domenica 2 novembre 2025

Venite, benedetti del Padre mio

«In quel giorno, preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte un banchetto di grasse vivande.» (Is 25,6a.7-9)

«Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». (Rm 8,14-23)

«Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25, 31-46)

Ogni anno, i primi due giorni di Novembre la Liturgia ci fa contemplare “le cose ultime”: giorno 1 contempliamo la nostra meta, la Gerusalemme del Cielo e la “Chiesa gloriosa”; giorno 2 ci uniamo in preghiera per commemorare i nostri fratelli e sorelle defunti; contempliamo la “Chiesa purgante” e il nostro pensiero si sposta su una tappa obbligata della nostra esistenza: sorella morte «dalla quale nullo homo vivente può scampare» (s. Francesco d’Assisi) e che ci apre le porte dell’eternità.

Il secondo schema della liturgia della Parola, che qui ho scelto di seguire, ci conforta sul destino dei nostri cari defunti e quindi sul destino a cui andiamo incontro anche noi: abbiamo ricevuto lo Spirito del Figlio e, se abbiamo lasciato che ci conformasse a Lui con i fatti e nella verità e non a parole e con la lingua (Cfr. 1 Gv 3,18), saremo riconosciuti benedetti ed introdotti al banchetto del Cielo preparato per noi fin dalla creazione del mondo.

Il Vangelo di oggi, infatti, aprendoci uno squarcio sul compimento del Tempo (che esistenzialmente per noi coinciderà con il compimento del nostro tempo), ci indica anche su cosa saremo valutati, quale sarà il criterio di discrimine tra i benedetti del Padre e i maledetti: l’amore concreto che avremo saputo vivere verso gli ultimi i piccoli, quelli dai quali non possiamo aspettarci niente in cambio e nei quali il Figlio eterno del Padre ha voluto essere riconosciuto.

«Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere …?» mi colpisce che sia i giusti sia i reprobi, restino stupiti della identificazione del Signore nei fratelli bisognosi. I primi operano con carità sincera e non interessata; i secondi, invece, ignorano i fratelli nel bisogno forse perché interessati solo a se stessi.

«Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli» Mi conforta sempre notare che il fuoco eterno, l’inferno, non è preparato per noi: il Padre non vuole nessuno all’inferno. Siamo noi che con le nostre scelte di chiusura all’Amore e quindi agli altri da aiutare e da cui essere soccorsi, ci condanniamo all’inferno, a quella bruciante solitudine che lascia in noi un vuoto incolmabile. Vita eterna e fuoco eterno, infatti, iniziano ad essere sperimentati qui con le nostre scelte di amore o egoismo.

In questa giornata affidiamo alla Misericordia del Signore i nostri fratelli e sorelle defunti, intercediamo per loro nella sicura speranza che l’Amore che hanno vissuto e che ci ha uniti in vita sia loro moltiplicato e li purifichi dalle imperfezioni che hanno macchiato la loro esistenza terrena. Oggi, però è anche un’occasione preziosa per fare il punto sulla nostra vita, sull’orientamento che le stiamo dando, sull’Amore concreto che stiamo vivendo: se oggi il Signore mi chiamasse a Sé, sarei riconosciuto Figlio e annoverato tra i benedetti del Padre?

Intercedendo per i nostri cari che hanno concluso la loro esistenza terrena, chiediamo anche la loro preghiera perché possiamo fare tesoro del tempo che ci resta e fare opere di vita eterna. Il Signore ce lo conceda.

Fr. Marco

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