sabato 28 ottobre 2023

Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti

 «Così dice il Signore: Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, … Non maltratterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io darò ascolto al suo grido, la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani.» (Es 22,20-26)

«… vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio …» (1Ts 1,5-10)

«“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» (Mt 22, 34-40)

Oggi la liturgia della Parola ci presenta il grande comandamento che anima e compendia tutta la Legge: il comandamento dell'Amore. Il dottore della Legge che oggi interroga Gesù per metterlo alla prova appartiene alla setta dei farisei, uomini consacrati al rispetto scrupoloso della Legge per osservare la quale avevano redatto una minuziosa casistica: una moltitudine di regole che rischiano di opprimere l’uomo. In questa miriade di regole, qual è il comandamento più grande, più importante?

Il Maestro risponde citando lo Shemà Ysrael (Dt 6, 4-5, “Ascolta Israele”), che gli israeliti pregavano quotidianamente, a cui associa il precetto dell’amore per il prossimo tratto dal “Codice di santità” (Lv 19,18).

«Amerai il Signore tuo Dio» Il primo e più grande comandamento ci richiama alla relazione con Dio. Una relazione che, come ci ricorda lo Shemà citato da Gesù, inizia con l’ascolto. I farisei non ascoltavano più la voce di Dio, ma le loro elucubrazioni intorno alla Legge. Impegnati nella scrupolosa osservanza dei comandamenti per raggiungere una vanagloriosa perfezione autocentrata,  avevano dimenticato la relazione d’amore con Dio. La Legge, che i farisei avevano assolutizzato facendone quasi un idolo, è stata data con lo scopo di custodire la relazione d’amore con Dio. Un amore con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Un amore, quindi che coinvolga ogni sfera della nostra esistenza: pensieri, intelligenza, sentimenti e opere.

«Il secondo poi è simile...» Perché l’amore per Dio sia autentico, però, esso non può rimanere qualcosa di intimistico, ma deve coinvolgere anche le opere; deve diventare amore misericordioso nell’imitazione del Dio pietoso che ascolta il grido del forestiero, dell’orfano e della vedova. Sono loro, quanti non possono in alcun modo contraccambiare l’amore concreto che riceveranno, il prossimo da amare come te stesso: con la stesa attenzione ed urgenza con la quale si cerca soddisfazione alle proprie esigenze; con la stessa delicatezza che si desidera ricevere.

Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai prima del tramonto del sole … come potrebbe coprirsi dormendo? L’amore di Dio che siamo chiamati ad imitare, nella prima lettura  mostra quella tenerezza, quel prendersi cura, di cui spesso ci parla Papa Francesco: la tenerezza di un Padre che si preoccupa per i suoi figli.

Un ultima sottolineatura penso vada fatta sull’amore “come te stesso”. Il fatto che il Maestro leghi l’amore per il prossimo all’amore per se stessi, dà a quest’ultimo una certa legittimità a condizione che esso non diventi egoistico, ma si colleghi direttamente all'amore a Dio e al prossimo. Amare se stessi in Dio e senza escludere il prossimo fa parte del messaggio evangelico.

Nella seconda lettura di oggi, infine, S. Paolo si rallegra con i Tessalonicesi perché il loro servizio di Dio, che si è concretizzato nell’amore tra loro e per i fratelli, è diventato annuncio missionario. Anche noi, allora, accogliamo l’insegnamento del Maestro e, ravvivando la nostra vitale relazione con Dio, amiamolo con tutto noi stessi mettendoci al servizio dei fratelli. Il Signore ce lo conceda soprattutto in questo momento buoi dell'umanità in cui sembra prevalere l'odio tra i fratelli e l'incapacità di accogliersi e perdonarsi. 

Fr. Marco

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