«Il Signore si
pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.» (Es.
32,7-11.13-14)
«Questa parola è
degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per
salvare i peccatori, il primo dei quali sono io.» (1Tm 1,12-17)
«“Rallegratevi con me
… questo tuo fratello era morto
ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”» (Lc 15,1-32)
In questa XXIV domenica del Tempo Ordinario, la Parola di
Dio ci presenta il Dio “vivo” capace di accendersi d’ira, di pentirsi, di
rallegrarsi … ci presenta un Dio che viene a salvare i peccatori. Il “Dio di
Gesù Cristo”, quindi, il Padre che Gesù è venuto a rivelarci in pienezza, è ben
lontano dal Dio “beata immobilità e immutabilità” immaginato dai filosofi. La
piena rivelazione del Padre, però, si allontana pure dall’idea di un Dio
collerico e vendicativo pronto a pesare le nostre azioni e ad elargire
punizioni; un’immagine cara ai “farisei” di tutti i tempi.
Il Vangelo di questa domenica, infatti, ci presenta “il
trittico” della “parabola della misericordia” costituita da tre scene caratterizzate
dal sentimento di angoscia per ciò che si è perduto e dalla gioia al momento
del ritrovamento/ritorno. L’evangelista Luca precisa che Gesù racconta questa
parabola per rispondere a scribi e farisei che mormorano a proposito del suo accogliere i peccatori e mangiare con loro.
La rivelazione di Dio che ne risulta sconvolge l’immagine deformata del Dio
vendicativo, mostrando un Dio Padre che soffre per la perdita dei suoi figli e
gioisce per il loro ritorno. Un Padre che non vuole privarci della Libertà e
che, pur indicandoci senza sosta la via della Vita, si fa da parte soffrendo in
silenzio quando scegliamo vie che ci allontanano dalla Vita.
È proprio questa la verità sconvolgente della Parola di questa domenica: Dio
nostro Padre soffre in attesa del ritorno dei suoi figli che si sono perduti,
che si stanno rovinando la vita, che hanno dimenticato la loro dignità di
figli.
«Così vi sarà gioia
nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti
i quali non hanno bisogno di conversione.» La gioia è grande perché grande
è l’attesa: «la penitenza dell’uomo è il coronamento di una speranza
di Dio. L’attesa di questa penitenza ha fatto scattare la speranza nel cuore di
Dio … Perché tutti gli altri Dio li ama in amore. Ma quella pecora Gesù l’ha
amata anche in speranza.» (C. Péguy, Il mistero del portico della seconda
virtù).
Chi sono, però, e qual è la sorte dei novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione? Mi viene immediatamente
da pensare, dato che Gesù si rivolge ai farisei, che questo non aver bisogno di
conversione sia soggettivo e non reale: loro pensano, ingannandosi,
di essere giusti e questo impedisce loro di giungere a quella vera Vita che
solo Gesù può dare. A quanti sono veramente giusti, tuttavia, è riservata una
parte speciale: «rallegratevi con me
… quello che è mio è tuo». I giusti
sono invitati a prendere parte all’attesa del Padre ed alla Sua gioia. Non
possono rimanere indifferenti ad un fratello che si perde e sono invitati a
gioire per ogni peccatore che si converte.
Accogliamo, allora, la rivelazione dell’Amore misericordioso
del Padre. Purifichiamo la nostra idea di Dio e impegniamoci a seguire la via
della Vita perché il Padre possa rallegrarsi e gioire della nostra felicità.
Fr. Marco.
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