«Io porrò inimicizia
fra te e la donna,fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la
testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,9-15)
«Fratelli, animati da
quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: «Ho creduto, perciò ho
parlato», anche noi crediamo e perciò parliamo» (2Cor 4,13-5,1)
«“In verità io vi
dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le
bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà
perdonato in eterno: è reo di colpa eterna”». Poiché dicevano: “È posseduto da
uno spirito impuro”» (Mc 3,20-35)
La liturgia della Parola della X Domenica del tempo ordinario
si apre con il racconto della conseguenza del peccato originale e quello che
viene chiamato il “protovangelo”: la buona notizia che alla fine la stirpe della donna schiaccerà la
testa al serpente antico.
Nel capitolo 3 del Vangelo di Marco, da cui è tratta la
pericope odierna, l’evangelista presenta l’interrogativo sull’identità di Gesù
e ci guida a riconoscerlo come Colui che è venuto a sconfiggere il serpente
antico, il male in tutte le sue espressioni, e a redimere il peccato.
Nei versetti che precedono la nostra pericope, infatti, Gesù
insegna ed opera guarigioni e liberazioni suscitando l’adesione entusiastica
della folla che gli si stringe attorno e vuole attingere al suo potere
salvifico ed al suo insegnamento. Così ce presenta l’inizio della nostra pericope:
assediato della folla e dimentico di se stesso tanto da fare esclamare: «È fuori di sé»
L’evangelista, però, non manca di notare, fin dai primi versetti
del capitolo, la durezza di cuore di scribi e farisei (vv. 5 e 6). Che si
rifiutano di riconoscerlo e di credergli. Persino i demòni, prima di essere,
scacciati lo riconoscono come il figlio di Dio (v. 11). Non così scribi e
farisei che, prima decidono di farlo morire (v. 6) poi, messi dinanzi l’evidenza
dei segni, insinuano addirittura che sia posseduto
da Beelzebùl. È il peccato che non può essere perdonato: l’ostinato rifiuto
di credere e di accogliere Gesù come salvatore. Solo Gesù salva. Voltando le
spalle a Lui, non volendolo riconoscere, in nessun altro possiamo trovare
perdono e salvezza.
Anche noi quest’oggi siamo invitati a prendere posizione
riguardo la fede. Siamo invitati a credere in Gesù, riconoscendolo davvero
nostro salvatore e Signore, e ad annunciarlo con le nostre parole e le nostre
azioni. È ciò che ci invita a fare san Paolo nella seconda lettura.
Se lo accoglieremo riconoscendolo nostro Signore, non solo
con le parole, ma facendo la volontà di
Dio, anch’egli ci riconoscerà come appartenenti a Lui: suoi fratelli, sorelle e madri.
«Siamo sposi, quando
l'anima fedele si congiunge a Gesù Cristo per l'azione dello Spirito Santo. E
siamo fratelli, quando facciamo la volontà del Padre suo, che è in cielo. Siamo
madri , quando lo portiamo nel nostro cuore e nel nostro corpo attraverso l'amore
e la pura e sincera coscienza, e lo generiamo attraverso il santo operare, che
deve risplendere in esempio per gli altri.» (S. Francesco, Lettera ai fedeli,
FF 200)
Fr. Marco
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