giovedì 29 settembre 2022

Secondo giorno del Triduo: Lodi di Dio Altissimo

 «Giobbe prese a dire al Signore: “Ecco, non conto niente: che cosa ti posso rispondere? Mi metto la mano sulla bocca. Ho parlato una volta, ma non replicherò, due volte ho parlato, ma non continuerò”». (Gb 38,1.12-21; 40,3-5)

«Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite» (Lc 10,13-16)

La Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci invita all’umiltà, a restare nel giusto posto dinanzi a Dio, e a convertirci. Sia l’una che l’altra cosa sono possibili solo a partire dalla conoscenza di Dio, dall’avere fatto esperienza della Sua presenza e del Suo amore. Solo all’interno di un rapporto d’amore, infatti, per quante cose avremo fatto, ci sembrerà sempre di avere fatto ancora poco.

In questo secondo giorno del triduo di S. Francesco, a partire dalla preghiera “Lodi di Dio altissimo” scritta da Francesco nel settembre del 1224 sulla Verna dopo avere ricevuto il dono delle Stimmate (a circa 42 anni, due anni prima della morte), mediteremo sul rapporto di fiducia e d’amore di Francesco con Dio. Del resto “la bocca parla dalla pienezza del cuore”: dal modo di pregare di Francesco possiamo desumere quale sia l’esperienza che ha fatto di Dio.

Francesco ha sempre preso sul serio il suo rapporto con il Signore mettendo in pratica alla lettera ciò che capiva del vangelo. In tal modo si è tanto conformato a Lui che, due anni prima di morire, il Signore gli ha concesso il dono delle stimmate quasi a bolla di solenne approvazione della sua vita.

Proprio in occasione delle Stimmate, dopo avere affrontato circa due anni di una oscura tentazione di cui le fonti non ci dicono niente di preciso, Francesco scrive le Lodi di Dio altissimo. In questa preghiera, culmine della sua esperienza spirituale, Dio ha un protagonismo assoluto: «Tu sei santo … Tu sei forte … Tu sei grande …».

Come dicevo, sia le stimmate che le Lodi sono la conclusione di un periodo oscuro in cui probabilmente Francesco si era convinto di avere sbagliato tutto nella vita: l’Ordine da lui fondato, a partire da quei primi fratelli che lo avevano seguito, non lo vuole più come guida e non vive con radicalità ciò che il Signore gli ha ispirato. Questo periodo di tentazione, però, lo porta ad un’ulteriore maturazione della sua donazione al Signore. Nel momento in cui riceve le stimmate, infatti, Francesco ha ormai ha smesso di confidare nelle sue forze e ha rinunciato ad ogni tipo di conforto umano e “carnale”: è poverissimo, malato, si ritiene il più piccolo tra gli uomini, ha abbandonato il governo dell’ordine e ha vissuto il rifiuto dei suoi stessi fratelli. Ormai è veramente spoglio di ogni conforto umano. Ormai il suo solo sostegno è Dio.

Da questa profonda e serena consapevolezza sgorga la preghiera di Francesco che adesso andremo ad esaminare[1].

Tu sei santo, Signore Iddio unico, che fai cose stupende.
Tu sei forte. Tu sei grande. Tu sei l’Altissimo.
Tu sei il Re onnipotente. Tu sei il Padre santo, Re del cielo e della terra.
Tu sei trino e uno, Signore Iddio degli dèi.
Tu sei il bene, tutto il bene, il sommo bene, Signore Iddio vivo e vero.
Tu sei amore, carità. Tu sei sapienza. Tu sei umiltà.
Tu sei pazienza. Tu sei bellezza. Tu sei sicurezza. Tu sei la pace.
Tu sei gaudio e letizia. Tu sei la nostra speranza.
Tu sei giustizia. Tu sei temperanza. Tu sei ogni nostra ricchezza.
Tu sei bellezza. Tu sei mitezza.
Tu sei il protettore. Tu sei il custode e il difensore nostro. Tu sei fortezza. Tu sei rifugio.
Tu sei la nostra speranza. Tu sei la nostra fede. Tu sei la nostra carità. Tu sei tutta la nostra dolcezza.
Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.

«Tu sei santo, Signore Iddio unico, che fai cose stupende.» Il primo verso sembra offrire la chiave di lettura di tutta la preghiera. Sono indicate le due direzioni: Dio nel suo mistero insondabile a cui è dovuta la lode per se stesso e Dio che compie cose stupende e salvifiche per l’uomo.

Possiamo suddividere le Lodi in quattro strofe in cui sono riprese le due direzioni: nella prima strofa Dio è adorato per se stesso. Le altre tre strofe contemplano Dio nelle sue opere stupende a salvezza dell’uomo: la seconda strofa è più improntata all’agire di Cristo; la terza è posta sotto il segno dello Spirito Santo; la quarta, infine, guarda al futuro che Dio ci prepara.

