
«Cristo è potenza di
Dio e sapienza di Dio.» (1Cor 1,22-25)
«Distruggete questo
tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2,13-25)
Il Vangelo della terza domenica di quaresima ci presenta la
purificazione del Tempio e con essa il tema della vera sapienza e della vera
potenza.
L’antico Popolo dell’Alleanza conosceva la potenza di Dio perché
aveva assistito ai prodigi compiuti dal Signore per farlo uscire
dall’Egitto: le piaghe d’Egitto e il passaggio al Mar Rosso; era stato nutrito
e dissetato miracolosamente nel deserto; era stato testimone della Teofania al
Sinai, quando il Signore si era manifestato con tuoni e fuoco dal cielo. Il Dio
conosciuto da Israele è il “Signore degli eserciti”, un Dio vincitore e
operatore di prodigi.
Con il passare del tempo, tuttavia, Israele ha dimenticato
il suo legame con il “Dio operatore di prodigi” per guardare
esclusivamente ai “prodigi operati da Dio”: il popolo chiede miracoli
dimenticandosi la comunione con Dio.
Israele conosce anche “la sapienza di Dio”: ha ricevuto da
Dio le “dieci Parole”, i dieci comandamenti, che manifestano e custodiscono
l’Alleanza, il rapporto di reciproca appartenenza, fondata sulla fedeltà di
Dio. Israele è quindi chiamato ad essere una luce per le genti pagane: il
popolo che ha accesso alla Sapienza di Dio.
Purtroppo, però, dimenticando il rapporto d’alleanza che la
Legge mediava, il Popolo eletto ha finito per concentrarsi sulla “lettera della
Legge” pretendendo di ottenere “crediti” nei confronti di Dio con un’osservanza
scrupolosa, ma formale.
Gesù si scaglia quest’oggi contro questa perversione del
culto. Israele ha “addomesticato” il suo Signore intraprendendo con Lui una
sorta di mercato: osservanza formale scrupolosa in cambio di prodigi; «Io ti
servo, tu mi ricompensi».
L’amore e la comunione con Dio non trova più posto in questa
logica mercantile.
È a causa di questo rapporto ormai traviato che il popolo
eletto, almeno gran parte di esso, resta scandalizzato da Gesù: cerca i
miracoli per se stessi, vuole segni: «quale
segno ci mostri per fare queste cose?».
Nel vangelo di oggi, Gesù appare quasi irriconoscibile: il
più mite degli uomini si scaglia, con una “violenza profetica”, che ricorda
quella del profeta Elia, contro questa mentalità mercantile in cui il culto (i
sacrifici) e le offerte sono intese come un “accumulare crediti” dinanzi a Dio;
non si cerca Dio, ma il proprio interesse (la carne e la lana che venivano
divisi tra i sacerdoti); non c’è più posto per la preghiera, il dialogo d’amore
cercato da Dio.
Alla richiesta di un segno, Gesù anticipa quale sarà il
segno definitivo in cui si manifesteranno “la potenza e la sapienza di Dio”: «distruggete
questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere … egli parlava del tempio del
suo corpo». È nel mistero pasquale, mistero di morte e resurrezione che Cristo
manifesta la potenza e la sapienza di Dio.
Il popolo di Dio vuole un segno e quale segno è più
eloquente dell’amore che Dio ha per noi? quale più che la donazione compiuta da
Cristo? Il Figlio di Dio dona tutto se stesso, la sua vita, fino a morire in
croce, per la salvezza dell’umanità. Il vero segno della potenza di Dio, non è
quindi l’aprirsi delle acque del Mar Rosso, ma l’aprirsi, attraverso il costato
trafitto di Cristo, dell’amore di Dio per noi. La potenza dell’Amore che,
nell’apparente debolezza, risulta vincitore.
Nella croce di Cristo si manifesta pienamente anche la
sapienza di Dio, la Nuova Legge, che è lo spirito di quella antica e mai
abrogata: accogliere l’Amore del Padre non confidando più sulle proprie forze,
quasi che esse ci ottenessero meriti (dandoci l’illusione di salvarci con le
nostre opere), e corrispondere con la nostra vita di figli a questo Amore.
La vera sapienza che Cristo manifesta è l’abbandono
fiducioso all’amore del Padre. Permettere a Dio di manifestarci il suo amore,
accoglierlo come il nostro salvatore. Solo così, ripieni dell’amore di Dio,
riconoscendo di essergli debitori di tutto, potremo vivere da figli compiendo
le opere del Padre.
Quando parteciperemo alla liturgia eucaristica, noi
diventeremo contemporanei alla donazione d’amore di Cristo sulla croce. Di più:
accostandoci all’Eucaristia, noi faremo comunione con la Sua morte e
resurrezione. Accogliamo in noi questa potenza e conformiamo la nostra vita a
ciò che celebriamo, traducendo in gesti concreti e quotidiani di amore gratuito
la nostra partecipazione alla passione di Cristo.
Accogliamo, quindi, la sapienza e la potenza di Dio che il
mondo non può riconoscere perché rientrano in una logica che gli è estranea.
Facciamo nostra questa logica evangelica, sperimentiamo anche noi la sapienza
di lasciarci amare gratuitamente da Dio; sperimentiamo, infine, la “potenza
inerme” di un amore che si dona senza misura, che fa sempre il primo passo, che
perdona sempre il fratello che ha sbagliato e che non smette di manifestargli
amore. Non preoccupiamoci se il mondo si scandalizzerà di noi e ci riterrà
stolti, stupidi: è questa “stoltezza” che è vera sapienza agli occhi di Dio.
Fr. Marco
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