venerdì 13 novembre 2020

Prendi parte alla gioia del tuo padrone


«Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare.» (Pr 31,10-13.19-20.30-31)

«Voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre.» (1Ts 5,1-6)

«Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni … Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, … "Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone". … Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse … “Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse …”» (Mt 25,14-30)

In questa XXXIII domenica, ultima del tempo ordinario (domenica prossima celebreremo la solennità di Cristo Re), la Parola ci presenta ancora le “cose ultime” ribadendo la necessità di non farci trovare impreparati. La pericope evangelica, infatti, è tratta ancora dal discorso escatologico. Gesù sta rispondendo alla domanda che i discepoli gli hanno posto (in Mt 24,3) riguardo al “quando” della venuta del Figlio dell’uomo. Anche in questa  parabola, come nella precedente (le vergini sagge e quelle stolte), il Maestro sottolinea che non ci è dato di sapere il “quando”, ma è fondamentale usare bene il tempo presente.

La parabola odierna, inoltre, ci invita all’intraprendenza mossa dall’amore: ciò che il Signore ci chiede è “l’obbedienza creativa” dei figli che, per amore del Padre, non si risparmiano e fanno ciò che sanno può fargli piacere senza bisogno che glielo si chieda. È questo il “timor di Dio” di cui si parla nella prima lettura: il desiderio di compiacere il nostro Padre e il timore di contristarlo. Cosa, in effetti, può dispiacere di più un padre che vedere i figli che sprecano la loro vita?

Siamo invitati a focalizzare l’attenzione, allora, sulla relazione di fiducia che il Padrone vuole instaurare con i servi della parabola: affida loro i suoi beni perché li amministrino creativamente, perché li facciano fruttare, per poi introdurli “nella Sua gioia”. Così il Padre si comporta con ciascuno di noi: ci consegna la vita, la nostra storia, il nostro tempo, le occasioni della vita … perché noi facciamo della nostra vita un capolavoro!

… secondo le capacità di ciascuno Un’altra cosa su cui vorrei fermare l’attenzione, è la differenza nei beni consegnati ai servi e di conseguenza la differenza nel rendimento consegnato al Padrone: ciò che conta non è la quantità del risultato, ma l’atteggiamento di fiduciosa intraprendenza che i servi hanno dimostrato, il fatto che i talenti siano stati trafficati. L’ultimo servo, quindi, viene rimproverato e punito non per la scarsezza del risultato, ma per l’immagine distorta e ingiusta che si è costruito del suo Padrone; per essersi fatto bloccare dalla paura. Mentre i suoi compagni, vistisi trattare come figli, si comportano da tali e si prendono cura di ciò che il Padrone ha affidato loro, il "servo pigro" si trincera dietro una “rigida” giustizia (“ecco ciò che è tuo”), che poco ha a che fare con l’amore, e si comporta ingiustamente nei confronti del suo Padrone attribuendogli un’immagine distorta. La sua eccessiva e “vigliacca” paura lo paralizza e fa sì che i beni affidatigli non fruttifichino: la sua vita è stata sprecata. Il Padrone, quindi, non fa che prenderne atto e dare seguito a ciò che lui ha già determinato: lo tratta a partire dall’immagine che il servo si era costruito di lui e rende palese lo spreco della sua vita.

Nella seconda lettura S. Paolo ci ammonisce: noi non siamo nelle tenebre, ma sappiamo Chi è il Nostro Signore e ciò che chiede a ciascuno di noi. Non lasciamoci, dunque sorprendere, ma facciamo tesoro del tempo presente e, mettendo al bando la paura, agiamo con una intraprendenza fiduciosa nell’amore del Padre. Ricordiamo: chi vuol salvare la vita, la perde!

Fr. Marco.

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