ciò che la Liturgia della Parola di oggi vuole sottolineare. Perché si compiano le meravigliose opere di Dio, però, alla Sua fedeltà deve corrispondere l’obbedienza della nostra fede (II lettura). Solo così, nonostante la nostra piccolezza, il Signore potrà operare grandi cose in noi e attraverso di noi: nulla è impossibile a Dio.

La pagina evangelica di oggi ci presenta Maria come modello di una fede che diventa disponibilità operosa. La prima cosa che sentiamo dire di Maria nel Vangelo è che rimase turbata. Maria conosce le Scritture e si meraviglia si sentirsi appellare come la figlia di Sion (Sof 3,14-15 e Zc 2,14) espressione che racchiude il Popolo dell’alleanza in attesa del Messia. Trovandosi alla presenza dell’angelo Gabriele (“forza di Dio”) che manifesta la potenza del Santo dei Santi, inoltre, prende coscienza della propria piccolezza e indegnità. Certo, Maria, concepita immacolata, non era consapevole di peccato alcuno; ciò non toglie, tuttavia, che sperimentando la presenza di Dio percepisca la propria piccolezza e ne resti turbata. Il turbamento, inoltre, è caratteristica comune di tutte le particolari vocazioni nella Scrittura: il chiamato si meraviglia che il Signore abbia posato lo sguardo proprio su di lui e sulla sua piccolezza; si sperimenta indegno della grazia ricevuta ed ha quel santo “timor di Dio” che non è la paura di Dio, ma il timore di non corrispondere pienamente all’amore di cui ci si vede colmati; il timore di rattristare un così eccelso amante.

Soffermandoci ad osservare meglio il versetto evangelico, infatti, notiamo che Maria «rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto». «Rallegrati, riempita della grazia». Così l’aveva salutata l’Angelo riferendosi alla singolarissima Grazia che Dio le aveva concesso. È proprio la consapevolezza della Grazia ricevuta a suscitare in Maria il turbamento, il “timor di Dio”.

Anche noi nei sacramenti veniamo colmati dalla Grazia di Dio. Lui stesso vivo e vero viene in noi. Impariamo dalla nostra santissima madre come corrispondere a questa Grazia. Dinanzi all’amore di cui si vede colmata, Maria, sa abbandonarsi ad un’obbedienza umile e fiduciosa: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». La Madre ci mostra in tal modo la prima cosa da fare in risposta alla Grazia: fidarsi, e lasciare che il Signore compia la Sua opera in noi e per mezzo nostro; donare la nostra disponibilità operosa.

L’atteggiamento immediatamente successivo in risposta alla Grazia di Dio, è di “rendere grazie”. È ciò che ci invitava a fare la Parola già domenica scorsa, un appello continuo del tempo di Avvento. Alla Grazia di Dio deve far seguito il grazie dell’uomo. Rendere grazie non significa restituire il favore o dare il  contraccambio. Chi potrebbe dare a Dio il contraccambio di qualcosa? Ringraziare significa piuttosto riconoscere la grazia, accettarne la gratuità. Ringraziare significa accettarsi come debitori, come dipendenti; lasciare che Dio sia Dio. Ed è quello che Maria ha fatto con il Magnificat: «L’anima mia magnifica il Signore …, perché grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente».

Nell’atteggiamento del rendimento di grazie, infine, è implicita l’attenzione a non sprecare il dono ricevuto: significherebbe svalutare il dono e offendere il donatore. Facciamo attenzione allora a non sprecare la Grazia che il Signore ci dona nei suoi sacramenti: viviamoli con la giusta consapevolezza e preparazione.

Ormai prossimi alla solennità del Natale, disponiamoci, sull’esempio di Maria Santissima, ad accogliere la Grazia. Prepariamoci seriamente alla celebrazione dei sacramenti, viviamoli consapevolmente e impegniamoci, per quanto è possibile, a corrispondere con l’obbedienza della fede all’Amore di cui siamo stati colmati. La nostra piccolezza non ci spaventi: nulla è impossibile a Dio.

Fr. Marco.

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