«Non ricordate più le
cose passate, non pensate più alle cose antiche!» (Is 43, 16-21)
«Non però che io abbia
già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo
di correre per conquistarlo» (Fil 3, 8-14)
«Neanch’io ti
condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». (Gv 8, 1-11)
La Parola di Dio della quinta domenica di quaresima continua
a mostrarci la Misericordia di Dio che ci rende nuove creature. Il Vangelo ci
presenta il caso di una donna colta in “flagrante adulterio”. Scribi e
Farisei la conducono a Gesù perché sia lui ad emettere la sentenza.
Ciò che li muove non è, però, lo zelo per la legge. Si tratta evidentemente di
una trappola: se questo “maestro”, che mangia con i peccatori, perdona
l’adultera, potranno accusarlo di contravvenire alla legge; se, al
contrario, la condanna, si sarà allineato all’interpretazione più severa
della legge, contraddicendo il suo comportamento precedente, e perderà il
consenso del popolo (di cui scribi e farisei sono gelosi).
Già qui trovo che sia importante fermasi a riflettere. Anche
a noi può capitare di puntare il dito verso un nostro fratello o sorella che
sbaglia. Magari ci appelliamo a “una questione di principio”; forse osiamo
addirittura parlare di “correzione fraterna”; ma è veramente questo a muoverci?
Siamo veramente interessati a promuovere l’osservanza dei comandamenti? Ad
aiutare il fratello o la sorella a non sbagliare più? Può capitare, piuttosto,
che le nostre motivazioni siano altre: gettare fango sul peccatore perché possa
splendere la nostra “giustizia”; mettere a tacere chi la pensa diversamente da
noi ecc.
«Chi di voi è senza
peccato, getti per primo la pietra contro di lei». Gesù non cade nella
trappola che gli viene tesa: non nega il peccato della donna, ma chiama gli
accusatori a prendere coscienza della comune condizione di peccato da cui,
purtroppo, nessun uomo è esente. L’adulterio, inoltre, è un peccato fortemente
simbolico: spesso Israele è accusato dai profeti di adulterio, di avere il
cuore lontano dal suo Dio (Cfr. Osea 2 e Ezechiele 16). Anche il gesto di
scrivere sulla polvere ha sapore profetico: nel libro del profeta Geremia si
legge: “Sarà scritto sulla polvere chi si
allontana da te, poiché essi hanno abbandonato il Signore, la fonte dell’acqua
sprizzante” (Ger 17, 13b).
Coloro che vengono a denunciare l’adultera, non sono forse
anch’essi colpevoli di adulterio verso il loro Signore? Ed ecco che Gesù chiede
a ciascuno dei suoi ascoltatori di esaminare se veramente hanno il diritto di
accusare o se, piuttosto, devono anch’essi appellarsi alla Misericordia di Dio.
«Se ne andarono uno per uno, cominciando
dai più anziani fino agli ultimi» Cominciando da chi ha una più lunga
storia di infedeltà, gli accusatori rinunciano all’accusa. Rimangono “la
misera e la Misericordia”(S. Agostino).
Gesù non giustifica il peccato, ma salva la peccatrice
donandole il perdono, che lei non ha ancora chiesto, insieme all’ingiunzione di
“non peccare più”. Quest’ultima è una tensione importante: non possiamo
rassegnarci alla nostra miseria, ma, consapevoli di essere ancora lontani
dalla meta, siamo chiamati “correre per conquistarla” (Cfr. II lettura). Gesù è
capace di rinnovare la nostra vita; il nostro passato, gettato nel braciere
della sua misericordia, non è più un peso; Guardiamo con speranza al futuro e
tendiamo sempre ad una maggiore fedeltà al Dio fedele e misericordioso.
fr. Marco
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