«Pregai e mi fu
elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza. La
preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto»
(Sap 7,7-11)
«Non vi è creatura che
possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui
al quale noi dobbiamo rendere conto.» (Eb 4,12-13)
«Mentre Gesù andava
per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a
lui, gli domandò: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la
vita eterna?” … “Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai
poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!”. Ma a queste parole egli
si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.»
(Mc 10,17-30)
Avvicinandoci alla conclusione dell’anno liturgico, la
parola di Dio della XXVIII Domenica del Tempo ordinario, comincia a indirizzare
i nostri cuori verso le cose eterne che sole possono saziare la nostra “fame di
vita”.
Protagonista della pericope evangelica di questa domenica,
infatti, è un “Tale” che, pur possedendo molti beni, non è un uomo felice,
realizzato. Dal racconto evangelico, infatti, veniamo a sapere che questo tale
ha apparentemente tutto ciò che si potrebbe desiderare: abbondanza di beni
materiali ed una vita “ricca di virtù” («queste
cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza»). Eppure sente che gli manca
qualcosa: cerca la “Vita eterna”, quella Vita Piena che non avrà mai fine e che
sa di dovere attendere come un dono (parla di “ereditare”).
Penso se non sia un caso se l’evangelista non dà un nome a
questo “tale”: incarna le attese di ogni uomo la cui speranza ha bisogno di
orizzonti ampi e non può ridursi al solo orizzonte materiale.
Quelle stesse attese che ispirarono l’autore sapienziale a implorare il dono
della Sapienza (I lettura): una guida sicura nella vita che ci dia le giuste
coordinate per Vivere veramente.
Al popolo di Israele questa sapienza viene donata sotto
forma della Legge: le Dieci Parole destinate a guidare il comportamento del
popolo eletto e a custodire l’Alleanza con Dio. È a questa sapienza che Gesù
inizialmente rimanda il suo interlocutore. Il “Tale”, però, non è soddisfatto:
sa di avere dinanzi il “Maestro Buono” capace di indicargli la via migliore.
«Gesù fissò lo sguardo
su di lui, lo amò e gli disse …» È
a questo punto che Gesù lo invita alla sequela nell’Amore, a “perdere” la vita
abbandonando ogni sicurezza precedente, per vivere la Vita lasciandosi guidare
dalla Luce della Fede, dalla fiducia nel Maestro Buono. La sapienza antica,
infatti, pur non essendo mai stata abrogata, è adesso superata dalla “Sapienza
personificata”: è Gesù adesso che noi siamo chiamati a seguire per giungere
alla Pienezza della vita.
Ma a queste parole
egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti
beni. È il triste esito di quest’incontro: il Tale “possedeva molti beni”,
o meglio era posseduto da molti beni, quindi, pur con la morte nel cuore, torna
alla misera vita di prima.
Oggi noi siamo invitati
a non fare la stessa scelta. Anche noi, infatti, che ne siamo consapevoli o
meno, come il tale del Vangelo, abbiamo bisogno di sperare e di allargare i
nostri orizzonti di speranza: anche noi aneliamo alla Vita Eterna. Troppo
spesso soffochiamo il bisogno di Vita accumulando beni che, in fin dei conti,
non sono capaci di soddisfare le nostre attese (tanto che non ci bastano mai). Anche
a noi il Maestro chiede di abbandonare le nostre fallaci sicurezze per abbandonarci
al Suo Amore e metterci alla Sua sequela, divenendo Suoi discepoli e
lasciandoci guidare la Lui. Se sceglieremo di rispondere alla Sua chiamata,
sperimenteremo anche noi quel centuplo che il Maestro promette, insieme
all’incomprensione da parte del mondo, a coloro che lo seguono.
Fr. Marco
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