Analizziamo ora le singole strofe. Nella prima abbiamo detto che si contempla la grandezza e la bontà di Dio, ascoltiamola:

«Tu sei santo, Signore Iddio unico, che fai cose stupende. Tu sei forte. Tu sei grande. Tu sei l’Altissimo. Tu sei il Re onnipotente. Tu sei il Padre santo, Re del cielo e della terra. Tu sei trino e uno, Signore Iddio degli dèi. Tu sei il bene, tutto il bene, il sommo bene, Signore Iddio vivo e vero

La prima cosa che notiamo è che quella di Francesco è preghiera pienamente cristiana perché è trinitaria. Il nucleo centrale di questa strofa è l’invocazione «Tu sei il Padre Santo»: la santità di Dio che Francesco contempla è la santità di un padre benevolo e prodigo di doni verso i suoi figli: per tre volte sottolinea il termine «Bene». Il giusto modo per rapportarsi a tale padre è la preghiera di gratitudine che comporta anche una relazione riverente e responsabile verso i beni della terra.

Nella seconda strofa contempliamo l’amore di Dio come totalmente appagante:

«Tu sei amore, carità. Tu sei sapienza. Tu sei umiltà. Tu sei pazienza. Tu sei bellezza. Tu sei sicurezza. Tu sei la pace. Tu sei gaudio e letizia. Tu sei la nostra speranza. Tu sei giustizia. Tu sei temperanza. Tu sei ogni nostra ricchezza»

I numerosi «Tu» di questa strofa hanno tutti in comune il rivolgersi amoroso di Dio verso l’uomo. L’amore, infatti, occupa il primo posto ed è espresso con due termini: amore e carità. L’amore che Dio è, si riversa nella storia nell’opera della salvezza ed ha un nome e un volto preciso: Gesù Cristo. In questa strofa ogni invocazione ha un riferimento cristologico di sapore scritturistico: Gesù è “sapienza di Dio”, è “il più bello tra i figli dell’uomo” ecc. Il titolo che più colpisce, però, ha un sapore squisitamente francescano: «Tu sei umiltà». Francesco ha fatto dell’umiltà di Gesù una continua pratica di vita. In ciò Francesco è davvero guida sicura per chi si pone alla sequela dell’unico Maestro: le virtù di Cristo che nomina sono da lui pienamente vissute e indicate ai suoi fratelli come pratica di vita. Solo in questa maniera potremo trovare in Dio «ogni nostra ricchezza» e quella pienezza di vita di cui siamo “assetati”.

Nella terza strofa contempliamo Dio come forza e ristoro:

«Tu sei bellezza. Tu sei mitezza. Tu sei il protettore. Tu sei il custode e il difensore nostro. Tu sei fortezza. Tu sei rifugio

In questa strofa Francesco ci guida alla contemplazione dell’opera dello Spirito Santo. È da notare che per tutti i titoli di questa sezione è possibile reperire un parallelo nel Veni Creator e nella sequenza di pentecoste Veni Sante Spiritus. Nel Veni Creator lo Spirito è detto «acqua viva, fuoco, amore» e ancora «luce all’intelletto, fiamma ardente nel cuore». Le uniche creature che Francesco chiama “belle” nel “Cantico di frate Sole” sono il sole, la luna, le stelle e il fuoco: quelle che irradiano luce. Il fuoco e la luce, inoltre, sono tra le immagini preferite dalla liturgia di pentecoste per invocare lo Spirito: per questo Francesco pensando allo Spirito può affermare «tu sei bellezza».

Nella quarta strofa, infine, contempliamo Dio come il datore di un futuro illuminato dalla speranza:

«Tu sei la nostra speranza. Tu sei la nostra fede. Tu sei la nostra carità. Tu sei tutta la nostra dolcezza. Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore»

L’affermazione più importante di questa sezione è «Tu sei speranza»: il nostro sguardo è subito orientato al futuro. Davanti al crocifisso di S. Damiano Francesco aveva pregato per avere una «fede dritta, speranza certa e carità perfetta»; ora Dio stesso è riconosciuto da lui come fede speranza e carità: il suo rapporto d’amore con Dio si è andato approfondendo in un’esperienza di comunione. I doni che Dio è per noi, Fede, Speranza, Carità e Vita Eterna, non possono che suscitare in noi sentimenti e risposte; da qui l’affermazione di Francesco: «Tu sei tutta la nostra dolcezza». Nel Testamento, parlando della sua vocazione e di come il Signore lo portò tra i lebbrosi, Francesco ricorda come ciò che prima gli era amaro gli fu cambiato in dolcezza. A due anni dalla morte, sulla Verna, Francesco rivive questa paradossale esperienza di amarezza intrisa di dolcezza nel partecipare della passione di Cristo ricevendo le Stimmate a conferma e coronamento di una vita tutta volta alla contemplazione dell’Amore non amato.

È da notare, infine, l’ultimo titolo attribuito a Dio in questa preghiera: «misericordioso salvatore» che fa da contrappeso immediato al titolo di «grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente»: Francesco ha trovato in Dio se stesso, quiete, sicurezza e pace. Il suo cuore è pervaso in abbondanza da profonda delizia e speranza: coglie tutta la tremenda sublimità di Dio, ma anche la sua infinita misericordia cui spetta l’ultima parola.

Fr. Marco


[1] l’analisi delle Lodi è presa da: L. Lehmann, La Preghiera Francescana, EDB, pp. 88-95.

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