«Quando Mosè alzava le
mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk»
(Es 17, 8-13)
«Figlio mio, tu rimani
saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente.» (2Tm 3,14 – 4,2)
«… Dio non farà forse
giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà
forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il
Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». (Lc 18,
1-8)
In questa XXIX domenica del tempo ordinario, il vangelo, già
dal primo versetto, ci presenta quale insegnamento Gesù vuole darci: la
necessità di pregare sempre senza stancarci. Solo con la preghiera, infatti,
possiamo trovare la vittoria contro il nostro “avversario”, il “nemico” dei
figli di Dio: Satana (che in ebraico indica proprio il nemico, l’avversario), il
diavolo (colui che divide) che vuole
allontanarci dalla Vita vera. Solo nella preghiera, ancora, possiamo ottenere
ciò di cui abbiamo bisogno.
«il Figlio dell’uomo,
quando verrà, troverà la fede sulla terra?». In questo mio breve commento
voglio partire proprio da questa domanda con cui si conclude la pagina
evangelica. Per pregare sempre senza
stancarsi, infatti, è necessario mantenere desta la fede. Per contro,
stancarsi di pregare significa non avere più fede/fiducia, convincersi che la
nostra preghiera è inutile, che Dio non ci ascolta e che “dobbiamo salvarci da
soli”.
La preghiera autentica si alimenta di fiducia, è l’espressione
di un cuore di figlio che si fida del Padre e confida in Lui dal quale si sa
amato. Così S. Giovanni Crisostomo parla della preghiera: «La preghiera, o
dialogo con Dio, è un bene sommo. È, infatti, una comunione intima con Dio.
Come gli occhi del corpo vedendo la luce ne sono rischiarati, così anche
l’anima che è tesa verso Dio viene illuminata dalla luce ineffabile della
preghiera. Deve essere, però, una preghiera non fatta per abitudine, ma che
proceda dal cuore. Non deve essere circoscritta a determinati tempi od ore, ma
fiorire continuamente, notte e giorno.»
La preghiera, allora, è un dialogo con Dio, ma non è “questione
di parole”. «Quando pregate, non sprecate
parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di
parole». Così ci ammonisce Gesù nel vangelo di Matteo. La preghiera non è
una “formula magica” con la quale convinciamo Dio a darci ciò che vogliamo. Chi
prega in questa maniera dimostra di non avere fede in Dio: non sa (o almeno non
ci crede veramente) che Dio è il Padre che conosce e vuole darci ciò che è
buono per noi.
L’evangelista Luca è quello che più degli altri tratta della
preghiera e specialmente della preghiera di Gesù. Il Maestro è spesso presentato
in preghiera, ma non certo per chiedere “cose”. La preghiera di Gesù è mettersi
alla presenza del Padre, sperimentare la comunione con Lui per potere sempre meglio
compiere la Sua volontà. Questo il Maestro ci ha insegnato consegnandoci il
modello di ogni preghiera, il Padre Nostro, nel quale ci insegna a chiedere “Sia
fatta la Tua volontà”. Questo è il modo in cui gli evangelisti ci presentano Gesù
in preghiera al Getsemani, nel momento della sofferenza: «Passi da me questo calice, ma sia fatta la Tua e non la mia volontà».
Essendo dialogo, la preghiera ci mette in comunione con Dio,
ci illumina, ci fa comprendere ciò che Dio vuole da noi. Ecco l’esigenza del pregare
sempre: la preghiera non serve a convincere Dio a darci ciò che vogliamo, ma a
rimanere in comunione d’amore con Lui, a comprendere quale progetto d’amore Dio
ha per noi e ad avere la forza per realizzarlo anche quando passa per la
“croce”. Le formule che i santi e la Chiesa ci hanno consegnato, i luoghi e i
tempi particolarmente consacrati al dialogo con Dio, sono tutte cose buone
nella misura in cui non spengono, ma ravvivano e “incanalano”, la spontaneità
del cuore che si affida al Padre e confida in Lui.
L’esortazione a pregare sempre senza stancarsi, ha
influenzato molto la spiritualità cristiana ed ha prodotto, nella spiritualità ortodossa,
la “preghiera del cuore”, o “preghiera di Gesù” di cui si tratta anche nella Filocalia e che è stata largamente diffusa
dei Racconti di un Pellegrino Russo. Si
tratta della ripetizione, collegata al respiro ed ai battiti del cuore, della
preghiera pronunciata nel vangelo dal cieco di Gerico (che l’evangelista Luca
riporta più avanti nello stesso capitolo 18): «Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Una preghiera quindi, volta
a mettersi dinanzi a Gesù, il nostro Signore, nell’atteggiamento di chi non chiede
qualcosa di particolare, ma tutto si aspetta da Dio di cui riconosce la maestà.
Penso possa essere annoverata in questo genere di preghiera anche quella fatta
da Francesco durante le lunghe notti di veglia: «Chi se’ tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e
disutile servo tuo?» (FF 1915).
Accogliamo l’insegnamento del Vangelo e, con Fiducia,
viviamo la comunione con Dio per potere compiere la Sua Volontà.
Fr. Marco.
Nessun commento:
Posta un commento