«Ho presentato il mio
dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non
ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.» (Is 50,4-7)
In questa domenica in cui contempliamo la Passione di nostro
Signore Gesù Cristo secondo Marco, la prima lettura, tratta dal terzo canto del
servo del Signore nel libro del profeta Isaia, mi dà una chiave di lettura per
accostarmi al lungo racconto evangelico.
Nel racconto della Passione vediamo, infatti, il modo in cui
Gesù abbraccia il mistero della Croce. Un mistero salvifico in cui anche noi
siamo invitati ad entrare. A volte noi chiamiamo “croce” una malattia, una
disgrazia, … qualcosa che, non avendo un responsabile immediatamente
identificabile, ci sembra venire direttamente da Dio. Ciò nonostante, non di
rado facciamo fatica ad accettarla; tuttavia, convincendoci che è la volontà di
Dio, se proprio non arriviamo ad abbracciarla, almeno ci rassegniamo alla
“croce”.
Più difficile, però, è abbracciare una croce che la cattiveria
dell’umanità ti carica addosso e leggere in essa la volontà di Dio. È questo
ciò che fa Gesù e che oggi la Parola di Dio presenta alla nostra contemplazione
perché noi possiamo seguire il Maestro.
Il racconto dell’evangelista Marco, infatti, evidenzia come
attorno a Gesù si va raccogliendo il peggio dell’umanità. A cominciare dall’
unzione di Betania in cui si manifesta l’avarizia ipocritamente mascherata da
interesse per i poveri: «Perché questo
spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai
poveri!».
Segue il tradimento interessato di Giuda, uno dei dodici, che mette la mano nel piatto con Gesù; forse Giuda voleva piegare
Gesù alla sua visione messianica (così alcuni romanzieri hanno letto il suo
gesto), ma certamente non disdegna di
guadagnarci: «promisero di dargli del
denaro».
Che dire dell’indifferenza mostrata dai discepoli, e
soprattutto dai tre testimoni privilegiati, Pietro Giacomo e Giovanni, per
l’angoscia del loro maestro? «Simone,
dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora?»
«Come se fossi un
brigante siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo
a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le
Scritture!» Quanta amarezza sento in queste parole di Colui che passava
beneficando tutti e che ora si vede trattato come un brigante.
Anche Pietro, che fine a poco prima aveva professato la sua
assoluta fedeltà, dinanzi i servitori del sommo sacerdote cede alla paura e
rinnega il maestro per salvarsi la vita: «cominciò
a imprecare e a giurare: “Non conosco quest’uomo di cui parlate”». È sempre
così: se non rinneghiamo noi stessi per seguire il Maestro, finiamo per
rinnegare Gesù.
Attorno a Gesù si raccoglie la menzogna dei falsi testimoni,
la malizia e l’invidia da parte dei capi del popolo, il vigliacco calcolo
politico di Pilato che lo consegna perché sia crocifisso pur riconoscendolo
innocente («Che male ha fatto?»).
Ancora, a Gesù non è risparmiato il dileggio di quanti fino
a poco prima lo avevano accolto festanti: «Ehi,
tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso
scendendo dalla croce! … Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il
Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!»
Veramente Gesù si è caricato delle nostre miserie e le ha
inchiodate alla Croce perché potessimo liberamente seguirlo. Ma quanto spesso
la passione di Gesù continua nelle sue membra sofferenti, in quei piccoli di
cui Gesù ha detto «Tutto quello che avete
fatto a loro, l’avete fatto a me» (Cfr. Mt 25,40).
Fatto salvo il dovere di opporsi all’ingiustizia soprattutto
quando colpisce i nostri fratelli, oggi il Maestro, mentre ci mostra quanto ci
ama, ci insegna anche come si abbraccia la croce: rimanendo fedeli alla Verità,
non rispondendo male a male, perdonando i propri nemici, pregando per i propri
persecutori (cfr. Mt 5,38-48).
Qualcuno sicuramente penserà: «Io non sono Gesù! Questo modo
di fare non è umano». Voglio ricordare a quanti la pensassero così che nel
battesimo siamo stati conformati a Cristo e siamo chiamati a rendere
visibile questa conformità: chi vede un cristiano dovrebbe riconoscervi i
tratti del Figlio di Dio.
È vero, il cammino della sequela è difficile, ma Gesù non
l’ha mai nascosto: «Se qualcuno vuol
venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi
segua» (Lc 9, 23). Spesso facciamo esperienza della nostra debolezza e
cadiamo. Ma il Signore è sempre pronto a rialzarci perché possiamo riprendere
il cammino e giungere con lui, attraverso la Croce, alla Pasqua eterna. Auguri.
Fr. Marco
Nessun commento:
Posta un commento