«Non spetta a voi
conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma
riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete
testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini
della terra» (At 1,1-11)
«Fratelli, io,
prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna
della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità,
sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello
spirito per mezzo del vincolo della pace.» (Ef 4,1-13)
«Il Signore Gesù, dopo
aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora
essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con
loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.» (Mc
16,15-20)
La liturgia della Parola della solennità dell’Ascensione del
Signore, nella seconda lettura, ci invita a guardare alla nostra vocazione e a
comportarci in maniera degna di essa. È importante chiarire che l’Apostolo si
riferisce alla vocazione fondamentale che tutti ci accomuna e alla quale
giungiamo attraverso le varie chiamate particolari (Cfr. Ef 4,11): la piena
realizzazione della nostra vita, quella che chiamiamo santità, che comincia qui
e prosegue per l’eternità in Cielo!
Celebrando l’ascensione di Gesù al Cielo, infatti,
contempliamo il Signore che porta con sé nel seno del Padre la nostra umanità,
quella umanità che aveva assunto con la Sua incarnazione e che ha glorificato
con la Sua passione, morte e resurrezione. Gesù è andato a prepararci un posto
(Cfr. Gv 14,2) perché, là dove Lui ci ha preceduto, possiamo un giorno
raggiungerlo godendo della beatitudine eterna in attesa del Suo ritorno
Glorioso alla fine dei tempi. Ecco la nostra vocazione. Oggi siamo invitati a
guardare ad essa, ad alzare il nostro sguardo al Cielo ravvivando il nostro
desiderio di esso.
« Signore, è questo il
tempo …? » Nella Chiesa delle origini, che attendeva come imminente la fine
dei tempi, questo desiderio del Cielo era ben presente, tanto che Gesù deve
specificare: «Non spetta a voi
conoscere tempi o momenti …» Ciò che è importante, infatti, non è
conoscere “il momento” (andare dietro a “profezie”, “messaggi” e “segni”
straordinari), ma vivere in maniera degna della nostra vocazione, cioè in attesa
e in vista del Regno dei Cieli.
È ancora la lettura tratta dalla lettera agli Efesini che ci
dà delle indicazioni su come prepararci a quel momento: « … con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità,
sopportandovi a vicenda nell’amore». Umiltà, dolcezza e magnanimità
sono frutti dello Spirito che siamo invitati ad accogliere in noi perché i
fratelli possano gioirne. L’Apostolo ci invita, inoltre,
alla sopportazione vicendevole, quello che altrove esprime con «portate i pesi gli uni degli altri» (Gal
6,2). Una sopportazione animata dall’amore disposto a portare il peso
dell’altro, ma anche il peso che è l’altro. Vivere così ci porterà a
custodire “l’unità dello spirito”, cioè quell’amore vicendevole che è il
comandamento del Signore (Cfr. Gv 15).
Non è facile, ma il Signore conosce la nostra debolezza, sa
che senza di Lui non possiamo far nulla (Cfr. Gv 15), per questo manda su noi
la potenza dello Spirito Santo, che ci raggiunge principalmente attraverso i
Sacramenti (in particolare battesimo, cresima ed eucarestia: i sacramenti
dell’iniziazione cristiana). A noi la responsabilità di non contristare lo
Spirito (Cfr. Ef 4,30), ma di accoglierlo e farlo fruttificare lasciandoci
guidare da Lui. Solo così la nostra predicazione sarà credibile, solo così
potremo essere testimoni del Signore e affrontare la “buona battaglia” della
vita con le sue le difficoltà, da cui nessuno è esonerato, senza cedere allo
sconforto. Solo così vivremo in maniera degna della nostra vocazione e un
giorno saremo accolti da Gesù nella dimora che da sempre ha preparato per
noi.
Fr. Marco
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