venerdì 10 maggio 2019

Io do loro la vita eterna

«Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. ...» (At 13,14.43-52)

«… Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi» (Ap 7, 9.14b-17).

«Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna … » (Gv 10, 27-30).

La Parola di Dio della quarta domenica di pasqua ci presenta il Signore come il Pastore che conosce e ama le sua pecore e dà loro la vita eterna. Nei versetti precedenti (Gv 10 12-13) Gesù fa una chiara distinzione tra se stesso, il Pastore che è disposto a dare la vita per le sue pecore, e i mercenari che vogliono solo trarre un profitto per loro stessi e scappano appena vedono arrivare il lupo.
«Io le conosco».  È un’affermazione che trovo consolante: il Signore della vita ci conosce, singolarmente, uno per uno, e ci ama. Ci garantisce la vita eterna, la nostra vita non sarà perduta. Tutto ciò, però, a condizione di essere Sue pecore, cioè di riconoscere la Sua voce e seguire il nostro Pastore.
«Io do loro la vita eterna» Credo sia il caso di soffermarci brevemente a riflettere sulla vita eterna che il Signore quest’oggi ci promette usando il tempo presente. La vita eterna non è quella “futura”, che segue questa vita terrena; non è un’utopia che ci fa “stringere i denti” nelle tribolazioni del mondo in vista di una felicità futura di cui non abbiamo altra certezza che la Fede. Una vita eterna che fosse solo questo, può a ragione essere definita “oppio dei popoli”. La vita eterna comincia qui, comincia con il nostro battesimo, nel momento in cui veniamo innestati in Cristo, nella sua morte e resurrezione. Qui, in questa vita terrena cominciamo a sperimentare la Vita eterna come una vita piena di senso. Una vita che “non è perduta”, cioè che non è sprecata. Per sperimentare questa vita, però, siamo chiamati a seguire il nostro Pastore nella sua vita di donazione d’amore. Perché la nostra vita non sia perduta, sprecata, siamo chiamati a spenderla bene! A donarla per amore; allora sperimenteremo quella pienezza di senso che nessun altro potrà darci, sperimenteremo che stiamo vivendo veramente.
Nella vita non è importante il numero di attimi o anni che si susseguono, ma l’intensità con la quale questi attimi sono vissuti. Seguendo il nostro Maestro e Pastore, anche noi passeremo per le tribolazioni, ma esse non saranno subite passivamente, stringendo i denti, ma accolte e valorizzate come donazione d’amore. È in questo stesso discorso che Gesù chiarisce: «nessuno mi toglie la vita, ma la offro da me stesso» (cfr. Gv 10,18).
Certamente, in tutto ciò non può mancare il volgere lo sguardo “in alto”, alle cose di lassù dove Cristo è assiso alla destra del Padre: è necessario sapere che la nostra vita è destinata ad un’ulteriorità che ci permette di dare il giusto valore alle tribolazioni presenti.
Oggi la Chiesa intera prega per le vocazioni di speciale consacrazione. Permettetemi di concludere con l’appello ad ascoltare la voce del Buon Pastore: ascoltiamo la Sua voce, accogliamo il suo progetto d’amore per ciascuno di noi, e la nostra vita non andrà perduta, ma andrà di pienezza in pienezza per l’eternità.
Fr. Marco

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