venerdì 6 ottobre 2023

Io ho scelto voi perché andiate e portiate frutto

« … la vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi.» (Is 5,1-7)

« … quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri.» (Fil 4,6-9)

« … Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini? Gli risposero: “Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo”» (Mt 21,33-43)

La Parola di Dio di questa XXVII domenica del Tempo Ordinario ci richiama alla nostra ingratitudine e alla troppo frequente sterilità della nostra vita. Protagonista della prima lettura, infatti, è una vigna alla quale il padrone non ha fatto mancare nulla, ma che, invece di produrre uva buona, produce uva aspra e rovi. L’attenzione del Vangelo si sposta poi ai vignaioli, a coloro ai quali è affidata la vigna perché la curino e la facciano fruttificare. Essi sono depositari della fiducia del padrone della vigna, ma si dimostrano ingrati e negano al padrone i frutti che gli devono. La loro brama di impadronirsi della vigna li porta perfino ad uccidere il figlio del padrone.

Come la vigna e i vignaioli delle pagine bibliche di oggi, anche noi ogni giorno siamo colmati di grazia dal Signore prodigo di doni nei nostri confronti e troppo spesso lasciamo infruttuosi questi doni o, peggio, vogliamo appropriarcene e pecchiamo di ingratitudine nei suoi confronti. Questo avviene, purtroppo, sia a livello di società sia a livello individuale.

La nostra, infatti, è una società che con orgoglio rivendica le proprie radici cristiane, ma che non vive in conseguenza di esse; una società che ha ridotto il crocifisso ad un ornamento o peggio ad un amuleto, ma che vuole schivare in ogni modo la croce salvifica; una società che vuole “aggiornare il Vangelo”, decidere da sé ciò che è da prendere o lasciare; una società, insomma, che ha cacciato il Figlio di Dio per appropriarsi della vigna.

Quante volte, poi, pecchiamo di ingratitudine a livello individuale! Quante volte siamo simili alla vigna ben curata, ma che non produce grappoli buoni! Quante Grazie sprecate, quanta Parola di Dio lasciamo cadere inascoltata; quante volte, invece della giustizia, dell’amore e della misericordia nel nostro cuore coltiviamo rancori, sentimenti di vendetta, desiderio di prevaricare i nostri fratelli?

Oggi la Parola di Dio ci invita a ravvederci, a convertirci e ad imparare a fare tesoro della Grazia di Dio per fare fruttificare i Suoi doni.

Secondo un concetto tanto caro a s. Francesco, impariamo a “restituire a Dio” ciò che gli è dovuto: la lode, il ringraziamento, il riconoscimento che tutto ciò che di buono è nella nostra vita viene da Lui e va speso per la Sua gloria. Accogliamo l’invito della seconda lettura in cui l’apostolo Paolo ci invita a rallegrarci e rendere grazie; a elevare i nostri pensieri e a coltivare nei nostri cuori quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode.

Voglio concludere citando proprio il pensiero del serafico padre s. Francesco al quale accennavo prima: «Dice l’Apostolo: La lettera uccide, lo spirito invece vivifica (2Cor 3,6). Sono uccisi dalla lettera coloro che desiderano sapere soltanto parole in modo da essere ritenuti più sapienti degli altri e possano acquistare grandi ricchezze e darle ai parenti e agli amici. Sono uccisi dalla lettera quei religiosi che non vogliono seguire lo spirito della divina Scrittura, ma desiderano sapere solo parole e spiegarle agli altri. E sono vivificati dallo spirito della divina Scrittura quelli che ogni cosa che sanno e desiderano sapere, non l’attribuiscono al loro corpo, ma con la parola e con l’esempio la restituiscono all’Altissimo al quale appartiene ogni bene.» (Amm VII, FF 156)

Fr. Marco

Nessun commento:

Posta un commento