sabato 22 novembre 2025

Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno

 

«Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: “Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele”». (2Sam 5, 1-3)

«Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.» (Col 1, 12-20)

«Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!”. L’altro invece lo rimproverava […] E disse: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gli rispose: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”». (Lc 23, 35-43)

Questa domenica, ultima dell’anno liturgico, celebriamo la solennità di Cristo Re dell’universo. La regalità che ci presenta la pagina evangelica di oggi, tuttavia, è una regalità diversa da quella che intende il mondo: Cristo è un re che regna dalla Croce. È proprio in questo contesto così lontano dalla regalità mondana, però, che il “buon ladrone” è capace di riconoscere in quell’uomo crocifisso il Messia atteso, il re il cui regno non avrà mai fine: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno».

Mi colpisce che tanti personaggi della pagina di Vangelo di oggi usino i termini “Cristo” e “re”; termini che appartengono intrinsecamente a Gesù, ma che qui vengono usati per scherno. Il “buon ladrone” non ha bisogno di usare questi titoli, che il mondo ha snaturato del loro senso, per riconoscere la regalità di Colui che è suo compagno di supplizio; è uno dei pochi personaggi del Vangelo di Luca che chiama il Signore per nome: Gesù, "Dio salva". Proprio perché consapevole della propria miseria e che nessun uomo potrà salvarlo né potrà salvarsi da solo, questo malfattore può dire in tutta verità "Gesù" e affidarsi alla salvezza che viene da Dio. E Gesù manifesta la sua regalità concedendo la Grazia: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Altrove Gesù aveva affermato: «Nessuno mi toglie la vita, ma la offro da me stesso» (cfr. Gv 10,18). Sulla Croce, infatti, Gesù è veramente Re secondo il cuore del Padre: non si lascia condizionare, non si lascia sopraffare da tutta la cattiveria e il male del mondo; non subisce gli eventi, ma li vive trasformandoli in un’offerta d’Amore. Elevato sulla Croce per amore nostro, Gesù manifesta pienamente la sua regalità: vince contro il peccato del mondo offrendo la propria vita e perdonando i suoi crocifissori; vince contro il tentatore che, attraverso chi gli sta attorno, continua a chiedergli di salvare se stesso.

«Salva te stesso». Un invito che torna tre volte in questa breve pagina di Vangelo. È la prospettiva egoistica ed egocentrica che regola il mondo. Attraverso i capi, i soldati e uno dei malfattori crocifissi con Lui,  il tentatore continua a suggerire a Gesù di preferire l’egoismo all’amore;  continua a suggerire l’illusione di salvare se stesso non fidandosi dell’amore del Padre. Gesù, però, non cade nell’inganno e, con una libertà veramente regale, si offre per Amore.

Celebrando la regalità di Cristo, oggi siamo chiamati a fare memoria anche della “nostra” regalità, di quella regalità di cui Gesù ci ha resi partecipi nel Battesimo conformandoci a Lui Re, Sacerdote e Profeta.

«Ecco noi siamo tue ossa e tua carne». Nella prima lettura le tribù d’Israele fanno una professione di appartenenza a Davide che richiama il libro della Genesi (cfr. Gen 2,23). Un’espressione che allude ad un’appartenenza intima. Sappiamo che Davide è “un’immagine” (un typos) di Gesù Re Messia. Anche noi possiamo dire a Gesù Cristo “Ecco noi siamo tue ossa e tua carne”. Come ci ricorda S. Paolo nella seconda lettura, infatti, la Chiesa, l’assemblea dei fedeli innestati in Cristo per il Battesimo, è il corpo di Cristo.

Come Cristo, che oggi contempliamo re, anche noi siamo chiamati a vivere la nostra regalità sul peccato, sulle passioni e sul giudizio del mondo. Anche noi abbiamo ricevuto quella libertà regale che ci permette di trasformare la nostra vita in un’offerta d’amore. Non viviamo più, allora, come schiavi delle nostre passioni e dei piaceri passeggeri; facciamo il bene senza lasciarci condizionare dal giudizio del mondo (“che penseranno?”); non lasciamoci ingannare dall’illusione che “se non ci salviamo da soli, saremo persi”; è esattamente il contrario: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (Lc 9,24).

Celebrando Cristo re dell’universo, allora, riconosciamo la Signoria di Cristo sulla nostra vita. Obbediamo a Lui per sperimentare la pienezza della regalità nella nostra vita. Impariamo dal nostro maestro Gesù Cristo la regalità “a gloria di Dio Padre” (Cfr. Fil 2,11).

Fr. Marco

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