giovedì 29 settembre 2022

Primo giorno del Triduo: La preghiera al Crocifisso

«Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto.» (Dn 7,9-10.13-14)

«“Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”. Gli rispose Gesù: “Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!”Poi gli disse: “In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo”». (Gv 1,47-51)

Cominciamo oggi il triduo in preparazione alla festa di san Francesco d’Assisi (in modo da lasciare il 2 ottobre alla Parola di Dio domenicale lo spazio che le spetta). Il questi tre giorni proverò a presentare la spiritualità di san Francesco a partire da tre preghiere da lui composte in momenti particolari del suo percorso.

Prendendo spunto anche dalla Parola di Dio che oggi, festa dei santi Arcangeli, ci fa contemplare i Cieli aperti e la Gloria di Dio e del Figlio dell’Uomo circondato dalle schiere angeliche, in questo primo giorno partiremo dalla Preghiera davanti al Crocifisso[1]:

Altissimo, glorioso Dio,
illumina le tenebre de lo core mio.
E damme fede dritta,
speranza certa e caritade perfetta,
senno e cognoscemento, Signore,
che faccia lo tuo santo e verace comandamento.
Amen.
(FF 276)

Si tratta probabilmente del più antico fra quelli che vengono considerati gli «scritti» di Francesco e apre uno spiraglio diretto sulla sua interiorità negli anni cruciali della conversione (1205-1206; Francesco ha probabilmente 23 o 24 anni), quando i segni della chiamata divina si andavano moltiplicando, ma Francesco non era ancora uscito pienamente dall'ombra della notte e con grande sofferenza «insisteva nella preghiera, affinché il Signore gli indicasse la sua vocazione» (3Comp 10; FF 1406). Non è da escludere che fosse già formulata il giorno in cui Francesco, probabilmente nel gennaio 1206 «mentre passava vicino alla chiesa di San Damiano, gli fu detto in spirito di entrarvi a pregare. Andatoci, prese a fare orazione fervidamente davanti a un'immagine del Crocifisso...» (3Comp 13; FF 1411).

Pur se questa preghiera è composta in volgare, riaffiorano tra le righe le memorie del Salterio sul quale il figlio di Pietro Bernardone, secondo la prassi del tempo, da fanciullo aveva imparato a leggere nella Chiesa di S. Giorgio: l'invocazione «Dio, illumina le tenebre de lo core mio» ricalca il salmistico «Il mio  Dio rischiara le mie tenebre» (Sal 17/18, 29), e la formulazione «et damme [..] / senno e cognoscemento, / Signore, che faccia...» richiama alla mente «Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge e la osservi con tutto il cuore.» (Sal 118/119, 34).

Dalla preghiera emerge il profilo di un orante ripiegato sul proprio “io”, che non ha ancora scoperto la via liberante della pura lode, ma è in attesa vivissima di luce e insiste nella preghiera di domanda, benché si tratti di richieste altamente spirituali: le tre virtù teologali e il dono del “conoscere" orientato alla grazia del “fare”. Qui già intravediamo il Francesco insofferente di ogni “scienza” che non si trasformi in “vita” che più tardi detterà l’Ammonizione VII: «La pratica del bene deve accompagnare la scienza» (FF 156). Molto significativi sono anche gli aggettivi utilizzati: dall'Altissimo, glorioso dell'attacco, che riflette la gloria pasquale del Crocifisso di San Damiano, alla triade misuratissima di appellativi che accompagnano «fede retta, speranza certa e carità perfetta», che probabilmente è mutuata dal Trattato sui Filippesi di S. Ambrogio, fino al «lo tuo santo e verace comandamento», ultima eco orante del Salterio, che canta «Verità sono tutti i tuoi comandi» (Sal 118/119, 86).

A prima lettura, l'insistenza con la quale Francesco chiede «illuminazione», «senno e cognoscemento», sembra denunciare uno stato di oscurità interiore, che peraltro corrisponde assai bene al momento biografico che egli sta vivendo. Ma a un esame più attento emergono anche le grandi luci: la fede che l'Altissimo, glorioso Dio è il datore di ogni grazia; l'intuizione che solo fede, speranza e carità - virtù teologali, doni di Dio - possono davvero illuminare il cuore e cambiare la vita; la convinzione implicita che ogni conoscenza da sola è vana, senza l'osservanza del «santo e verace comandamento» del Signore. Sono i capisaldi di teologia spirituale dai quali Francesco non si allontanerà mai più.

Fr. Marco


[1] l’analisi della Preghiera è presa in gran parte da: Carlo Paolacci, in Francesco d’Assisi. Scritti, pp. 223-225

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