«Non appena furono
arrivati, riunirono la comunità e riferirono tutto quello che Dio aveva
compiuto per mezzo loro e come aveva aperto ai pagani la porta della fede. »
(At 14,27)
«E Colui che sedeva
sul trono disse: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” » (Ap 21,5)
«Vi do un comandamento nuovo: che vi
amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni
gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore
gli uni per gli altri”. » (Gv 13, 31-33.34-35)
La chiave interpretativa della Parola di Dio di questa
quinta domenica di pasqua, è “la novità”. Il Signore fa cose nuove, ci dà un comandamento
nuovo, ci rende nuovi.
L’aggettivo “nuovo” si oppone a “vecchio”, “obsoleto”,
aggettivi che identificano qualcosa che ormai non è più efficace. Nuovo è,
allora, qualcosa di efficace, migliore. Ancora, l’aggettivo “nuovo” ci apre
alla speranza, accende le nostre attese: da qui la gioia che accompagna
l’inizio di un nuovo anno.
Ecco, io faccio nuove
tutte le cose Quest’oggi il Signore ci dice che fa cose nuove, inedite,
efficaci. Non a caso il comandamento nuovo ci viene consegnato nell’ultima
Cena, dopo che Gesù “avendo amato i suoi
che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (cf. Gv 13, 1); dopo che Giuda
è uscito nella notte per compiere gli ultimi atti che porteranno Gesù alla
donazione totale di sé sulla croce.
I discepoli conoscevano sicuramente il comandamento dell’amore espresso
nell’Antico Testamento: «amerai il tuo
prossimo come te stesso» (Lev. 19,18). Un comandamento già arduo che dava
come parametro dell’amore al prossimo l’amore per se stessi. Sono chiamato a
fare al prossimo ciò che vorrei fosse fatto a me: come vorrei essere soccorso
nel bisogno, così devo soccorrere il fratello; come vorrei essere accolto, così
devo accogliere il fratello; come voglio essere perdonato quando sbaglio, così
devo perdonare il fratello … Il comandamento di Gesù, però, è “nuovo” perché
supera l’antico: parametro di confronto non è più l’amore per se stessi, ma
l’amore che Gesù ci ha mostrato in tutta la sua vita di donazione che si
conclude con l’estrema donazione sulla Croce. L’amore per se stessi non è più
il limite all’amore per il fratello: Gesù ci ha donato un amore capace di
espropriarsi, di dimenticarsi di se, di donarsi totalmente e gratuitamente.
La novità del comandamento, però, non è solo nella
formulazione, ma anche nella capacità nuova che Gesù ci dà. L’uomo vecchio, non
vivificato dallo Spirito, non innestato nella morte e resurrezione di Cristo,
non è capace di amare come Gesù, espropriandosi, facendosi pane spezzato.
L’uomo nuovo, invece, morto e risorto con Cristo e in cui è effuso lo Spirito
di Dio, costui trova in sé una forza sconosciuta che gli permette di amare come
Gesù ci ama. In noi questa forza è presente, ma spesso è sopita, come un seme
gettato nella terra che aspetta le condizioni essenziali al suo sviluppo.
Come fare a essere uomini e donne “nuovi” capaci di vivere
il comandamento nuovo? Credo che in questo ci possa venire in aiuto il Serafico
Padre Francesco che vuole vivere il Vangelo “sine glossa”. Francesco, infatti, si pone dinanzi il Vangelo in
atteggiamento di estrema obbedienza: compie immediatamente ciò che comprende e,
facendo, comprende sempre meglio. La stessa cosa vale per il comandamento
dell’amore, per la vita nuova presente in noi: nutrendoci dei sacramenti, segni
efficaci dell’amore di Dio per noi, amiamo come meglio possiamo, amiamo nella
misura in cui siamo capaci; ciò ci trasformerà, ci farà sempre più nuovi.
Dicendolo con S. Agostino: «È questo amore che ci rinnova, rendendoci uomini
nuovi, eredi del Testamento nuovo, cantori del cantico nuovo». Solo così saremo
riconoscibili come discepoli del Signore e il nostro annuncio sarà credibile.
Fr. Marco
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