venerdì 25 giugno 2021

Dio non gode per la rovina dei viventi. Abbi fede!

«Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi.» (Sap 1,13-15; 2,23-24)

​«Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.» (2Cor 8,7.9.13-15)

«“Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”. Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: “Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?”. Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: “Non temere, soltanto abbi fede!”». (Mc 5,21-43)

La Parola di Dio di questa domenica, tredicesima del Tempo Ordinario, riprende l’invito a non lasciarci paralizzare dalla paura, ma a vincere la paura con la fede: Non temere, soltanto abbi fede!  Quando tutto è perduto, quando nessuno può più aiutarti, non lasciarti prendere dalla paura, ma abbi fede.

Già nella prima lettura, infatti, la Parola di oggi ci ricorda che Dio non è venuto per la morte o per la rovina, ma per la Vita di coloro che ha creato e amato fin dall’eternità. Il nostro Dio è il Signore che ha dato tutto se stesso per noi, che da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà (II lettura).

Ecco perché ci invita a credere, a fidarci, anche quando l’ultima speranza sembra perduta. Nel Vangelo leggiamo di una donna che nessuno può curare e di una bambina ormai morta. Di fronte a queste situazioni in cui l’uomo sperimenta la propria impotenza, Gesù esorta al coraggio della fede. La donna emorroissa è invitata a prendere posizione, a uscire dall’anonimato testimoniando la propria fede. Il padre della bambina, ormai morta, è esortato a continuare a credere.

La pagina evangelica di oggi, inoltre, ci mette in guardia da due cose che possono impedirci di credere: la paura e il “non prendere sul serio” il Signore. Entrambe hanno origine nel porre se stessi come misura del possibile.

Nel primo caso, la nostra fede è minacciata dalla paura del nostro limite e della nostra indegnità: pensiamo che se noi non possiamo fare niente, se noi non possiamo perdonarci, nessuno lo possa fare. La donna emorroissa sa di essere “impura” ed ha paura di presentarsi dinanzi a Gesù. Il Maestro la deve chiamare a farsi coraggio perché possa ricevere, oltre alla guarigione, anche la salvezza. I servitori di Giairo ritengono ormai inutile “disturbare il Maestro”.

Nel secondo caso, confidando eccessivamente sulla nostra ragione, siamo tentati di ritenere stoltezza ciò che non comprendiamo: i discepoli non capiscono come Gesù possa domandare, in mezzo ad una folla che lo stringe, «Chi mi ha toccato?»; i presenti nella casa di Giairo deridono Gesù che afferma: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme».

Come i protagonisti del Vangelo di oggi, anche noi siamo invitati ad avere Fede, a credere, e quindi a prendere sul serio Gesù; non lasciamo che la grande confidenza che ci accorda ci faccia dimenticare che Lui è il Signore e il Maestro. Siamo invitati a fidarci di Lui più che di noi. Se faremo così, se davvero crederemo al Suo amore onnipotente e provvidente, allora anche noi, liberi dalla paura e dalla morte, potremo aprirci alla Vita vera che si sperimenta nel donare con gioia e generosità (II lettura).

Fr. Marco

Nessun commento:

Posta un commento